MEDICINA/ La storia dell’anatomia: un’osservazione che esalta la
dignità dell’uomo di Mario Gargantini, venerdì 21 ottobre 2011, http://www.ilsussidiario.net
La storia della nascita
dell’anatomia è esemplare e paradigmatica nella storia della scienza moderna,
in quanto mostra le condizioni per l’affermarsi di una nuova disciplina e di
una nuova metodologia e il ruolo che in tutto questo giocano gli uomini, la
loro cultura, la loro visione del mondo e della vita. Di questo offre una
documentazione significativa Francesco Agnoli, in un capitolo del libro “Case
di Dio, ospedali degli uomini - Perché, come e dove sono nati gli ospedali”, in
uscita in questi giorni per l’editrice Fede e Cultura, con una prefazione di
Giancarlo Cesana.
Il testo è ancor più interessante
nel contesto di un saggio dedicato agli ospedali, a dimostrazione eloquente di
come accanto alla Caritas incidesse, nella cultura italiana del Medioevo, la
concezione di Dio come Logos. Più in generale, è la conferma di come la visione
teologica e religiosa di un popolo è una condizione che facilita oppure
ostacola certe nuove imprese dell’uomo. Così, «la storia dell’anatomia insegna
che l’autorità dei greci, se da un lato offrì uno spunto importante di
partenza, dall’altro fu il freno più forte ad ulteriori sviluppi (Galeno in
parte frenò l’anatomia, così come il sistema aristotelico tolemaico greco,
oltre a fornire interessanti osservazioni, bloccò a lungo la nascita
dell’astronomia moderna, causa i suoi pianeti animati, la divisione tra
elementi e quinta essenza, il dogma delle orbite circolari ecc.)».
Agnoli ricorda che i primi
esperimenti di anatomia sono nati in Grecia, laddove si è colto,
filosoficamente, l’ordine, l’armonia e la razionalità del cosmo; e la bellezza
del corpo umano spinge alcuni grandi personalità, tra cui quella di Galeno, a
sezionare scimmie e maiali per motivi scientifici. «In principio ci sono lo
stupore e l’atto di fede dell’uomo greco: la realtà si presenta a noi
comprensibile, logica, non caotica e oscura». Ma nonostante i contributi del
pensiero greco, l’anatomia moderna nascerà molto più avanti, nell’Europa
cristiana, o, ancora meglio, nel cuore della cristianità: l’Italia. «È lì che
sorgono le prime università ed è sempre lì che la dissezione dei cadaveri
avviene già nel XIII secolo, prima per “l’esame autoptico del corpo di chi era
morto in circostanze dubbie” e poi a scopo didattico, per conoscere meglio gli
organi e l’architettura del corpo umano».
La “prima sede di questa
innovazione è Bologna”, città pontificia in cui sorge una delle tante
università collegate piuttosto strettamente alla Chiesa. Il trattato più
importante di anatomia medievale è l’Anathomia Mundini di Mondino dei Liuzzi.
In essa l’autore si rifà alla scuola di Galeno, sottolinea la superiorità
dell’uomo rispetto agli altri animali, e dimostra una conoscenza diretta della
dissezione. Al testo di Mondino ne seguono altri, fino ad arrivare all’opera
fondamentale di Andrea Vesalius, De humani corporis fabbrica, pubblicata nel 1543,
lo stesso anno - singolare coincidenza - del De revolutionibus orbium
coelestium di Copernico. Vesalius è un fiammingo che però studia e lavora in
Italia, all’Università di Padova.
Nella sua opera constata che
Galeno ha compiuto più di duecento errori, che dichiara di aver potuto rilevare
grazie all’ampia possibilità goduta di sezionare cadaveri; possibilità che egli
ha trovato in Italia, non nel resto d’Europa. Possibilità, nota Agnoli, che non
era così scontata. «Infatti, Vesalius, come altri anatomisti, si trova da una
parte di fronte alla “ostilità sorda della popolazione”, che non gradisce,
anche comprensibilmente, che sui cadaveri vengano compiuti esperimenti
dissacranti, dall’altra all’opposizione molto dura di parecchi colleghi
scienziati, “quei medici che non vedevano alcuna connessione tra l’indagine
anatomica e la capacità di curare i malati”, e, soprattutto, dei “galenisti
osservanti”».
