Se una pianta resuscita dopo 30mila anni di Simonetta Caminiti - 22
febbraio 2012, http://www.ilgiornale.it
Ha dormito in una bara glaciale
per molti anni. Non dieci, non venti: molto più di un secolo. A dirla tutta, è
stata nascosta al mondo per 32.000 anni.
Uno scoiattolo in Siberia
nordorientale potrebbe averla conservata, a 38 metri di profondità da una
piccola feritoia della sua terra artica: preservandola senza saperlo
dall'invecchiamento, e ghiacciando la sua bellezza selvatica, candida come la
neve, fino ad oggi.
Il nome di battesimo dei suoi
semi è Silene Stenofylla. È una scoperta russa, ma il conclave degli scienziati
si concede del tempo per esaminare a fondo questo fenomeno che, se confermato,
sarebbe la scoperta della forma vivente più antica al mondo. Non solo. Potrebbe
essere l'inizio di ricerche di forme di vita estinte per le quali il permafrost
(cioè il congelamento del terreno tipico delle zone artiche) avrebbe consentito
le stesse condizioni di rinascita: una temperatura stabile di 7 gradi sotto lo
zero, che ha mantenuto le «potenzialità vitali» della pianta, poi stimolate in
laboratorio a 32 millenni dalla scomparsa. Ma il culmine della scoperta è che
il piccolo genio dello scoiattolo, artefice di questo «sonno protetto»,
potrebbe aver lasciato traccia: e se quel bunker di vita e mistero celasse
anche un tessuto del roditore - come assicura lo scienziato Stanislav Gubin -
il passo da lui al mammuth potrebbe essere breve. La ricerca di Gubin, pubblicata
da Proceedings of the National Academy of Science, spiega che «gli scoiattoli
scavavano nel ghiaccio per costruire tane della grandezza di un pallone da
calcio. Vi deponevano della paglia e i propri peli: un deposito praticamente
perfetto».
Intanto questo piccolo fiore
bianco surclasserebbe per longevità la pianta che detiene il record: una palma
da dattero, cresciuta da un seme di 2000 anni recuperato in una fortezza di
Masada, in Israele. Due, invece, i casi affascinanti ma poi screditati: uno
riguardava del grano coltivato da semi di antiche tombe faraoniche; l'altro,
una specie di lupini germinati da semi di 10.000 anni, riposti con cura, pure
questi, nella tana di un roditore e riportati in superficie da un cercatore
d'oro nello Yukon. Una datazione con radiocarbonio decretò che erano stati
contaminati: metodo affinato col genoma di Neanderthal.
Ma i frutti di Silene Stenofylla
hanno già riservato sorprese. Dapprima si era tentato di farli germinare, ma
senza successo; altre parti invece (definite non a caso «tessuto placentale»)
hanno prodotto nuove piante. Merito degli zuccheri contenuti in questi
elementi, tanto efficaci per la conservazione. Secondo Svetlana Yashina, a capo
di quest'opera di resurrezione, «la pianta è fertile, genera fiori e semi vitali».
E, se nella stessa zona un team di ricercatori giapponesi è impegnata da anni
nel recupero di antichissimi pachidermi (e ghiotta di scoperte sul mammuth),
l'Accademia russa si dichiara agguerrita: «La terra è nostra. Cercheremo di
arrivare per primi». Un agone di ingegno e rapidità, insomma, puntato verso
questi occhi pallidi che si riaprono sul mondo, dopo un sonno millenario: un
disgelo dalla bambagia fredda che ha cullato, in silenzio, la storia e
l'eternità di quello che un tempo era un fiore tra tanti.
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