Il divieto europeo di brevettare cellule embrionali umane - Una
sentenza per la dignità della persona - Augusto Pessina, 20 ottobre 2011, http://www.osservatoreromano.va
La sentenza emessa martedì 18
dalla Corte di giustizia europea sulla non brevettabilità di cellule e linee
cellulari ottenute da embrioni umani è finalmente arrivata nei termini che in
molti hanno auspicato.
La sentenza è sottile ma chiara.
Essa afferma che è possibile un brevetto che pur riguarda l’uso di embrioni
umani se l’invenzione ha scopo diagnostico o terapeutico riguardante l’embrione
stesso in questione. Al contrario non può essere oggetto di brevetto se la sua
utilizzazione riguarda fini di ricerca scientifica. La Corte precisa inoltre
che i procedimenti che prevedono il prelievo di cellule staminali da embrioni
umani nello stadio di blastocisti — raggiunto cinque giorni dopo la
fecondazione — e ne comportano la distruzione non possono comunque essere
brevettati. In conclusione la Corte non interviene sulla possibile creazione e
successiva soppressione di embrioni umani, ma impedendone il brevetto pone un
importante baluardo a queste procedure.
Questa sentenza era attesa per il
maggio scorso e, a quel tempo, non sono mancati tentativi di influenzarne il
giudizio. Infatti sulla rivista «Nature» del 28 aprile un appello firmato da
Austin Smith del Wellcome Trust Center di Cambridge e da alcuni suoi colleghi
(in Italia era sostenuto da Unistem dell’università di Milano), — aveva avviato
il dibattito con lo scopo di forzare la decisione della Corte nel senso di
autorizzare la possibilità di brevettare cellule embrionali umane. In quel
documento si sosteneva che le cellule staminali embrionali sono solo linee
cellulari e non embrioni. Ma lo stesso documento ometteva deliberatamente di
dire che queste linee sono derivate dalla distruzione di embrioni umani, esseri
umani in via di sviluppo, definiti «surplus di ovociti fertilizzati in vitro»
(sic!). Esistono già centinaia di queste linee (qualcuno sostiene migliaia),
molte delle quali brevettate negli Stati Uniti.
La sentenza della Corte si deve a
una serie di avvenimenti che hanno preso origine da un ricorso presentato in
Germania. A sollevare il caso contro la brevettabilità è stata Greenpeace, che
nel 1999 ha impugnato il brevetto del professor Oliver Brustle, ora
all’università di Bonn, il quale nel 1991 aveva ottenuto il brevetto di una
procedura per produrre cellule neurali derivate da cosiddette cellule staminali
embrionali umane di una linea cellulare stabilizzata e commercialmente
disponibile. Nel ricorso Greenpeace sosteneva che il brevetto violava la
convenzione europea brevetti (Epc 1973) che vieta il brevetto di invenzioni
«contrarie all’ordine pubblico e alla moralità».
Nel 2006 la Corte federale
tedesca di Monaco ha accolto questa denuncia e le ragioni date da Greenpeace.
Di conseguenza, Brustle ha opposto ricorso davanti alla Corte di giustizia
europea.
Il 10 marzo scorso l’avvocato
generale della Corte, Yves Bot, ha inviato una nota ufficiale alla Corte stessa
ribadendo alcuni criteri che riteneva fondamentali da tenere in considerazione
per votare una decisione definitiva, criteri che, da quanto risulta, sono stati
accolti.
In questo interessante documento,
che ha creato agitazione tra molti ricercatori, si ribadivano tre fondamentali
principi: le cellule al primo stadio di un corpo umano in sviluppo devono
essere classificate come embrioni e quindi non brevettabili; tale definizione
riguarda sia ovociti cui venga trapiantato un nucleo da cellula matura
(clonazione) sia cellule ottenute da ovociti per stimolazione (partenogenesi);
anche lo stadio di blastocisti deve essere classificato come embrione.
Come ha sostenuto l’avvocato
generale, il principio di dignità umana della direttiva 98/44 che «vieta l’uso
di embrioni umani per scopi commerciali e industriali» è un principio da
applicare non solo a una persona umana adulta e a un neonato, ma anche al corpo
umano fino dal suo primo stadio di sviluppo. Quindi anche le cosiddette cellule
staminali embrionali — che pure non sono in grado individualmente di produrre
un essere umano completo, come le cellule che ha utilizzato Brustle — devono
essere sottoposte alle stesse regole, in quanto non possono essere ottenute
dalla blastocisti senza distruzione della stessa, e quindi senza distruzione
dell’embrione umano.
La sentenza sembra avere accolto
in pieno questi principi. Speriamo soltanto che duri.
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