DIVORZIO BREVE/ Risé: una legge che rende "schiavi" i nostri
figli - INT. Claudio Risé, venerdì 24 febbraio 2012, http://www.ilsussidiario.net
DIVORZIO BREVE. Ciò che
tradizionalmente si intende definire “società” assume via via la parvenza di un
pulviscolo indifferenziato. Le forme relazionali che di consueto si
instauravano tra le persone sono, sempre più spesso, sostituite da temporanei e
quasi accidentali interscambi tra singoli. Come leggere, altrimenti, l’ennesimo
passo del Parlamento italiano nella direzione di favorire sempre di più non
tanto la famiglia, quando chi ne ha una e vuole disfarsene? Ieri, infatti, la
Commissione Giustizia della Camera ha completato l'esame degli emendamenti
sulla proposta di legge relativa al divorzio breve. Tutte le correzioni sono
state ritirate, salvo quella del relatore Maurizio Paniz che prevede la
riduzione a un anno per il periodo di separazione prima di ottenere il divorzio
(ora è di tre) mentre sarà di due anni in caso della presenza di figli minori.
Cosa sta succedendo all’Italia (e al mondo)? Lo abbiamo chiesto a Claudio Risé.
Come interpreta la decisione
della Commissione?
Mi sembra che la società
occidentale si sia incamminata ormai da tempo, almeno dagli anni 70, sulla
strada della precarietà dei rapporti tale per cui il rapporto breve viene
reputato pratica normale, mentre quello di chi decide di impegnarsi per tutta
la vita è valutato eccezionalmente.
E’ una posizione generalizzata?
Basta osservare la crescita dei
divorzi che, seppur con delle variabili di Paese in Paese, è comune a tutto
l’Occidente. Vi è, del resto, la tendenza prevalente ad agevolare i legami
instabili a scapito di quelli duraturi.
La politica, in tal caso, registra
una esigenza o la determina?
Le leggi - così come l’induzione
provocata dai media - sono scritte anticipando le richieste di separazione e
divorzi e, di conseguenza, le hanno provocate. La tendenza prevalente ad
agevolare i legami instabili a scapito di quelli duraturi è stata una scelta
ben precisa dei legislatori occidentali.
Quali effetti si riversano sulla
società?
Abbiamo evidenze abbastanza ampie
di disagi che coinvolgono, specialmente, i bambini, ma anche gli adulti. Vi è
una variegata documentazione di tipo sociologico, psichiatrico, psicologico e
clinico. Benché non vi siano statistiche globali dedicate, in grado di
stabilire una correlazione specifica, disponiamo di una serie di studi,
specialmente a livello nazionale e, soprattutto, provenienti dagli Usa, che ci
consentono di indurre tale relazione tra legami deboli e patologie.
Ci spieghi meglio.
Sappiamo, ad esempio, che i figli
cresciuti in famiglie senza padri sono in testa a tutte le classifiche di tutti
i disagi psichici possibili. E che al moltiplicarsi dei legami deboli le
malattie psichiatriche di ogni genere, dalle nevrosi alle psicosi, sono
aumentate.
In sostanza, al di là delle
patologie, indebolire i legami ha reso la gente più soddisfatta?
Non possiamo affermare “al di là
delle patologie”. Quando esse diventano così diffuse, quando, ad esempio, l’Oms
ci comunica che, entro il 2020, un quarto della popolazione mondiale sarà
affetta da disturbi di questo genere, la patologia diventa modalità d’essere,
non più relegabile alle casistiche cliniche.
Il matrimonio, laico o religioso,
ha sempre rappresentano una tra le principali dimensioni di realizzazione di sé
nel tempo. Tolta la caratteristica della durata temporale, cosa rimane?
La realizzazione di sé, oggi, è
intesa in maniera essenzialmente individualistica; non solo dal punto di vista
del matrimonio ma anche da quello degli altri legami sociali. La civiltà
occidentale è fortemente de-socialitzzata, tutti i legami prevalenti, quali la
famiglia, il quartiere, il gruppo, sono indeboliti. Di conseguenza i soggetti
(sempre più individualizzati, cioè soli), tendono a individuare il proprio
compimento nel successo economico, nella carriera, o nell’immagine che danno al
mondo di sé. La coppia, intesa come modello provvisorio, è indicativa, quindi,
di un nuovo modello sociale che è sempre più incline all’atomizzazione degli
individui.
(Paolo Nessi)
© Riproduzione riservata.
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