IL CASO/ 1. Perché il Vaticano vuole l’Autorità economica mondiale? - Gaetano
Troina, mercoledì 26 ottobre 2011, http://www.ilsussidiario.net
L’Osservatore Romano ha
pubblicato la nota che il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ha
redatto sulla possibile riforma del sistema finanziario e monetario
internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza
universale. La nota, molto attesa, è divisa in quattro sezioni. La nota,
riportandosi (anche letteralmente nel suo titolo) alla Caritas in veritate, ha
la pretesa di dare un fattivo contributo per una soluzione etica ai
comportamenti economici anche in prospettiva di favorire le future generazioni.
L’attuale crisi viene giustamente inserita nel processo delle precedenti crisi
che si sono avute a partire dagli anni Novanta, ma se ne evidenziano anche
quelle che sono le peculiari origini: “Anzitutto un liberismo economico senza
regole e senza controlli”; un prevalere dell’ideologia utilitaristica, “ossia
quell’impostazione teorico-pratica per cui l’utile personale conduce al bene
della comunità” (ovvero al bene comune); una sistematica e continua carenza
etica e un prevalere ideologico liberistico nei processi finanziari e nei loro
risvolti economici.
Viene evidenziato come l’attuale
crisi è “stata generata nel contesto degli Stati Uniti […] coinvolgendo la
moneta a cui fa tuttora capo la stragrande maggioranza degli scambi internazionali”
e come il “diffondersi di aspettative sfavorevoli hanno generato una tendenza
negativa della produzione e del commercio internazionale, con gravi riflessi
sull’occupazione, e con effetti che ancora non hanno probabilmente esaurito
tutta la loro portata”.
Si precisa che per affrontare e
dare adeguata soluzione a tutti i problemi che la crisi ha posto in essere si
deve evitare un errore che ha informato, sino a oggi, le scelte liberistiche:
quello “di ritenere che i problemi da affrontare siano di ordine esclusivamente
tecnico” e che “come tali, essi sfuggirebbero alla necessità di un
discernimento e di una valutazione di tipo etico […]. La chiusura ad un oltre,
inteso come un di più rispetto alla tecnica, non solo rende impossibile trovare
soluzioni adeguate ai problemi, ma impoverisce sempre di più, sul piano
materiale e morale le principali vittime della crisi”. Occorre che la tecnica
trovi più salde radici nell’etica della solidarietà che “abbracciando la logica
del bene comune mondiale” trovi soluzioni adeguate, altrimenti “se non si pone
un rimedio alle varie forme di ingiustizia gli effetti negativi che ne derivano
sul piano politico ed economico saranno destinati a generare un clima di
ostilità e perfino di violenza”.
Precisato tutto questo e per
meglio armonizzare le esigenze del bene comune mondiale, la nota del Pontificio
Consiglio individua in un’Autorità pubblica mondiale l’istituzione-strumento
che dovrebbe opportunamente soprassedere e gestire “oltre gli altri beni
collettivi, quello rappresentato da un sistema economico-finanziario mondiale
libero, stabile e a servizio dell’economia reale”. Nel proporre questa
soluzione la nota si riporta, anche letteralmente, a quanto già sostenuto e
individuato e auspicato da Giovanni XXIII nell’enciclica Pacem in terris e
motiva il tutto riportandosi al principio di sussidiarietà per cui “l’Autorità
superiore offre il suo subsidium, ovvero il suo aiuto, quando la persona e gli
attori sociali e finanziari sono intrinsecamente inadeguati o non riescono a
fare da sé quanto è loro richiesto”.
Mi siano permesse poche
considerazioni. A mio modesto parere, la nota si sostanzia in una puntuale
riaffermazione di punti che già la Chiesa aveva Magistralmente individuato come
quello relativo agli errori del capitalismo finanziario (Quadragesimo anno,
Mater et Magistra, Populorum progressio, Laborem exercens, Caritas in
veritate), come quello relativo all’esigenza di individuare un’Autorità
mondiale, come quello di ricorrere al principio di sussidiarietà (la nota,
però, vi ricorre non proprio così come lo aveva perimetrato e individuato Pio
XI in cui vi era una più spiccata esigenza di centralità della persona, la
quale è chiamata a operare, decidere e incidere, ma in una sorta di
sussidiarietà di mera “assistenza” che interviene solo quando “la persona sia
inadeguata”). Quello di cui mi pare la nota sia veramente carente è la non
immediata percezione che al centro di tutto l’economia ci sia la persona e in
questo mi pare che si differenzi dagli altri documenti del Magistero.
Il finale del punto quattro,
quello che precede le conclusioni, mi appare come un “forzato” tentativo di
alzare il tiro sia là dove si afferma acriticamente “in tale processo occorre,
recuperare il primato dello spirituale e dell’etica e, con essi, il primato
della politica - responsabile del bene comune - sull’economia e la finanza”,
sia dove vengono individuati alcuni strumenti per postulare la giustizia
sociale come la tassazione delle transazioni finanziarie. La prima
considerazione mi sembra molto generica, la seconda condivisibile e molto di
attualità.
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