Il dopo-Todi e la Dottrina sociale di Marco Invernizzi, 28-10-2011, http://www.labussolaquotidiana.it
E adesso che cosa succederà dopo
tanto clamore attorno al forum svoltosi a Todi il 17 ottobre? Proviamo a
ricostruire sinteticamente. Alcune associazioni del mondo cattolico,
prevalentemente impegnate nel settore del lavoro (Acli, Mcl, Cdo, Cisl), dopo avere
steso un comune manifesto sulla buona politica nel mese di luglio, hanno
promosso un seminario a porte chiuse appunto svoltosi a Todi. La grande stampa
italiana, Corriere della Sera in testa, ha “caricato” l’avvenimento come se
rappresentasse la “grande svolta” politica dei cattolici italiani, pronti ad
abbandonare un preteso sostegno al governo Berlusconi per un nuovo governo
espressione di una nuova maggioranza.
Soltanto che per realizzare
questo obiettivo era necessario mettere in secondo piano i “principi non
negoziabili” rispetto ad altri valori, il lavoro per esempio, o la difesa della
Costituzione, più adatti a realizzare un possibile accordo culturale e politico
con le forze politiche di sinistra, notoriamente refrattarie ad accordarsi con
il mondo cattolico su temi quali la difesa della vita, la centralità della
famiglia o la libertà di educazione, che significa parità scolastica. Senonché
arriva a Todi ad aprire i lavori il Presidente dei vescovi italiani, card.
Angelo Bagnasco, con uno splendido e profondo discorso impostato sulla
centralità dei principi non negoziabili, qualificati come sorgivi e fondativi,
cioè premessa necessaria per qualsiasi discorso relativo al bene comune. E
questo avviene nello stesso giorno in cui il direttore del Corriere, Ferruccio
de Bortoli, invitato come relatore al forum, invita i cattolici in un
editoriale del suo giornale ad assumere una centralità politica proprio
rinunciando a insistere sui principi non negoziabili.
A noi della Bussola interessa
soprattutto questo aspetto del problema perché i principi non negoziabili
riguardano anzitutto il Magistero della Chiesa, in particolare quella dottrina
sociale della Chiesa indicata dal beato Giovanni XXIII come “parte integrante
della concezione cristiana della vita” nell’enciclica Mater et Magistra (n.
206). Certamente esistono anche evidenti conseguenze politiche e di
schieramento (non siamo così ingenui) come si è puntualmente verificato a Todi
al termine del Convegno, quando alcuni dei partecipanti hanno incontrato i
giornalisti per esprimere la loro contrarietà all’attuale governo e il
desiderio che si formi una nuova maggioranza e un nuovo governo, prescindendo
dal fatto che la maggioranza degli italiani aveva largamente voluto questa
maggioranza politica nelle ultime elezioni. Ma concentriamoci sull’aspetto
dottrinale del problema.
Come ha detto proprio a Todi il
card. Bagnasco, non si tratta di scegliere a caso fra tanti valori messi a caso
uno a fianco dell’altro, perché «la Dottrina Sociale della Chiesa non è un
insieme di argomenti slegati e chiusi, ma un corpo organico con un centro
vitale e dinamico che è la natura umana con i suoi dinamismi e le sue leggi».
La natura umana, dunque, è in gioco perché è contro di essa che si sta
verificando, da molto tempo, un pesante attacco culturale. «Sono in gioco,
infatti, - ha continuato il card. Bagnasco - le sorgenti stesse dell’uomo:
l’inizio e la fine della vita umana, il suo grembo naturale che è l’uomo e la
donna nel matrimonio, la libertà religiosa ed educativa che è condizione
indispensabile per porsi davanti al tempo e al destino. Proprio perché sono
“sorgenti” dell’uomo, questi principi sono chiamati “non negoziabili”».
Viene da chiedersi che cosa se ne
farà adesso di questi principi? Il discorso del cardinale verrà preso sul
serio? E se sì, che cosa ne sarà dell’evidente tentativo del Corriere della
Sera di fare mettere fra parentesi i principi non negoziabili per favorire
un’aggregazione di cattolici diversa, orientata a costituire altre alleanze
politiche? E chi ha organizzato Todi che cosa farà? Continuerà a promuovere un
modello di aggregazione che inevitabilmente tende a ridimensionare la
centralità dei principi non negoziabili? Oppure si renderanno conto che l’odio
ad personam nei confronti dell’attuale Presidente del Consiglio rischia di
offuscare la mente di chi non si rende conto che nel giudicare l’operato delle
persone pubbliche non si deve privilegiare il comportamento privato, per quanto
immorale possa essere, ma si deve guardare anzitutto ai risultati legislativi,
quelli che soprattutto influiscono sul bene comune.
Da questo punto di vista c’è poco
da stare allegri, se sull’ancora più diffuso settimanale cattolico, Famiglia
Cristiana, il direttore risponde ai lettori, il 19 ottobre, lamentando che la
maggiore tolleranza dei cattolici praticanti nei confronti del malcostume
politico (cioè la tolleranza verso i comportamenti di Berlusconi, l’ossessione
di certi cattolici) è il risultato dell’ignoranza della dottrina sociale: «Se
c’è una maggiore tolleranza dei cattolici praticanti del malcostume personale e
politico, c’è da chiedersi come mai la Dottrina sociale della Chiesa intercetta
così poco i credenti praticanti». E se invece i cattolici fossero indulgenti
proprio perché intuiscono che i principi della dottrina sociale vengono prima
dei comportamenti privati?
Se i cattolici intuissero che è
meno grave comportarsi male la sera a casa propria piuttosto che firmare leggi
abortiste, come i ministri democristiani hanno fatto con la legge 194, o proporre
l’equiparazione alla famiglia delle coppie di fatto e omosessuali, come fece il
ministro Rosy Bindi con i Dico e con lei il Partito democratico? E se fosse
questo il modo di esercitare la misericordia tanto invocata e poco praticata,
che consiste nel non giudicare gli altri quando sbagliano, ma nel pregare per
la loro conversione, soprattutto quando veniamo a conoscenza dei comportamenti
privati di un capo di governo solo perché contro di lui è stata imbastita la
più dispendiosa e odiosa campagna di intercettazione personale che si conosca?
Forse è venuto il tempo di
studiarla e promuoverla davvero questa benedetta Dottrina sociale della Chiesa,
insieme organico di principi che ci aiutano a non dividere la fede dalla vita e
a portare Cristo nella storia degli uomini, per realizzare un mondo migliore
per mezzo di ciò che il decreto sul laicato del Concilio Vaticano II ha
chiamato l’«animazione cristiana dell’ordine temporale».
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