L’attaccamento a Dio: una forma di legame adulto di Maria Beatrice Toro,
psicologa e psicoterapeuta, 5 aprile, 2012, http://www.uccronline.it/
«Molti aspetti delle credenze e
dei comportamenti religiosi possono essere interpretati in maniera utile e
significativa anche in termini di dinamiche d’attaccamento» (Kirkpatrick). Il
presente contributo rappresenta l’ideale continuazione del lavoro svolto in
precedenza e pubblicato sul sito UCCR , a proposito del legame tra religiosità
e benessere psichico, intendendo approfondire le dinamiche interiori che si
attivano nell’esperienza di Dio. In particolare, ciò che mi accingo a
illustrare è una possibile chiave di lettura della relazione tra l’uomo e Dio
alla luce delle teorie elaborate in merito al legame di attaccamento tra il
bambino e il suo caregiver, ovvero la persona (o le persone) che lo
accudiscono, rispondendo, come oggi si sa, ai suoi bisogni relazionali prima
ancora che a quelli alimentari (come aveva, diversamente, teorizzato Freud,
immaginando che le prime pulsioni del bambino fossero indirizzate verso il
soddisfacimento del bisogno orale-alimentare).
Con il termine
“attaccamento”, Bowlby vuole indicare (
(Bowlby, J., “Una base sicura”, Raffaello Cortina, Milano 1988) il primo legame affettivo, intimo, duraturo,
estremamente significativo dal punto di vista emotivo, che si stabilisce fin
dalla nascita tra un bambino e una figura di riferimento, madre, padre,
surrogato, che si prende cura di lui, lo protegge e lo sostiene nei tentativi
di esplorazione dell’ambiente circostante. Questo legame garantisce al piccolo
la sopravvivenza dal punto di vista fisico e psicologico e gli consente di adattarsi
all’ambiente sociale che lo circonda. Il legame di attaccamento si basa su una
serie di comportamenti messi in atto da entrambi i componenti della relazione:
sorrisi, vocalizzi, pianti e rispettive reazioni del caregiver, compresi
avvicinamenti e allontanamenti. Tutti i bambini nei primi anni della loro vita
costruiscono questo legame verso le figure genitoriali, inclusi i bambini
vittime di maltrattamenti o abusi. Non tutti, però, lo stabiliscono nella
dimensione della sicurezza, infatti la qualità del legame dipenderà dalla
tipologia degli scambi interattivi tra genitore e bambino. La relazione che
scaturisce dal legame di attaccamento, sia esso sicuro o insicuro, una volta
interiorizzata, verrà utilizzata anche come modello di riferimento da attuare in
tutte le relazioni intime che verranno a crearsi nelle successive fasi
evolutive. Tali modelli operativi interni, per attenerci sempre al gergo
utilizzato da Bowlby, subiscono l’influenza degli eventi che si susseguono nel
corso della vita per cui con lo sviluppo, verso il raggiungimento della fase
adulta, tali modelli relazionali vengono riproposti nei rapporti con i pari,
con il partner, verso il proprio figlio qualora si scegliesse di diventare
genitore ma anche nella relazione di amore con Dio.
Uno dei primi studiosi che ha
applicato la teoria dell’attaccamento al vissuto di fede religiosa è Lee A.
Kirkpatrick. Lo psicologo americano ritiene che l’applicazione del modello
d’attaccamento alla fede religiosa per certi versi appare “più chiara rispetto a
quella delle relazioni di coppia” anzi «sotto molti aspetti la fede religiosa
può fornire una visione unica dei processi di attaccamento nell’età adulta»
(Kirkpatrick, L., A., “Attaccamento e rappresentazioni e comportamenti
religiosi”, In Cassidy, J., Shaver, P.R. (Eds.). Manuale dell’attaccamento,
Fioriti, Roma, 1999). L’elemento centrale del pensiero di Kirkpatrick è l’idea
che Dio sia percepito come figura d’attaccamento, per cui il credente
percepisce di vivere una personale esperienza di relazione caratterizzata dagli
elementi della vicinanza e della sicurezza, che subiscono diverse sorti nella
storia personale del singolo.
La fede è dunque – dal punto di
vista psicologico – un’esperienza di relazione: in essa il credente si
abbandona completamente e con fiducia ad un Altro diverso da sé, Dio.
L’esperienza di fede, quindi, è preparata dalla profonda esperienza emotiva e
affettiva del sentirsi amati, accettati e accolti (Diana, M., “Dio e il
bambino. Psicologia ed educazione religiosa”, Elledici, Leumann, Torino, 2007),
oppure del sentirsi nell’insicurezza e nel pericolo, alla ricerca di una
cura. Un elemento cardine della fede
cristiana consiste nella certezza che Dio è amore: questo è proprio il
sentimento che si pone a fondamento del rapporto duale Dio-uomo fintanto che,
spesso, la conversione è stata paragonata all’esperienza dell’innamoramento.
