VITA - Tra provetta e freezer, la vita precaria dell'embrione di Lorenzo
Schoepflin, 5 aprile 2012, http://www.avvenire.it
La conservazione degli
embrioni sotto azoto liquido (a -196
gradi) è talmente diffusa a livello mondiale da risultare persino ardua da censire.
Una difficoltà che comunque nulla toglie al fatto che si stia parlando di una
pratica abusata e fuori controllo.
Negli Stati Uniti le statistiche
del Cdc (Centers for Desease Control and Prevention) relative alle 430 cliniche
attive sul territorio statunitense parlano di un aumento del ricorso alla
maternità in provetta con utilizzo di embrioni crioconservati: 21mila embrioni
scongelati e trasferiti in utero nel 2007, 22.900 nel 2008, 23.800 nel 2009.
Dietro queste quantità, di per sé
già elevatissime se si considera che ogni operazione di scongelamento comporta
la perdita di un gran numero di altri embrioni, affiorano cifre da capogiro.
Stime attendibili affermano che negli Stati Uniti, a oggi, esistano oltre
600mila embrioni crioconservati, secondo quanto riportato dalle organizzazioni
che si occupano dei progetti di adozione di tali embrioni. Un numero
esorbitante che trova conferme sulla base di altri dati. Nel 2002 la Sart
(Society for Assisted Reproductive Technology) condusse una ricerca interpellando
le cliniche statunitensi in merito al numero di embrioni conservati sotto
ghiaccio. I risultati sconvolsero anche i più ottimisti: dalle risposte delle
cliniche che accettarono di partecipare, e conducendo una stima sulle restanti
90, si calcolò che gli embrioni congelati erano già 400mila, a fronte di
proiezioni iniziali attestate tra i 30mila e i 200mila. A distanza di dieci
anni, quindi, 600mila appare un numero non sorprendente.
Il Washington Post nel luglio
2010 portava alla luce un fenomeno sempre più diffuso negli Stati Uniti:
«Utilizzare la fertilità rimandando paternità e maternità». Coppie giovani,
cioè, che non sentendosi pronte per avere un figlio ma non volendosi trovare in
futuro a fronteggiare i noti problemi del calo della fertilità con gli anni
scelgono di procedere a fecondazione in vitro e congelamento degli embrioni per
poi impiantarli in età più avanzata.
L’anno scorso, a luglio, sono
emerse anche le cifre relative al Regno Unito, fornite dall’Hfea, l’autorità
britannica in materia di fecondazione artificiale. Nel ventennio 1991-2010
numeri elevatissimi: oltre tre milioni di embrioni prodotti in laboratorio, tra
cui più di 750mila (un quarto) finiti nell’azoto liquido. Molte altre le stime
che negli ultimi dieci anni sono emerse nei vari Paesi le cui leggi consentono
di congelare embrioni.
In Spagna, nel 2003, fu lanciata
una petizione per consentire l’adozione di embrioni congelati da più di 5 anni,
che si stimava fossero oltre 35mila. L’anno dopo, in occasione di un analogo progetto
volto a evitare la distruzione di embrioni, si parlò di un totale che oscillava
già tra i 60mila e gli 80mila.
Molto più elevate le cifre
ufficiali fornite dall’Agenzia di Biomedicina francese: al 31 dicembre 2006 gli
embrioni congelati in Francia erano più di 175mila. Dieci anni prima, una
ricerca condotta dalla Federazione francese dei biologi impiegati nel settore
della fecondazione e relativa al periodo 1985-1993 aveva fissato il numero di
embrioni congelati a circa 102mila.
In Israele, pochi giorni fa, si è
riaperto il dibattito sull’opportunità di rendere legale la donazioni di
embrioni congelati, che sarebbero 150mila.
Nel 2006 una pubblicazione
dell’Università dell’Alberta in merito alla ricerca sugli embrioni, faceva riferimento
a un censimento del 2003 che mostrava come in Canada fosse emersa l’esistenza
di 15mila embrioni congelati, con riferimento al solo 54% delle cliniche che
avevano risposto all’appello.
Nel dicembre dello scorso anno il
Sydney Morning Herald in un articolo che si occupava della donazione di
embrioni congelati a coppie sterili parlava di circa 100mila embrioni
crioconservati in Australia. Secondo le statistiche dell’Istituto australiano
per sanità e welfare, tra il 1994 e il 2000 il numero di embrioni congelati è
passato da 22mila a 71mila. Potremmo continuare a lungo. Ma questi pochi
esempi, cui va sommata una stima italiana attorno ai 40mila giacenti nei
freezer, sono sufficienti per capire quanto sia a rischio la vita dell’embrione
creato in vitro, il «primo dei precari».
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