Le radici dell’anima secondo Pauli e Jung - La terra di confine tra
fisica e psicologia di Edoardo Boncinelli, 24 ottobre 2011, http://www.corriere.it
«Dal momento che la concezione
determinista è stata abbandonata in fisica, non ci sono neanche ragioni per
mantenere ancora una concezione vitalista, secondo cui l’anima potrebbe e
dovrebbe "violare" le leggi fisiche. Mi sembra piuttosto che una
parte essenziale dell’" armonia universale" consista nel far sì che
le leggi fisiche lascino proprio un margine per un altro modo di osservare e di
considerare le cose (la biologia e la psicologia) in modo che l’anima possa
raggiungere tutti i suoi "obiettivi" senza violare le leggi fisiche».
Questa dichiarazione di Wolfgang
Pauli è posta come una sorta di conclusione delle conclusioni alla fine del
libro Pauli e Jung di Silvano Tagliagambe e Angelo Malinconico (Raffaello
Cortina Editore, pagine 320, € 27). Il fisico teorico Pauli e il fondatore
della Psicologia Analitica, Carl Gustav Jung, discussero a lungo su come si
potesse giungere a questo «altro modo» di pensare al mondo, nell’ipotesi,
ovviamente, che un altro modo esista, che esista in definitiva un «mondo
intermedio» fra materia e psiche che possa fondere le due istanze, cercando
inoltre di evitare tanto le secche del determinismo e della causalità quanto
quelle della casualità.
Fin dall’inizio la scienza
occidentale ha proceduto espellendo il soggetto dall’universo delle cose da
studiare e da comprendere. Qualcuno si accontenta, ma molti soffrono di tale
esclusione e perseguono il disegno di una conciliazione fra lo studio rigoroso
della realtà materiale e la comprensione del mondo della psiche individuale e
di ciò che si definisce comunemente spiritualità.
Fra quelli che non si sono
accontentati figurano certamente Pauli, fortemente critico nei confronti
dell’orientamento che aveva preso la fisica atomica dei suoi tempi, e lo
psicologo zurighese Jung, infaticabile esploratore della psiche profonda e del
suo rapporto con la nostra percezione della realtà. Questi due personaggi molto
diversi ne discussero a lungo, fino a produrre insieme anche un libro
sull’argomento. Il confronto fra i loro percorsi intellettuali rappresenta un
capitolo affascinante della tormentata problematica del Novecento e adesso i
nostri autori hanno dedicato un libro non piccolo e molto informato alla disamina
degli aspetti più riposti di tale confronto. Tagliagambe da parte sua va avanti
con questo suo libro sul progetto di esplorare una originalissima
«epistemologia del confine».
Che cosa nacque dal fortunato
incontro di queste due fertili menti?
Jung si confermò nella sua
visione dell’inconscio come «luogo psichico che custodisce in forma primaria e
autonoma i contenuti e le immagini individuali e universali, potremmo dire le
verità sul singolo individuo, sui gruppi sociali di appartenenza, sull’intera umanità
che contiene l’individuo stesso». Fondamentale nella sua concezione è il ruolo
degli archetipi, quali «forme senza contenuto, atte a rappresentare solo la
possibilità di un certo tipo di percezione e azione. Quando si presenta una
situazione che corrisponde a un dato archetipo, allora l’archetipo viene
attivato».
Pauli, per parte sua, andava
riflettendo su una possibile conciliazione fra cause e significati. Dalla loro
relazione scaturì, a quello che ne sappiamo, soprattutto l’idea di sincronicità
come nuova forma di significatività e di senso degli eventi della vita. «Il
principio di sincronicità afferma che un certo evento psichico trova un
parallelo in qualche evento esterno, non psichico e che tra i due non esiste
alcun nesso causale. È un parallelismo di significato».
Abbiamo aperto con Pauli;
chiudiamo con Jung: «Passerà ancora molto tempo prima che la fisiologia e la
patologia del cervello da un lato e la psicologia dell’inconscio dall’altro
possano darsi la mano. Anche se alla nostra conoscenza attuale non è concesso
di trovare quei ponti che uniscono le due sponde ... esiste tuttavia la sicura
certezza della loro presenza. Questa certezza dovrà trattenere i ricercatori
dal trascurare precipitosamente e impazientemente l’una in favore dell'altra o,
peggio ancora, dal voler sostituire l’una con l’altra. La natura non
esisterebbe senza sostanza, ma non esisterebbe neppure se non fosse riflessa
nella psiche».
La discussione continua.
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