Quelle Clausole anti Gravidanza che colpiscono la Donna e la Famiglia
di Mario garofalo - Corriere della Sera, 24 Febbraio 2012
Le decine di segnalazioni di
lettori e lettrici del Corriere al blog della «27a ora» dicono che la «clausola
gravidanza» non è un caso limitato alla Rai, che in tante aziende italiane
l'attesa di un bambino diventa «giusta causa» di allontanamento per donne
precarie. La particolarità della tv di Stato (e, a quanto pare, di alcune altre
società) sta nel fatto di averlo dichiarato per iscritto, in barba ai diritti
costituzionali e al buonsenso. Se una lavoratrice rientra nei «casi di
malattia, infortunio, gravidanza» l'azienda può decidere di «sciogliere il
contratto di diritto, senza alcun compenso o indennizzo a suo favore».
Si tratta, formalmente, di
contratti di consulenza, quelli che si firmano con grandi professionisti,
avvocati, ingegneri, professori universitari, portatori di competenze non
presenti nel personale dipendente. Che senso ha allora precisare tutte quelle
cose sulla maternità? Mica un legale di successo deve garantire la sua presenza
otto ore al giorno. E, se perde un cliente, ne ha altri. Viene il sospetto, allora,
che la clausola nasconda una sorta di lapsus, che ci sia confusione tra
consulenti e lavoratori dipendenti. Che sono dei «contraenti deboli» e
meriterebbero ben altre tutele secondo le nostre leggi.
L'errore della Rai, per fortuna,
è stato corretto, i sospetti in parte fugati. Ma resta il problema delle tante
aziende italiane che vivono con fastidio le madri e stipulano contratti fasulli
per poterle mettere alla porta appena minacciano di assentarsi, nonostante la
paga, in quei mesi, competa agli istituti di previdenza. Per non dire di quei
cacciatori di teste che nei colloqui rivolgono la domanda illegittima: «Pensa
di mettere su famiglia?».
Come se la gravidanza fosse un
evento soltanto delle donne. Far crescere i bambini, istruirli ed educarli, proteggere
la nascita delle famiglie, è invece nell'interesse di tutti. Non lo dice una
«pericolosa» femminista, è scritto nella nostra Costituzione.
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