I fondamentalisti musulmani hanno
sempre considerato come primi nemici da abbattere, non i paesi occidentali, ma
i regimi filo-occidentali e laici dei paesi islamici. “Regimi corrotti e nemici
dell’islam”, hanno sempre detto. E anche paesi sostanzialmente integralisti,
come l’Arabia Saudita, sono entrati nel mirino di qaedisti e compagni per
l’alleanza politico-strategica con gli Stati Uniti, che ha avuto il suo culmine
con la concessione di basi per la guerra all’Iraq.
E’ sempre bene tenere a mente
questo particolare, soprattutto guardando alla piega che stanno prendendo gli
eventi in questa regione. Sebbene a muovere le piazze e a dare il via alle
manifestazioni siano state anche, e soprattutto, folle che si ribellavano a
regimi corrotti e aspiravano alla libertà e alla democrazia, appare sempre più
evidente che siano ora gli islamisti a prendere il controllo della situazione:
i Fratelli Musulmani appaiono di gran lunga il partito più forte in Egitto, e
le elezioni di novembre lo ratificheranno; al Cairo l’aria è già cambiata e a
goderne maggiormente è nei territori palestinesi il partito di Hamas (che
ricordiamolo è la branca locale dei Fratelli Musulmani); in Tunisia, a
scrutinio non ancora terminato, il partito islamico è in netto vantaggio. A
questo si deve aggiungere, soprattutto in chiave internazionale,
l’irrigidimento della Turchia e il grosso punto interrogativo sul futuro
dell’Iraq. Da ultimo la Libia, dove la dichiarazione di domenica del presidente
del Consiglio nazionale di transizione, Mahmoud Jibril, sul futuro della Libia
basato sulla sharia (la legge islamica) ha dato la sgradevole sensazione che la
guerra scellerata voluta da Francia e Gran Bretagna abbia avuto il risultato
immediato di consegnare su un vassoio d’argento un altro paese all’islam
militante.
Tra i vecchi regimi arabi
scricchiolano poi soprattutto quello di Assad in Siria, con una repressione che
continua con prezzi di vite umane sempre più insostenibili, e quello yemenita.
E anche il regime saudita non gode di ottima salute.
Vale a dire che si sta
pericolosamente realizzando il primo punto del programma islamista, oltretutto
con il sostegno o con l’implicita approvazione dei governi occidentali che pure
dieci anni fa si erano mossi proprio per scongiurare questo pericolo. Ad essere
più preoccupante è la noncuranza e l’irrazionale ottimismo con cui i governi
europei e americano guardano all’evolversi della situazione, come le
dichiarazioni del nostro ministro degli Esteri sulla situazione libica
dimostrano. Si può legittimamente sperare che ci sia una evoluzione
democratica, e cercare di agevolarla, ma tale speranza non può basarsi su
illusioni o ignoranza dei fenomeni in corso.
Come dimostra in modo esauriente
l’analisi della nostra Valentina Colombo in questa pagina, sharia e libertà
religiosa sono inconciliabili. Laddove c’è la sharia là c’è la persecuzione
delle minoranze religiose, cristiani in testa. Quando un governo o un partito
annuncia che la legge islamica sarà il fondamento dello stato, dovrebbe
scattare subito l’allarme. E’ inutile fare gli appelli o approvare mozioni e
risoluzioni per condannare la persecuzione dei cristiani quando si è fatto di
tutto per mandare le forze islamiste al governo. Quando è possibile, meglio
pensarci prima.
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