I rischi (che nessuno dice) della Fivet
Da circa sessant’anni, con Pio XII, la Chiesa si occupa di procreazione assistita. In genere si pensa che la Chiesa, oscurantista per definizione, sia contro il progresso per il semplice gusto di esserlo. In realtà non è affatto così, e diversi documenti, tra cui i recenti “Donum vitae” ed “Evangelium vitae” di Giovanni Paolo II, lo dimostrano. Oggi la ricerca scientifica aiuta a confermare pienamente la posizione ecclesiale.
Nella “Donum Vitae”, si accetta la procreazione assistita a tre condizioni:a) deve svolgersi all’interno di una coppia legata da un vincolo stabile, che generalmente è quello matrimoniale; b) deve essere effettuata con un comune rapporto sessuale, e non evitando il rapporto coniugale; c) non deve comportare interventi invasivi o rischi rilevanti a danno dell’embrione o del feto. Attualmente queste tre condizioni si verificano solo nella inseminazione artificiale tra marito e moglie conseguente a un rapporto sessuale. Ogni altro intervento che prevede una terza persona, o un danno all’embrione o al feto o alla madre, o che non preveda l’atto sessuale, è per la Chiesa inaccettabile. Da ciò derivano i sette motivi per cui la Chiesa è contraria alla Fertilizzazione in vitro con embryo transfer (Fivet): 1) l’insuccesso di questa metodica; 2) l’enorme spreco di embrioni; 3) l’alta abortività, dal momento che il successo è solo del 15-20%; 4) la frantumazione antropologica e affettiva del legame sessualità-procreazione; 5) la presenza di terze persone, nel caso di donatore di ovuli o di spermatozoi; 6) una più grande proporzione di malformazioni o di malattie congenite; 7) gli effetti economici degradanti, che non sono indifferenti.
E qui, arriviamo al nucleo della notizia di oggi. Davvero la Fivet ha questi effetti indesiderati che la Chiesa teme e per cui non l’accetta? A quanto pare, sì. La rivista scientifica «HEC Forum» è andata a leggere i commenti lasciati in forum specializzati di più di un centinaio di donne che si erano sottoposte alla Fivet ed è arrivata a questa conclusione: «La Fivet ha strette regole che lasciano le donne fisicamente ed emotivamente esauste. Il trattamento di Fiv può avere un tremendo impatto sulle donne: è un iter assai impegnativo dal punto di vista fisico con effetti di vasta portata sul benessere psicologico di una donna [...] oltre a causare rotture nel rapporto con il partner e nelle relazioni sociali». Spesso poi le donne si trovano sole in questo percorso perché in genere si pensa che la fecondazione artificiale sia una tecnica semplice e dai risultati garantiti. La speranza di riuscita invece è intorno solo al 15-20% (Istituto Superiore della Sanità).
Inoltre la stimolazione ovarica può provocare: distensione addominale; ciste ovariche; ingrossamento abnorme delle ovaie; nausea; vomito e diarrea; accumulo di trasudato nel peritoneo e nella zona della pleura; alterazione della respirazione; ipercoagulazione, che a sua volta può causare trombi; patologie neurotiche; cancro al seno e all’utero e, anche la morte (Nygren in “Human Reproduction” 2001). Tutto l’iter è così pesante che il 25% delle pazienti rifiuta un secondo tentativo. Ma neanche il nato da provetta è esente da rischi, tra cui il più frequente è la morte: poco più del6% degli embrioni vedrà la luce. In particolare la mortalità perinatale è 4 volte superiore alle gravidanze normali. La mortalità neonatale è il doppio rispetto alle gravidanze normali (Olivennes, “Human Reproduction” 2002). Secondo uno studio condotto in Belgio, infine, su 2995 nati tramite Fivet il 30% nasce prematuro e con gravi problemi di peso, necessitando nel 25% dei casi di cure intensive. I ricoveri ospedalieri neonatali sono 3 volte superiori. La sindrome di Beckwith-Wiedman, che provoca malformazioni e tumori, nei bambini nati da Fivet è 6 volte superiore. Se mettiamo insieme tutti questi rischi, risulta che il 56% dei nati tramite Fivet ha o avrà qualche patologia. Ecco i rischi (che nessuno dice) della Fivet.
Claudio Gnoffo
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