“Effetto Ramanujan”: un argomento fisico contro il darwinismo, 3
aprile, 2012, di Giorgio Masiero, fisico e docente universitario e Michele
Forastiere, insegnante di matematica e fisica, http://www.uccronline.it/
È indubitabile che una buona
comprensione intuitiva della propria nicchia ambientale costituisce un
vantaggio evolutivo per una specie. La comprensione delle relazioni
d’equivalenza e d’ordine, l’esecuzione delle operazioni aritmetiche,
l’intuizione dei concetti geometrici elementari, l’idea di velocità, ecc. sono
strumenti utili alla vita umana, che in un ambiente di lotta per la
sopravvivenza condiviso con altre specie viventi possono aver dato origine ad
un’algebra, una geometria ed anche una meccanica primitive. In un paradigma
evolutivo, i “circuiti neurali” umani potrebbero essere stati selezionati in
corrispondenza ai criteri suddetti, essendo ogni avanzamento avvenuto in modo
casuale e contingente, neutro rispetto alla fitness darwiniana. A partire da
Galileo, però, una matematica sempre più astratta e sempre meno intuitiva si è
dimostrata necessaria e sufficiente a descrivere molti meccanismi nascosti
della realtà fisica. Nasce perciò un problema: com’è potuto accadere che i
circuiti neurali di Homo Sapiens Sapiens siano stati selezionati allora per comprendere,
o per creare, strutture matematiche che hanno superato di gran lunga la soglia
oltre la quale esse erano indifferenti nella produzione di vantaggi competitivi
per la specie? In altre parole: quale vantaggio competitivo può aver dato ai
nostri progenitori la disponibilità d’un cervello fin dall’inizio completamente
attrezzato all’elaborazione della teoria delle stringhe?
Chiameremo questo problema
“effetto Ramanujan”, in onore del matematico indiano Srinivasa Aiyangar
Ramanujan (1887–1920) che, giovanissimo e senza istruzione superiore, produsse
solitariamente e con l’uso quasi esclusivo dell’intuizione una serie di
straordinari teoremi. Fuori dell’India e ai giorni d’oggi, si deve considerare
che esistono ancora gruppi umani cosiddetti primitivi, che non hanno mai
prodotto una matematica degna di nota prima di entrare in contatto con il resto
del mondo – prosperando, peraltro, per decine di millenni senza avvertirne il
bisogno – ma che hanno espresso soggetti in grado, una volta avuto accesso agli
ordinari curricula di studi, di dimostrare l’abilità matematica di qualsiasi
altro essere umano appartenente al mondo progredito.
Perché la mente umana risulta,
tramite la matematica, capace di descrivere finemente la realtà fisica in un
vastissimo insieme di modalità che vanno ben oltre la sfera della comprensione
intuitiva necessaria alla lotta per la sopravvivenza? La mente è persino in
grado, proprio grazie agli strumenti matematici e tecnologici da essa
sviluppati nell’ultimo secolo, di vedere gli ostacoli che si frappongono ad una
(ipotetica) comprensione totale della realtà fisica. Così sappiamo, per
esempio, che le attuali metodologie di analisi (matematiche e sperimentali) non
permettono una descrizione unitaria e coerente del campo gravitazionale sotto i
limiti spazio-temporali planckiani: una teoria che coniughi la relatività
generale con la meccanica quantistica è attesa da tempo e la strategia attuale
della cosmologia quanto-gravitazionale, che passa attraverso la somma di storie
di Feynman, appare di valore euristico. E in conseguenza dei due teoremi
d’incompletezza di Gödel, non si è nemmeno sicuri che una tale composizione
esista e sia maneggiabile.
Formuliamo ora la congettura:
S = “La mente giungerà col tempo
ad elaborare una struttura logico-matematica atta a descrivere la realtà
naturale in modo completo”.
S si suddivide in due
declinazioni alternative:
SN = “La tecno-scienza riuscirà
col tempo a comprendere tutta la realtà naturale, senza ricorso alla
metafisica” [Naturalismo e ragione umana interamente accordata con la realtà
naturale “dimostrati”].
ST = “La mente riuscirà col tempo
a comprendere tutta la realtà naturale, includendo un ricorso fondativo alla
metafisica, non valendo per la realtà naturale un principio di chiusura
causale” [Spiritualismo e ragione umana interamente accordata con la realtà
naturale “dimostrati”].
La negazione di S, X = NOT(S)
suona:
X = “La realtà naturale è, nella
sua interezza, inconoscibile alla mente”.
X ha due declinazioni
alternative:
XN = “La realtà naturale è
fondamentalmente caotica; il parziale accordo oggi registrato con la mente è un
fatto contingente e storicamente transitorio”.
XT = “La realtà ha una logica
intrinseca che è solo parzialmente comprensibile dalla mente. Al massimo, la
tecno-scienza potrà accrescere la sua comprensione della realtà naturale, ma
non vi riuscirà mai in modo completo”.
