Transgender: in Nuova Zelanda non si accetta la realtà della natura
umana, Corrispondenza romana 1231, Bioetica, 29 febbraio 2012, http://www.corrispondenzaromana.it
(di Gianfranco Amato) Uno dei
limiti più deleteri dell’ideologia che si ispira alla political correctness è
costituito da quella esasperata componente soggettivista che riesce a
relativizzare la realtà, per cui quest’ultima non è mai come oggettivamente
appare, ma come ogni singolo individuo decide che sia.
E’ accaduto in Nuova Zelanda,
dove la società australiana produttrice di assorbenti Libra ha avuto la
malaugurata idea di promuovere una pubblicità televisiva, nella quale cui sono
state evidenziate le naturali differenze fisiche tra una donna ed un
transessuale.
Inevitabile l’accusa di sessismo
e transfobia, con conseguente fatwa da parte della suscettibile comunità LGBT.
Invitabile anche l’immediato ritiro della reclame incriminata. Quale fosse la
bestemmia è presto detto. Si tratta di uno spot pubblicitario – criticato a
cominciare dal titolo Libra gets girls (Libra rende donna) –, in cui appaiono,
davanti allo specchio di un bagno pubblico, una ragazza e un transessuale che
si accingono a truccarsi.
Tra le due figure si ingaggia una
sorta di sfida, a colpi di trucco e mascara, per dimostrare chi di esse fosse
più femminile, fino a quando la ragazza
– provocata dall’esibizione del seno prorompente del trans – tira fuori dalla
borsetta un assorbente. A quel punto la battaglia è impari, ed il transessuale
deve abbandonare il campo sconfitto.
A nome della comunità transgender
neozelandese prende la parola la attivista Cherise Witehira, che si incarica di
condannare senza appello la pubblicità, in quanto pretenderebbe di far passare
«l’idea offensiva che l’unico modo per essere fisicamente donna è quello di
avere un apparato riproduttivo sessuale, con tanto di ciclo mestruale».
Evidentemente una donna non è come natura crea, ma come ciascuno decide che
sia. (Gianfranco Amato)
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