Neuroscienze - Il ruolo benefico
delle illusioni - Essere ottimisti è un affare - Sono fattori biologici che ci
portano a vedere rosa Così garantiscono la sopravvivenza della specie di Edoardo
Camurri, 2 aprile 2012, http://www.corriere.it
Chi passeggiasse nella Foresta
Verde respirando i primi vapori della primavera troverebbe bello che le foglie
si spieghino al nuovo sole e quindi i semi maturino e cadano a terra. Si
potrebbe dire, scriveva un grande filosofo francese purtroppo dimenticato come
Alain (pseudonimo di Emile Chartier), «che ognuno di questi semi abbia il suo
destino, che è di germogliare, crescere e diventare albero a sua volta, mentre
tale cosa non capita forse neanche a uno solo su un milione che marciscono». Ma
i passeggiatori non ci pensano e anzi, sentendosi improvvisamente figli della
terra, finiscono con l'adorare questo tutto miserabile. Succede agli ottimisti.
Ammetto di essere un pessimista
mancato; nonostante l'osservazione e l'esperienza mi spingano inesorabilmente
verso una visione dura e realistica delle cose, il temperamento mi rimbalza
invece sempre verso il buonumore e la fiducia. Il mio è insomma un mediocre
pessimismo di posa e alla fine non riesco a essere all'altezza delle
aspettative.
Fortunatamente. Dico
fortunatamente non tanto per amor di contraddizione, ma ormai con una certa
consapevolezza derivata dalla lettura del libro di una neuroscienziata
israeliana ricercatrice all'University College di Londra, Tali Sharot:
Ottimisti di natura (Urra/Feltrinelli). Scrive la Sharot: «Per definizione, gli
ottimisti sono persone che hanno aspettative positive per il futuro (...).
Poiché si aspettano di cavarsela meglio e di essere più sani, hanno meno
ragioni soggettive per preoccuparsi e disperarsi e di conseguenza sono meno
ansiosi e si adattano meglio a fattori di stress (...). Di conseguenza,
guadagnano anche di più. Il livello di ottimismo di una persona al primo anno
degli studi di giurisprudenza ha permesso di predire il suo reddito un decennio
più tardi: un piccolo punto in più sulla scala dell'ottimismo valeva 33 mila
dollari di più all'anno».
Tali Sharot è un'autorevole
scienziata, non è uno di quei mostriciattoli aggressivi che ti salutano con
patibolari pacche sulle spalle e rispondono al nome apocalittico di motivatori
o life coach . Ogni affermazione della Sharot si basa invece su esperimenti
scientifici e psicologici e sulla verifica ulteriore di ciò che avviene
fisicamente nel nostro cervello, tramite la risonanza magnetica o altri esami,
quando siamo o immaginiamo di essere ottimisti. La sua tesi è affascinante e
tremenda insieme: gli esseri umani sono naturalmente portati a essere ottimisti
perché così conviene. Se il nostro cervello non fosse costruito per darci
l'illusione ottimista, a questo punto ci saremmo già sparati una revolverata. È
solo grazie al fatto che siamo biologicamente costruiti per vedere il mondo con
positività che il nostro mondo e le nostre vite possono diventare belle e
felici. È un Giacomo Leopardi in salsa rosa. «Si è tentati di ipotizzare -
scrive Tali Sharot - che l'ottimismo sia stato selezionato nell'evoluzione
proprio perché le aspettative positive aumentano le probabilità di
sopravvivenza. Il fatto che gli ottimisti vivano più a lungo e godano di una
salute migliore, insieme con le statistiche che indicano che la maggior parte
degli esseri umani presenta inclinazioni ottimistiche, con i dati recenti che collegano
l'ottimismo a geni specifici, danno un forte sostegno a questa ipotesi».
Il libro di Tali Sharot ha avuto
un grande successo all'estero, le sue tesi hanno fatto discutere «Time», «New
Scientist», «Wall Street Journal», «Newsweek», «Washington Post», Bbc...
Sembrerebbe la lettura adatta per affrontare la crisi mondiale, al punto tale
che verrebbe voglia di scegliere Ercole, uccisore di mostri, come modello di
pensatore per i nostri tempi. Un eroe pratico che insegna a pensare oggetti per
cambiare il mondo. Come Pat Riley, l'allenatore di basket dei Los Angeles
Lakers che, dopo aver vinto l'Nba nel 1987, ha avuto l'ottimismo e
l'intelligenza di annunciare un secondo dopo che la sua squadra avrebbe
senz'altro vinto anche l'anno successivo (nella storia dell'Nba è un evento
decisamente raro) innescando in questo modo un circolo virtuoso di motivazioni,
impegno e fiducia che effettivamente ha poi portato al raggiungimento
dell'obiettivo. «Di tutti i trucchi psicologici che Pat ha tirato fuori dal
cappello, questo è stato il migliore», disse all'epoca il grande Magic Johnson
offrendo l'occasione a Tali Sharot di illustrare la sua tesi secondo la quale
l'ottimismo è spesso una profezia che si auto-avvera.
«Se crediamo in noi stessi
raggiungeremo i nostri obiettivi», si legge sull'etichetta di un nuovo
integratore e persino alcune pastiglie per la lavastoviglie sono confezionate
in involucri su cui sono stampate frasi dei soliti Oscar Wilde, Bernard Shaw e
compagnia per strapparci un sorriso o una serena, come la digestione,
riflessione. A prima vista trattasi di semplice e insopportabile marketing. Ma
più in profondità c'è dell'altro: una strategia della natura che, per
convincerci a essere ottimisti, ci riempie di messaggi positivi per un
obiettivo che può terrorizzare per la sua ambizione: la sopravvivenza della
specie.
Tutto è un'illusione, uno scherzo
efficace del cervello (Tali Sharot mostra come l'ottimismo neurologico porti
anche a una modificazione misurabile della percezione della realtà);
l'ottimismo è l'arma che l'evoluzione ci ha dato per migliorarci anche quando
le cose non vanno bene. È grazie all'ottimismo che si possono trovare le
risorse per affrontare i fallimenti, solo sperando di superare una crisi si può
avere la voglia di individuare le soluzioni per farcela. Passato un po' di
tempo dalla morte della moglie, lo scrittore C. S. Lewis annotava incredulo sul
suo diario fino a quel momento pieno di riflessioni dolorose: «Non posso negare
che in un certo senso "mi sento meglio"»; era la risposta biologica
alla sua sofferenza. Le leggi della natura ci condannano all'ottimismo.
Comunque vada, ci troviamo a
ripetere un po' smarriti, sarà un successo.
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