Il cavillo di Troia per le unioni gay di Andrea Zambrano, 21-10-2011, http://www.labussolaquotidiana.it
Lui e lui hanno rispettivamente
42 e 30 anni, si sono sposati in Spagna. Ora, anche se uno è precario e l’altro
disoccupato, hanno deciso che si vive meglio in Italia. Ma nel nostro Paese il
matrimonio tra omosessuali non è riconosciuto. E qualcuno dovrà pensarci.
Parte da Reggio Emilia la terza
offensiva, e non è che l’inizio perchè parte da lontano, per adeguare le nozze
gay celebrate in uno Stato dell’Ue al nostro ordinamento legislativo.
La terza perchè le altre due sono
andate a vuoto dopo due sentenze della Corte Costituzionale che nel 2010 ha
rigettato altrettante richieste presentate in simili contesti. In pratica, in
assenza di una legge parlamentare, non ci sono appigli per interpretare
diversamente la Carta.
Questa volta però il tentativo
appare più articolato e, probabilmente più rischioso. Anche perchè a seguire i
due omosessuali, sposati a Palma di Maiorca nel marzo 2010 e oggi residenti
nella cittadina emiliana, non sono soltanto i due avvocati Mario di Frenna e
Giulia Perin, ma anche i militanti dell’associazione radicale Certi Diritti,
vicina alla potente lobby gay internazionale “Ilga”.
Certi Diritti era presente con
un’attivista nei giorni scorsi nel corso della prima udienza in Tribunale ed è
autrice, insieme ai due, del ricorso per il riconoscimento del vincolo di
familiarità della coppia.
E’ la presenza di militanti gay
and lesbian friendly che spiega l’importanza del ricorso presentato dai due, un
precario 42enne del comando dei vigili del fuoco di Reggio e un uruguaiano
30enne: ricorso che, lungi dal presentarsi come un fatto esclusivamente
privato, cerca proprio il clamore per scardinare il sistema legislativo
italiano, con un caso pilota estremizzato in modo da fare breccia.
Una tecnica fatta di casi limite,
pressioni lobbiste trasversali e mozione degli affetti, che i Radicali sanno
utilizzare molto bene quando la logica non può fornire chiavi di accesso:
esattamente come è stato fatto già in passato, proprio dai Radicali, per
aborto, divorzio e da ultimo per l’eutanasia con il caso Eluana Englaro.
Ecco con quale strategia.
In Italia il matrimonio tra
omosessuali non è riconosciuto e, nonostante anche recentemente il Pd si sia
dimostrato favorevole, appare piuttosto macchinoso modificare la Costituzione
per introdurlo. Così, invece di una strada politica, si sceglie la via
giuridica, più facile anche perchè fa leva su una falla, individuata da un
plotone di giuristi messo a disposizione dalle lobby gay.
Con l’entrata in vigore del
trattato di Shengen e poi con il trattato di Nizza ogni cittadino comunitario
può liberamente circolare all’interno di uno Stato membro. Precise direttive
comunitarie poi, ribadiscono che questo diritto va esteso anche ai famigliari
degli stati membri. In pratica il principio giuridico è che il cittadino deve
conservare gli stessi diritti da uno stato all’altro, pena la sua
discriminazione, come stabilisce il trattato di Lisbona.
Gli Stati nazionali in questi anni
si sono adeguati per recepire le direttive europee. In Italia questo è avvenuto
nel 2007 con il decreto legislativo no° 30.
E’ la stessa associazione Certi
Diritti a illustrare l’iter, dopo che il questore di Reggio, a cui i due si
erano rivolti per il ricongiugimento famigliare, aveva rigettato la richiesta
appellandosi proprio alle due sentenze della Corte Costituzionale.
«L’aver negato questo diritto
viola il trattato di Nizza sulla libera circolazione e quello di Lisbona sulla
lotta alle discriminazioni», dicono dal’associazione. Si procede così per
interpetazioni e per cavilli usati come grimaldelli, come cavalli di Troia, o
meglio come “cavilli di Troia" e stravolti nella loro portata originaria.
L’associazione infatti, nel ricorso, sta cercando di far rilasciare una carta
di soggiorno all’uruguaiano come “famigliare di un cittadino comunitario”
proprio come è stato fatto quando i due vivevano in Spagna.
Nel ricorso quindi, sul quale
sarà chiamato a pronunciarsi il giudice Domenica Sabrina Tanasi, è questo il
cuore della richiesta: un permesso di soggiorno. Sono le modalità che
potrebbero aprire un varco, perchè se venisse riconosciuto il suo diritto al
soggiorno in quanto “famigliare”, questo potrebbe aprire una breccia verso la
liberalizzazione delle nozze gay, che le lobby, sapientemente, saprebbero
utilizzare e veicolare anche con l’aiuto di un sistema mediatico se non complice,
almeno distratto dai casi contingenti e dalle apparenti buone intenzioni della
coppia.
Nell’impianto dei legali, che
hanno presentato ricorso contro il Ministero degli Interni che però non si è
costituito, viene utilizzata poi un’altra sentenza della Corte, la 138/10
secondo la quale “all’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra
due persone dello stesso sesso, spetta il diritto fondamentale di vivere
liberamente una condizione di coppia” e “non si può creare una differenza di
trattamento rispetto alla condizione delle coppie eterosessuali pena la
violazione degli articoli 2 e 3 della Costituzione”. Ecco perchè, secondo loro,
il rigetto del questore è incostituzionale.
Quindi al giudice verrà chiesto
non di esprimersi sulle nozze gay, ma sullo status dei diritti che spettano ad
una persona considerata, anche se non in Italia, “famigliare”. Se poi il
magistrato riterrà fondata la questione di illegittimità, trasmetterà gli atti
alla Corte Costituzionale.
Allora la Corte si contraddice?
La valutazione che spetta ai giuristi. Resta il fatto che se da un lato la
Consulta rigetta l’incostituzionalità del matrimonio gay, dall’altro riconosce
che le coppie omosessuali sono portatrici di diritti e in quanto tali vanno
tutelate.
Un caso da azzeccagarbugli, sul
quale però sarebbe bene che la politica si focalizzasse per comprendere, che è
con questi metodi che le lobby stanno cercando di introdurre il matrimonio tra
gay in Italia e negli Stati che ancora non lo hanno adottato.
Un caso che anche i politici
cattolici dovrebbero prendere in considerazione e che si manifesta come un vero
e proprio banco di prova per la classe politica attuale, soprattutto dopo il
convegno di Todi, dove si è chiarito che il primato dei principi non
negoziabili è in cima all’agenda politica di ogni cattolico, di qualunque
schieramento.
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