Avvenire.it, 26 ottobre 2011 – PAKISTAN - «Violentate e costrette a
convertirsi»
Sidra, Tina, Samina, Shazia... La
lista è spaventosamente lunga. Ogni anno si aggiungono 700 nuove caselle in cui
si susseguono i nomi, i luoghi, le date. Episodi diversi, intrecciati dallo
stesso orrore.
Queste donne hanno in comune
un’esperienza tremenda: il rapimento, lo stupro selvaggio, l’intento di
“normalizzare l’abuso” con un matrimonio forzato. E chi evita quest’ultimo
sopruso, deve affrontare la tragedia di vivere nello stesso villaggio col suo
aggressore: quasi mai il responsabile viene arrestato e condannato.
In Pakistan, gli abusi contro i
cristiani – specie se donne – da parte dei musulmani sono un crimine
“invisibile”. Anzi, gli stupri sistematici di ragazzine cristiane sono una
strategia pianificata degli integralisti per costringerle a sposare un islamico
e, dunque, convertirsi alla fede musulmana. Un caso di “pulizia religiosa”, per
usare un termine forte.
A denunciarlo, in un lungo e
dettagliato rapporto, è l’Asian Human Rights Commission (Ahrc), organizzazione
indipendente con sede a Hong Kong che raggruppa giuristi e attivisti per i
diritti umani. Le cifre contenute nello studio sono allarmanti: sono settecento
i casi rilevati ogni anno. Molti di più quelli di cui non si hanno notizie.
L’ultimo dramma è avvenuto appena due settimane fa, il 12 ottobre. Zubaida
Bibi, un’inserviente cristiana impiegata nella fabbrica di un islamico, è stata
aggredita dal suo principale.
Zubaida ha cercato di opporsi,
per questo l’uomo l’ha sgozzata e lasciata a morire in un bagno di sangue.
L’impunità, oltre a favorire il perpetuarsi dei crimini, produce un effetto
ulteriore. Secondo l’Ahrc, le violenze «compromettono la convivenza tra fedi
diverse a causa della totale assenza dello Stato di diritto» e diventano alla
fine un ulteriore elemento di discriminazione verso le minoranze.
L’organizzazione sottolinea come
«nessuno, all’interno del sistema giudiziario e nella polizia e perfino nel
governo ha il coraggio di fare fronte alle minacce dei gruppi fondamentalisti
islamici». Inoltre, prosegue il rapporto, «la situazione è resa peggiore
dall’atteggiamento della polizia che si schiera sempre dalla parte dei gruppi
islamici e tratta le minoranze come forme inferiori di vita».
Neppure nella provincia del
Punjab, quella culturalmente più emancipata e religiosamente più varia, le
cristiane sono tutelate. Anzi, proprio qui si registrano i casi più conosciuti
di discriminazione che hanno al centro la diversità religiosa, l’arretratezza
socio-economica delle minoranze e la difesa ad oltranza di strumenti giuridici
nei fatti discriminatori, come la “legge antiblasfemia”.
Per una sua interpretazione
parziale è stata condannata a morte Asia Bibi, ora in carcere in attesa
dell’appello.
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