mercoledì 26 ottobre 2011


Avvenire.it, 26 ottobre 2011, L’Anno della fede e la scienza, L’avventura della ragione e della libertà, di Roberto Colombo

A un primo sguardo, non pochi sono rimasti sorpresi che il Motu proprio Porta fidei con il quale Benedetto XVI indice l’Anno della fede – un invito a un «corale impegno per la riscoperta e lo studio dei contenuti fondamentali della fede» (n. 11) e «per mettere in luce con sempre maggiore evidenza la gioia ed il rinnovato entusiasmo dell’incontro con Cristo» (n. 2) – sottolinei con decisione che non bisogna avere «timore di mostrare come tra fede e autentica scienza non vi possa essere alcun conflitto» (n. 12). Una sorpresa che attesta quanto sia radicato in certa cultura contemporanea il pregiudizio che la fede non abbia nulla da spartire con la ragione, mentre le scienze e le tecnologie esaurirebbero le certezze razionali di cui l’uomo ha bisogno per vivere.

Viene così sancita senza appello non solo l’insuperabile separatezza tra il sapere della fede e quello della scienza, ma anche la permanente belligeranza tra quanto il credente professa e lo scienziato afferma. Questa duplice sentenza umilia la vocazione universale della ragione dell’uomo (è la medesima ragione che si gioca nell’atto della ricerca scientifica e nell’atto di fede) e tradisce l’esperienza della libertà di numerosi cristiani che sono divenuti nel tempo uomini e donne di scienza e di altrettanti scienziati che hanno abbracciato la fede dopo anni di ricerca empirica, senza che l’onestà intellettuale degli uni e degli altri richiedesse loro di rinnegare alcunché della fede o della scienza.

Alla radice della fede e della scienza «autentica» – così la chiama il Papa – stanno la ragione e la libertà. Una ragione audace che getta la sua luce su tutto l’orizzonte della conoscenza, scavalcando ogni barriera fisica, fino a sfiorare il Mistero (è, questo, un tema caro a Benedetto XVI, che lo ha sviluppato in più sedi), e una libertà coraggiosa che sa accogliere la verità ovunque essa si manifesti, nell’infinitamente piccolo e nell’infinitamente grande, fino a lasciarsi abbracciare dalla grande Presenza in cui abita corporalmente tutta la pienezza della Verità: Gesù Cristo. Una sola grande avventura ha reso l’uomo grande: quella della sua ragione e della sua libertà alla ricerca di ciò è vero, bello, buono, giusto, desiderabile e amabile. Di questa ricerca a tutto campo, il cui movente è il senso religioso dell’uomo, la fede è l’esito supremo e la scienza uno dei frutti più preziosi e affascinanti.

Per questo, laddove è fiorita la fede, generando cultura e trasformando la vita sociale, si è sviluppata anche la scienza. Riscoprire e approfondire la fede non può che alimentare le radici della scienza, immettendo in essa la linfa vitale della ragione irriducibilmente spalancata e della libertà davvero libera. Il primo sviluppo delle scienze e della tecnica in Occidente ha coinciso con l’approfondimento della fede e il radicamento della vita cristiana nella società medioevale.

La fede in Dio creatore e ordinatore di tutta la realtà e l’esistenza della realtà stessa in quanto positiva, buona, e aperta alla conoscenza dell’uomo libero, è stata la potente molla che ha dato impulso al sapere scientifico dentro la società e con il patrocinio della stessa Chiesa. Non possiamo dimenticare (con gratitudine) che essa ha sostenuto lo studio delle scienze anche dal punto di vista finanziario, metto a disposizione i suoi uomini e i suoi mezzi. Fino alla Rivoluzione francese, la Chiesa è stata lo sponsor principale della ricerca scientifica e medica, nelle università, negli ospedali e nei conventi. Nel XVII secolo, i Gesuiti erano diventati la principale organizzazione scientifica in Europa e, a metà dell’Ottocento, un monaco agostiniano, Gregorio Mendel, potè dedicarsi per numerosi anni ad uno studio dal quale nacque la genetica moderna.

Uomini di fede e uomini di scienza al medesimo tempo, «perché ambedue, anche se per vie diverse, tendono alla verità», scrive Benedetto XVI (n. 12). E «la ricerca della verità» – ricordava Giovanni Paolo II all’Università di Cracovia (1997) – «anche quando riguarda una realtà limitata del mondo o dell’uomo, non termina mai; rinvia sempre a qualcosa che è al di sopra dell’immediato oggetto degli studi, verso gli interrogativi che aprono l’accesso al Mistero», alla fede.

L’Anno della fede che si apre è un anno per tutti. Nessuno, tanto meno lo scienziato, gli è estraneo, perché quando fiorisce e matura la fede, si irrobustisce la ragione e si spalanca libertà dell’uomo.


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