Irlanda, qualcuno rema contro la vita di Tommaso Scandroglio, 01-03-2012,
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Il 22 febbraio scorso Clare Daly,
esponente del Partito Socialista, ha presentato alla Camera Bassa del
Parlamento irlandese un disegno di legge dal titolo: “Interruzione di
gravidanza in caso di rischio per la vita della gestante”. Finora soltanto sei
membri della Camera hanno apertamente appoggiato il disegno di legge che quindi
certamente non passerà al voto del 18 e 19 aprile prossimi. Per quale motivo?
Perché in Irlanda è già consentito abortire in stato di necessità, cioè se c’è
pericolo per la vita della donna.
E’ quanto mai intuitivo che anche
lo stesso Daly è a conoscenza che la sua proposta è sostanzialmente una
fotocopia della normativa già vigente, ma ha deciso ugualmente di portarla in
Parlamento al fine di riaccendere la discussione sull’aborto proprio in
occasione della recente costituzione del Gruppo dei 14 saggi avvenuta il 13
gennaio scorso. Chi sono questi 14 saggi?
Il 16 dicembre 2010 la Corte
Europea dei Diritti dell’uomo (CEDU) si era pronunciata sul caso di tre donne
che erano state “costrette” ad andare in Inghilterra ad abortire perché in
Irlanda l’aborto è vietato. Infatti la Costituzione irlandese all’art. 40,
terzo comma, afferma: “Lo Stato riconosce il diritto alla vita del bambino non
nato e, con la dovuta considerazione per il pari diritto alla vita della madre,
garantisce nelle sue leggi il rispetto, e nella misura del possibile, tramite
le sue leggi, la difesa e la rivendicazione di tale diritto”. Quindi come si
accennava poc’anzi l’unico caso contemplato per accedere alle pratiche abortive
è quello in cui la madre rischia la vita nella prosecuzione della gravidanza.
Come si pronunciò la Corte? In
modo ambiguo. Da una parte affermò che la Convenzione Europea dei Diritti Umani
non sancisce un “diritto umano all'aborto”, ma dall’altra accolse il ricorso di
una delle tre donne la quale era stata ammalata di tumore e temeva che la
gravidanza potesse far ritornare il male. Un caso che secondo i giudici poteva
rientrare nell’unica ipotesi prevista per abortire dal governo irlandese.
La Corte non si fermò qui ma andò
oltre. Trovandosi intrappolata tra l’incudine della Costituzione irlandese
fortemente pro-life e il martello delle sirene europee pro-choice invitò
caldamente il governo irlandese a chiarire meglio le modalità attraverso cui
una donna potrebbe abortire nel caso in cui fosse in pericolo di vita. Oltre a
ciò si aggiunse anche l’uscita dello svedese Thomas Hammarberg, commissario dei
diritti umani per il Consiglio d’Europa, il quale nel giugno del 2011 invitò
anche lui il governo ad essere “più coraggioso” chiarendo meglio le modalità e
i tempi attraverso cui le donne potevano ricorrere all’aborto.
Ovviamente la pressione europea
non mira tanto alla specificazione più dettagliata della legislazione vigente
in materia di aborto, dato che questa in buona sostanza lo vieta, ma persegue
lo scopo di rendere meno restrittiva la normativa attuale.
Al fine di assecondare le
direttive della CEDU il ministro della Salute James Reilly costituì lo scorso
mese un’equipe di 14 saggi perché stili una sorta di linee guida per le donne
che vogliono abortire paventando un pericolo di morte. Quello che preoccupa è
l’orientamento di alcuni suoi membri. Il presidente del Gruppo è il giudice
Seàn Ryan, già presidente del Child Abuse Commission, organo che ha avuto il
compito nel 2009 di indagare su casi di abusi a danno di minori perpetrati
all’interno di ambienti cattolici e su il cui operato si sono addensate serie
critiche dato che l’intento palese era stato quello di portare alla sbarra non
tanto i singoli colpevoli ma la Chiesa d’Irlanda nella sua interezza. Poi c’è
Deidre Madden la quale ha sostenuto apertamente che “l’embrione non è ancora
persona”. Infine Ailish Nì Riain che ha definito i nascituri “contenuti
dell’utero”.
Insomma niente di buono c’è da
aspettarsi dal report di questa commissione: il rischio molto probabilmente
sarà quello di allargare le attuali maglie della legislazione irlandese in
materia di accesso all’aborto.
Ecco allora che il disegno di
legge di matrice socialista mira solo a non far scemare l’attenzione
massmediatica sui lavori di questa commissione che entro agosto dovrà fornire
un suo responso al governo, parere non vincolante ma sicuramente capace di
influenzare le coscienze di molti parlamentari e di molti cittadini.
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