Le cellule del cuore «riparano» i danni causati dall’ischemia - Uno
studio italiano sui topi, finanziato dal Ministero della Salute, rivela come sia possibile ottenere staminali in grado di ridifferenziarsi in cellule cardiache, di Alessandra Turchetti,
Avvenire 23 febbraio 2012
Dai cardiomiociti, le cellule del
cuore, è possibile ottenere staminali in grado di ridifferenziarsi in cellule
cardiache battenti. È quanto dimostra la ricerca dell’Istituto di biologia
cellulare e neurobiologia del Consiglio Nazionale delle ricerche (Ibcn-Cnr) di
Roma e l’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico MultiMedica di Milano
coordinata da Roberto Rizzi e Claudia Bearzi, appena pubblicata sulla rivista
Cell Death and Differentiation. Attraverso l’introduzione di geni fetali in cardiomiociti
postnatali di topo, le cellule regrediscono a uno stato embrionale. Tali
cellule pluripotenti indotte riescono a ridiventare cardiomiociti contrattili
con più facilità rispetto ad altre staminali, e tale memoria a livello
molecolare sembra dipendere da pochi geni.
Questa ritrovata capacità
differenziativa potrebbe essere sfruttata in caso di danno ischemico cardiaco,
come per esempio nell’infarto, impedendo la formazione di tessuto cicatriziale,
ma la strada per l’applicazione clinica è ancora lontana. «Abbiamo lavorato su
cardiomiociti di topo – spiega Roberto Rizzi – trasformandoli in staminali
pluripotenti indotte (iPS) con l’introduzione mediante vettore virale di tre
geni embrionali. La tecnica è stata affinata perché le cellule cardiache non
sono facilmente modificabili ma il vantaggio immediato della ricerca è quello
di aver creato dei modelli in vitro delle varie patologie cardiache da poter
studiare. Ad esempio, per la funzionalità di nuovi farmaci o lo stesso
meccanismo di proliferazione che le contraddistingue».
La ricerca è stata finanziata dal
ministero della Salute nell’ambito del programma «Giovani ricercatori» ed è
stata supportata da collaborazioni con altre istituzioni italiane. «Non sono molti
i centri che lavorano sulle iPS in Italia perché questo tipo di indagine è
molto costosa», aggiunge Rizzi. «L’esperienza all’estero rimane centrale». Le
terapie cellulari in ambito cardiologico erano state finora frenate dalla
difficoltà di reperire una buona fonte di cardiomiciti funzionanti. La
strategia utilizzata nello studio ha invece permesso di ottenere risultati migliori
rispetto all’indagine sulla specializzazione in senso cardiaco delle varie
staminali ematopoietiche, mesenchimali o endoteliali finora testate e
permetterà l’esecuzione in vitro di screening e ricerche sulle patologie che
affliggono il cuore.
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