L’intima relazione tra l’uomo e Dio, dal punto di vista psicologico, può esser
letta come legame di attaccamento, caratterizzato da quattro elementi specifici
(Kirkpatrick, L. A., op. cit.):
La ricerca e il mantenimento
della prossimità a Dio. Esistono diverse modalità per sentire la vicinanza a
Dio, un esempio consiste nel credere all’onnipresenza e ritenersi pertanto
sempre in prossimità rispetto a Dio, o, ancora, il fedele si reca nei “luoghi
di culto sacri”, per esperire una forte vicinanza al Signore. La massima
espressione della prossimità consiste nella preghiera contemplativa e
meditativa; attraverso la preghiera il credente si percepisce vicino al suo Dio
poiché può instaurare un silenzioso ma intenso dialogo mediante cui stabilire
un contatto diretto.
Dio come rifugio sicuro. La
religione sembra essere un appiglio di fondamentale importanza nei momenti di
maggiore difficoltà che la vita ci chiama ad affrontare, questi vengono vissuti
come elementi stressogeni da un punto di vista fisico e psichico. Basti pensare
a condizioni in cui si vive una malattia grave, una situazione avversa o ancora
peggio la perdita improvvisa o meno di un proprio caro. In tali situazioni Dio
viene vissuto come un rifugio immateriale, come colui che può offrire sostegno.
Dio come base sicura. Il concetto
di “base sicura” è un caposaldo della teoria dell’attaccamento, in ambito
religioso si ritiene che ogni fedele percepisce la figura divina come un entità
onniessente, disponibile, in grado di comprendere anche l’incomprensibile. La
si potrebbe definire come la base sicura ideale, dal momento che, a differenza
dei genitori spesso impegnati nel lavoro o in altro, Dio si può invocare in
ogni momento, anche il più intimo, anche il più tragico, per ricevere la forza
di cui necessitiamo in quel particolare frangente della nostra esistenza.
Reazioni alla separazione o alla
perdita. «la separazione da Dio è la vera essenza dell’inferno» (Kirkpatrick,
L., A., op. cit.). Il processo di attaccamento è riscontrabile anche nelle
reazioni alla separazione o alla perdita della figura d’attaccamento; la
perdita della fede si può vivere, in una prospettiva psicologica, analogamente
alla fine di relazioni interpersonali importanti.
Conclusioni.
Le teorie oggi prevalenti in
psicologia ci insegnano a considerare che il primo bisogno umano sia la
relazione, piuttosto che l’oralità. Nella relazione si costruiscono identità,
percezione dell’altro, ponendo le basi per il proprio modo di vivere e dare
significato alla vita. Alla luce di tali considerazioni viene da chiedersi cosa
riserverà il futuro a coloro che durante l’infanzia non hanno avuto modo di
saggiare un legame basato sulla fiducia. I bambini che hanno sviluppato un
legame di attaccamento insicuro verso i propri genitori, crescendo, potranno
fare riferimento alla relazione tessuta con il partner, con un amico o con una
figura formativa rilevante quale un educatore, un insegnante, un sacerdote. Questo
ripiegamento emotivo consentirà di modificare la struttura del proprio modello
insicuro finora interiorizzata per dirigersi verso la sicurezza. Questi stessi
bambini potranno, quale opzione di crescita, rivolgersi a Dio, come figura in
grado di colmare le lacune vissute. Quanto costruito in passato si potrà
mettere in discussione ed essere oggetto di una profonda trasformazione,
attraverso una nuova relazione d’amore, duratura nel tempo e caratterizzata da
sicurezza, accoglienza, reciprocità.
Si ringrazia la Dott.ssa Claudia
Romani per il confronto sul tema oggetto del presente articolo.
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Bibliografia
Bowlby, J., Una base sicura,
Raffaello Cortina, 1988, Milano
Simonelli, A., Calvo, V.,
L’attaccamento: teoria e metodi di valutazione, Carocci, 2002, Roma
Cassibba, R., Attaccamenti
multipli, Unicopli, 2003, Milano
Fizzotti, E., Psicologia
dell’atteggiamento religioso. Percorsi e prospettive, Centro Studi Erickson ,
2006, Gardolo;
Diana, M., Dio e il bambino.
Psicologia ed educazione religiosa, Elledici, 2007, Leumann, Torino
Ainsworth, M., D., S., Blehar, M., C., E.,
Waters, S., Wall, Patterns of attachment: a psychological study of the strange
situation, Erlbaum, Hillsdale, 1978
Roveran, R., Attaccamento e
relazione tra uomo e Dio, in «Famiglia Oggi», 4, 2007
Bruno, S., Le radici affettive
del rapporto con Dio: un possibile percorso di educazione alla fede,in «Vita
pastorale», 4, 2008
Kirkpatrick, L., A., Shaver, P., R., An attachment
theoretical approach to romantic love and religious belief, in «Personality and
Social Psychology Bulletin», 18, 1992
Kirkpatrick, L., A., Attaccamento
e rappresentazioni e comportamenti religiosi, In Cassidy, J., Shaver, P.R.
(Eds.). Manuale dell’attaccamento, Fioriti, Roma, 1999
Attachment and Religious Representations and
Behavior, in J.Cassidy – Shaver, P., R., (a cura di), Handbook of attachment. Theory,
Research and Clinical Applications, The Guilford Press, 1999, New York
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