Newsletter n.392 |
2012-02-21 - Osservatorio Internazionale
Cardinale Van Thuân sulla Dottrina sociale della Chiesa - Obiezione di
coscienza. Le conclusioni del III Simposio nazionale dell’ANDOC. Siviglia,
10-11 novembre 2011 di Chiara Mantovani, http://www.vanthuanobservatory.org/
Un documento
poco conosciuto, ma importantissimo, significativo anche perché è frutto di una
riflessione attenta e coraggiosa in un Paese, la Spagna, che negli ultimi anni
ha visto una progressiva accentuazione del piano inclinato verso la deriva
soggettivista e relativistica in campo etico, è la Dichiarazione finale del III
Simposio Nazionale “Medicina del secolo XXI: Deontologia vs Ideologia”,
organizzato dall’ANDOC (Asociación para la Defensa del Derecho a la Objecíon de
conciencia”), svoltosi a Siviglia il 10 e 11 novembre 2011.
Merita di essere
sottolineato il rifiuto alla proposta della creazione di registri
amministrativi degli obiettori, che ancor più relegherebbero i medici in una
sorta di elenco dei “non allineati”, e alla obbligatorietà da parte del medico
a fornire alla donna le informazioni di dove possa effettuare un aborto
volontario: questo costituirebbe infatti una collaborazione indiretta, eppure
efficace, ad un aborto. Si rifletta, a questo proposito, sulle problematiche
relative alla prescrizione di abortivi precoci o chimici che già si affacciano
in Italia. Un medico obiettore, infatti, oggi nel nostro Paese ha grandi
difficoltà ad esercitare il suo diritto a non collaborare a queste modalità
abortive che, realizzandosi anche tramite una ricetta da parte del medico di
base, vengono spesso spacciate come doveri prescrittivi. Qui la valutazione
professionale sarebbe del tutto mortificata, il medico si troverebbe ad agire
come mero esecutore delle richieste della paziente (e talora, addirittura, di
terzi che le richiedessero a nome della donna: genitori, mariti, conviventi).
Altrettanto
importante è l’appello ad una maggiore collaborazione tra le associazioni
professionali nei vari campi coinvolti nella difesa della vita e, si potrebbe
aggiungere, anche in campo internazionale: il traguardo della recuperata
consapevolezza che la morte, comunque la si voglia chiamare, non fa parte del
bagaglio terapeutico è raggiungibile se tutte le competenze (mediche,
giuridiche, filosofiche) sapranno coordinarsi e contribuire, nel campo loro
proprio, alla costruzione di un’autentica, fondata e convincente “cultura della
vita”, poiché nessuna legge - nemmeno la migliore - può immaginare da sola di
imporre comportamenti virtuosi.
È doveroso un
sentito ringraziamento agli amici spagnoli dell’ANDOC (www.andoc.es): le loro
coraggiose conclusioni, al termine di un congresso di grande spessore
scientifico ed etico, sono una testimonianza preziosa del lavoro importante che
è possibile realizzare collaborando tra diverse competenze, con spirito di
autentica ricerca del bene comune.
Conclusioni del III
Simposio nazionale dell’ANDOC
(Asociación
para la Defensa del Derecho a la Objecíon de conciencia)
Siviglia, 10-11 novembre
2011
1. L’obiezione di coscienza, in quanto
diritto fondamentale riconosciuto dal nostro Tribunal Constitucional, non
dovrebbe avere bisogno di alcuna regolamentazione giuridica per essere
esercitato dal personale sanitario (medici, farmacisti, infermieri, assistenti
sociali ecc.) dato che riguardano l’inizio e la fine della vita e la libertà
professionale. In coerenza con questo presupposto, manifestiamo la nostra
opposizione alla creazione dei registri amministrativi degli obiettori di
coscienza e rinnoviamo la nostra disponibilità a rimanere a disposizione del
personale sanitario che abbisogni di aiuto in questo campo.
2. Le ideologie politiche non devono
interferire nella libertà del personale sanitario, nella relazione tra medico e
paziente e, in generale, nell’assistenza sanitaria alla popolazione.