Dal momento in cui Galileo
enunciò l’assunzione alla base del programma scientifico moderno secondo la
quale l’Universo “è scritto in lingua matematica” (“Il Saggiatore”, 1623), la
ragione umana attraverso l’indagine scientifica ha svelato mille misteri della
Natura che si sono tradotti in miriadi di applicazioni tecnologiche. Possiamo
dunque asserire:
SP = “La scienza ha dimostrato,
finora, di saper descrivere con un grado di precisione crescente il
funzionamento della realtà fisica”.
Da ciò possiamo inferire che
esiste una probabilità non nulla che anche tutta la realtà naturale sia
governata da una logica intrinseca e che tale logica coincida con forme di
astrazioni proprie del pensiero umano. Non negheremo ad una concezione
ottimista dei poteri della ragione il diritto di assumere che la proposizione
vera SP (che afferma i successi passati e presenti delle scienze naturali)
costituisce un supporto alla congettura S, cioè:
P(S | SP) ≈ 1
In una delle due declinazioni
alternative, SN o ST, questa fiducia è una convinzione condivisa da naturalisti
e teisti in ugual misura: si pensi, per esempio, alla TOE di S. Hawking e al
Super-Mondo di A. Zichichi. Ora ci chiediamo: qual è la probabilità dell’effetto
Ramanujan assumendo il paradigma darwinista D? Ovvero, qual è la probabilità
che l’uomo, evolvendosi per caso e necessità nelle savane africane
pleistoceniche, abbia sviluppato, grazie ad una successione di casi fortuiti e
contingenti, tutti i circuiti neurali necessari a formulare le strutture
matematiche delle diverse categorie (insiemi, semigruppi, gruppi, spazi
vettoriali, spazi topologici, varietà differenziali, ecc.) che sarebbero
servite centinaia di migliaia di anni dopo a descrivere gli intimi meccanismi
di funzionamento della realtà naturale – quando tali circuiti cerebrali non
avevano nessun vantaggio immediato in termini di fitness? Considerando che:
- Le citate elevatissime capacità
di astrazione matematica non costituivano allora un tratto adattativo, capace
di migliorare la fitness evolutiva (perché sono semplicemente neutre dal punto
di vista darwiniano, e quindi furono dovute alla sola contingenza) e che
- quelle capacità hanno
comportato “per necessità” delle leggi fisiche un aumento d’informazione del
genoma.
A quanto possiamo stimare –
tenuto conto della legge di Shannon – la probabilità bayesiana che siano
comparse le corrispondenti complesse strutture neurali per caso e necessità,
dato D? È ovvio assumere:
P(SP | D) << 1
dove possiamo riassumere la
proposizione D nei seguenti termini:
D = “Il ricorso ai meccanismi di
caso e necessità è una spiegazione coerente e sufficiente dell’effetto
Ramanujan”.
Questo sarebbe un confutatore
(“defeater”) di SP, se non fosse che SP è vera e quindi a risultare confutata è
la premessa D, con un elevato grado di probabilità. Esaminiamo ora la
probabilità P(S | D), in cui non conosciamo il valore di verità di S. Possiamo
ragionevolmente supporre:
0 ≈ P(SN | D) ≡ P(S | D) ≤ P(SP | D) << 1
La prima relazione è un
confutatore per SN, a meno che D non sia falsa. Dunque, risulta illogica la
credenza in SN (la posizione scientista, ovvero di giustificazione scientifica
del naturalismo) se si assume il darwinismo! Se, inoltre, si sostiene la credenza
P(S | SP) ≈ 1, che pure appartiene allo scientismo, ne consegue di nuovo che D
è falsa, con un elevatissimo grado di probabilità. Insomma, a meno di
rinunciare al darwinismo, non è ragionevole credere che si possa un giorno
corroborare scientificamente il naturalismo!
Alla credenza congiunta nel
darwinismo resta una sola via d’uscita, la proposizione X, specificamente la
XN. Infatti la XT contiene un elemento deista: se la realtà naturale ha una
logica soltanto parzialmente comprensibile dalla mente, essa è un sistema
capace di elaborare informazioni – nella fattispecie, uno che lo è in misura
infinitamente superiore alla mente (ciò che allude ad un panteismo spinoziano).
Vale la pena chiedersi, però, che cosa comporta la congiunzione di XN e di D. A
nostro parere, una sola cosa: il multiverso. Ma questa credenza, anche
prescindendo dalla sua dubbia connotazione scientifica, è auto-contraddittoria.
Infatti ogni tipologia di multiverso richiede un substrato di meta-leggi
logiche e matematiche preesistenti (in caso contrario non sarebbe compatibile
con SP) e ciò implica a sua volta una credenza di tipo XT, che è inconciliabile
con XN!
In conclusione, è estremamente
improbabile che il darwinismo possa spiegare l’origine di H. Sapiens Sapiens;
e, se si crede che possa farlo, o risulta irrazionale credere che l’uomo potrà
un giorno trovare una giustificazione scientifica al naturalismo, o si cade in
un’insanabile contraddizione logica.
N.B. È d’obbligo un
ringraziamento al prof. Enzo Pennetta per i preziosi spunti di riflessione
offertici
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