Succede cioè, all’origine
dell’anatomia moderna, qualcosa di molto simile a quello che avverrà pochi anni
dopo all’origine dell’astronomia, «quando la vera scoperta di Galilei - che non
sarà la dimostrazione della teoria copernicana, molto posteriore, ma la prova
della unità tra fisica celeste e fisica terrestre con la scoperta degli
avvallamenti lunari e delle macchie solari - troverà, come è inevitabile, degli
avversari, e tra questi soprattutto i colleghi universitari di Galilei, gli
scienziati dell’epoca, che non potranno accettare di archiviare Aristotele e
Tolomeo, i due grandi autori pagani il cui sistema cosmologico aveva dominato
sino ad allora».
La legittima domanda su come mai
in Italia e in Europa si dissezionassero i cadaveri e in tutto il mondo no,
trova una risposta nella storia delle religioni. «Per molte religioni, infatti,
la sepoltura del cadavere, ancora oggi, deve avvenire necessariamente e secondo
un preciso rituale: altrimenti il morto non riesce a raggiungere l’aldilà, vaga
nell’aldiqua, reclamando la sepoltura e persino perseguitando i vivi (sono i
famosi zombie, o “morti viventi”). Queste convinzioni, scomparse o quantomeno
molto affievolite in Europa con l’avvento del cristianesimo, sono ancora vive,
sotto svariate forme, in gran parte dell’Asia e dell’Africa odierne. Ebbene
credenze analoghe a questa, molto diffuse nell’Europa pagana, non caratterizzano
invece, se non per un qualche inevitabile e marginale permanere delle antiche
superstizioni, l’Europa cristiana in cui l’anatomia nasce».
Quale fu quindi, si chiede
Agnoli, la posizione della Chiesa? «Basterebbe ragionare, per comprendere che
non poteva essere contraria: se lo fosse stata, con l’autorità morale che
esercitava nel medioevo, in particolare sulle università, non avrebbe mai
permesso la nascita dell’anatomia. Né essa sarebbe sorta proprio in Italia,
cuore del papato e della Cristianità, e non, ad esempio, in Germania o in
Inghilterra, dove “l’insegnamento dell’anatomia sui cadaveri umani rimase
eccezionale almeno fino alla metà del Cinquecento”».
L’autore ricorda poi che ben
prima del capolavoro di Vesalius, papa Sisto IV nella De cadaverum sectione
(1472) dichiarava l’anatomia come “utile alla pratica medica e artistica”,
mentre nel Settecento Benedetto XIV avrebbe fornito un grande contributo alla
ceroplastica, invitando l’artista Ercole Lelli, in alleanza con l’Università di
Bologna, a produrre cere anatomiche a scopo didattico per supplire alla carenza
di cadaveri necessari per lo studio.
La lettura di molti dei primi
trattati di anatomia, inoltre, ci dice che gli stessi anatomisti erano
rispettosi credenti che mettevano in luce “il valore filosofico e quasi
teologico dell’anatomia” e ammiravano nel corpo “il tempio di Dio”. Basterà
citare il beato Niccolò Stenone - ottimo anatomista, che sarebbe divenuto il
padre della geologia -, che prima di iniziare la dissezione del cadavere di una
donna giustiziata, scriveva sul suo diario: “Questo è il vero scopo
dell’anatomia, che attraverso l’ingegnosa struttura del corpo l’osservatore sia
tratto ad afferrare la dignità dell’anima e di conseguenza attraverso i
miracoli del corpo e dell’anima impari a conoscere e amare il Creatore”.
Nella conclusione del saggio
Agnoli sottolinea che «la storia dell’anatomia ci ricorda che la scienza non è
di per sé neutra, autonoma, cioè svincolata dalla morale, in quanto se è vero
che l’anatomia è in sé buona, rimane illecito trafugare cadaveri o
vivisezionare persone in nome del progresso scientifico. Un messaggio attuale
per i dissezionatori di embrioni umani, per tutti i nuovi scienziati-stregoni
alla Mengele, che lavorano alla clonazione e alla manipolazione dell’uomo».
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