3. Il Codice di Deontologia medica, recentemente
approvato, nonostante contenga principi e guide pratiche di indubbio valore e
affermi apertamente il diritto all’obiezione di coscienza, contiene punti
ambigui, che andrebbero chiariti mediante una adeguata interpretazione da parte
di organismi collegiali e, in particolare, della Commissione Centrale di
Deontologia. Ci riferiamo, in modo speciale, agli articoli 7 (concetto di
azione medica) e 55 (obiezione di coscienza all’informazione relativamente
all’aborto).
4. Il diritto all’informazione è di
fondamentale importanza nella relazione medico-paziente, però nel caso
particolare dell’aborto, non si può dimenticare che per la normativa vigente la
pratica dell’aborto è un processo unitario che comprende informazione, rilascio
di documenti, invio ad un Centro stabilito ed eventuale realizzazione
dell’aborto. Un medico che operi in conformità con la sua scienza e la sua
coscienza sarebbe sufficiente che informasse la paziente, all’interno delle
norme sul consenso libero e informato, della natura clinica dell’aborto, «delle
prestazioni sociali alle quali la paziente avrebbe diritto nel caso proseguisse
la gravidanza e dei rischi fisici e psichici che ragionevolmente potrebbero
derivare dalla sua decisione» (art. 55,1 nuovo Codice), senza essere obbligato
ad informare su come e dove si realizzano gli aborti.
5. L’ANDOC invita il personale sanitario a
partecipare attivamente alle Commissioni Deontologiche dei rispettivi Collegi.
6. Siamo per la promozione di adeguate
politiche di prevenzione sanitaria, non ideologiche ma fondate scientificamente,
per quanto riguarda le malattie da trasmissione sessuale e, in modo speciale, nei
riguardi dell’uso della “pillola del giorno dopo”; che partano dai principi
indicati nel nuovo Codice di Deontologia Medica e negli articoli 12, 13 e 14 del
Codice di Edita e Deontologia Farmaceutica. Dati i dubbi scientifici sul
meccanismo di azione della pillola e sui suoi effetti per la salute, specialmente
nelle giovani, si dovrebbe considerare quanto indicato nell’articolo 25, 2 e 3 del
Codice Deontologico: «2.‐ Il medico deve dare al paziente consigli leali e
competenti in modo che assuma le proprie responsabilità in materia di salute, comprese l’igiene e la
promozione di azioni preventive di provato valore. Lo informerà del rischio che
certi comportamenti possono comportare per la salute. 3.‐ La promozione di azioni
preventive è deontologicamente corretta solo quando hanno un valore scientifico
comprovato».
7. Ci impegniamo a promuovere azioni
congiunte e coordinate tra le associazioni professionali e gli organismi pro
vita per far sì che le raccomandazioni e le risoluzioni degli organismi
internazionali siano maggiormente in
accordo con il rispetto della vita. In particolare continueremo ad operare
affinché venga riconosciuto a livello internazionale lo statuto dell’embrione
umano.
8. Continueremo a far conoscere in modo
più chiaro al personale sanitario che devono far rispettare il loro diritto
all’obiezione di coscienza e che possono contare su strumenti giuridici per
difenderlo .
9. Nelle circostanze attuali è
particolarmente necessario affermare la dignità dei malati e degli anziani che
si trovano nella fase finale della vita, riconoscendo e garantendo, mediante
gli opportuni mezzi legali, il diritto a cure palliative di qualità e
l’assistenza di personale specializzato.
10. Rispetto alla futura politica
socio-sanitaria che si realizzerà in Spagna, ribadiamo la necessità di
incentivare le politiche di sostegno alla maternità e di assistenza alle donne
in gravidanza a rischio; garantire la protezione legale della vita dei “nascituri”,
come indica il Tribunal Constitucional, e, in questo senso, cercare di abolire
qualche legge o disposizione che consacra l’aborto come diritto o come
soluzione terapeutica.
(Traduzione dallo spagnolo di
Benedetta Cortese)
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