ABORTO/ Roccella: chi attacca l’obiezione di coscienza va contro la
Costituzione, INT. Eugenia Roccella, venerdì 21 ottobre 2011, http://www.ilsussidiario.net/
Il 70,7% dei ginecologi, in
Italia, ha optato per l’obiezione di coscienza. E non pratica l’aborto. Un dato
che, secondo un articolo di Repubblica, firmato da Maria Novella De Luca,
potrebbe rivelarsi una piaga sociale. Ben presto, infatti, potrebbero sparire
del tutto i medici che consentono alle donne che lo richiedono di interrompere
la propria gravidanza. «Un problema che, in realtà, non esiste, dal momento che
la 194 prevede, oltre all’obiezione, dei meccanismi che consentono di ovviare
quando il fenomeno è diventato di tale portata da impedire l’accesso alla
pratica abortistica», afferma, interpellata da ilSussidiario.net, il
sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella. Secondo la De Luca, tuttavia, il
fenomeno sarebbe dettato, oltre che da effettive ragioni di coscienza, da
cinici calcoli legati alla carriera. Si dà, infatti, per assodato che i pochi
superstiti che ancora non hanno fatto obiezione siano considerati reietti,
ostracizzati e trattati come appestati dal personale delle strutture per cui lavorano.
E si sarebbe determinato, inoltre, un paradosso: se da un lato aumentano le
tecniche e le visite per rilevare eventuali malattie del feto, dall’altro sono
sempre meno coloro che praticano la soppressione del feto malato. «Le donne
dopo aver saputo che il loro bimbo sarà affetto da gravi patologie, restano
sole, non sanno dove andare», dice Anna Pompili, ginecologa e docente
all’università La Sapienza di Roma. La Rocella è convita che le cose stiano in
maniera decisamente diversa. «L’obiezione, anzitutto, non riguarda solamente i
medici, ma anche gli infermieri. Il dato del 70,7%, in effetti, è reale. Ma il
trend non è solamente italiano. Anche in Francia, ad esempio, c’è una forte
percentuale, ed è crescente, di obiettori. Evidentemente è necessario chiedersi
il perché». Secondo la Roccella «è chiaro che nel personale medico e
paramedico, si crea una forte resistenza di fronte ad un atto così provante. La
loro missione, infatti, è quella di guarire e far vivere e si rendono conto,
nel praticare l’aborto, che si tratta di un’operazione anomala». A poco vale la
considerazione secondo la quale gli obiettori diventerebbero tali per ragioni
di opportunità. «Nell’aborto è chiaro come sia presente un elemento di fatica
interiore che si proietta, appunto, nell’impossibilità di procurarli per lungo
tempo. E’ l’aborto in sé che pone dei problemi».
Qualcuno potrebbe sollevare la
questione della necessità di una modifica della 194 nel senso di una
restrizione all’obiezione di coscienza. «Il diritto all’obiezione – spiega il
sottosegretario – è costituzionalmente garantito. Sarebbe, inoltre, necessario
dimostrare che la legge 194 è inapplicata». Ma questo non corrisponde alla
realtà. «E’ possibile ricorrere, laddove l’accesso sia reso complicato, alla
mobilità del personale, attraverso diversi meccanismi come, ad esempio, i
contratti ad hoc. Tanto è vero che il tempo di attesa per l’intervento abortivo
è, nel 70% dei casi di una settimana».
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