Vaccino anti-Hpv, un’iniezione e tante domande di Emanuela Vinai, La
prevenzione del virus che causa il cancro al collo dell’utero passa per tre dosi
alle ragazze tra gli 11 e i 12 anni Perché occorre anticipare il primo rapporto
sessuale Ma qui il farmaco intercetta anche
il ruolo educativo delle famiglie,
Avvenire, 22 marzo 2012
Dopo sette anni torna il Piano nazionale
vaccini che prevede la somministrazione gratuita in tutta Italia delle
vaccinazioni ritenute prioritarie. La novità è l’ingresso tra quelli
raccomandati del vaccino contro l’Hpv – il Papillomavirus umano – che sarà
quindi dispensato gratuitamente a tutte le dodicenni, con l’obiettivo di
vaccinare il 70% delle bambine nate nel 2001, per arrivare, tra tre anni, al
95% delle nate nel 2003. «Si parla di vaccinazione contro l’Hpv per prevenire
il cancro al collo dell’utero – spiega Maria Luisa Di Pietro, associato di
Medicina legale all’Università Cattolica –, una patologia abbastanza frequente
nelle donne, causata, tra l’altro, dalle conseguenze di un’infezione da Hpv». La
percentuale di mortalità se non si interviene in tempo è molto elevata, ma non
tutte le donne contagiate sviluppano il tumore. Le percentuali fornite
dall’Osservatorio nazionale screening (Ons) dicono che «molto meno dell’1%
delle donne infettate con un tipo di Hpv cancerogeno sviluppa lesioni pre-neoplastiche
e neoplastiche. Ciò significa che altri fattori, ancora oggetto di studio, concorrono
allo sviluppo della neoplasia».
L’Hpv è un virus a trasmissione
sessuale di cui si conoscono più di 100 varianti, molto frequente soprattutto
nella popolazione giovane sessualmente attiva. In circa la metà dei casi
regredisce spontaneamente nell’arco di un anno. Sia nell’uomo che nella donna
il fattore di rischio determinante è il comportamento sessuale, collegato al
numero di partner e all’età d’inizio dell’attività sessuale. L’Hpv molto
raramente provoca manifestazioni evidenti negli uomini, rendendoli
"portatori sani" nella trasmissione del virus. «A seconda del vaccino
utilizzato, quadrivalente o bivalente, – chiarisce Di Pietro – si può arrivare
a coprire fino al 65% delle infezioni che possono dare origine al tumore, ma
questo significa che in oltre il 35% dei casi la donna è comunque esposta ad
altre varianti oncogene del virus non coperte dai vaccini in uso». Da «Le 100
domande sull’Hpv» a cura dell’Ons, si apprende che «per sfruttare al massimo la
sua efficacia profilattica il vaccino va fatto prima di avere acquisito
l’infezione da Hpv, e quindi prima di avere il primo rapporto sessuale. L’unico
modo per ottenere questo è vaccinare ragazze all’inizio dell’adolescenza».
L’informazione sulla vaccinazione
è il terreno sdrucciolevole su cui si gioca la partita L’della prevenzione. Il
coinvolgimento di una fascia d’età particolare – non più bambine, non ancora
adolescenti – e il riferimento a una patologia la cui trasmissione inerisce la
sfera sessuale non lo rende equiparabile ad altri vaccini, pediatrici e non.
Una ricerca del Censis ha evidenziato che «le donne italiane chiedono un’informazione
completa e autorevole su patologie e vaccinazione». Ben 4 su 5 sostengono che
le notizie che circolano sull’Hpv tra giornali e televisione non sono chiare.
«Senza un’adeguata e completa informazione – commenta l’esperta – il rischio è
di indurre una falsa sicurezza dovuta all’idea di poter prevenire altre
malattie sessualmente trasmesse, con un potenziale incremento di rapporti sessuali
precoci e promiscui soprattutto tra adolescenti».
L'allarme è comprovato da uno
studio sulla sovrastima degli effetti del vaccino pubblicato sulla rivista
Archives of Pediatric & Adolescent Medicine. L’Ospedale pediatrico di
Cincinnati (Usa) ha osservato la percezione del rischio in 339 ragazze tra 13 e
21 anni dopo la vaccinazione contro l’Hpv. Nonostante molte adolescenti fossero
consapevoli dell’importanza di non avere comportamenti sessuali rischiosi, il
23,6% era convinto di essere meno a rischio di contrarre malattie a
trasmissione sessuale dopo il vaccino. Cauta la Di Pietro: «C’è anche il
rischio di una minore attenzione nei confronti del Pap test come strumento di
prevenzione del cancro alla cervice». E si considera «perplessa» sulla proposta
Usa di nuove linee guida per raccomandare di sottoporsi al Pap test non ogni 3
ma ogni 5 anni. n Italia risulta vaccinato il 62,2% delle 14enni (cioè le
ragazze che avevano 11 anni nel 2008, all’avvio delle campagne vaccinali). La quota
decresce tra 13enni (59,9%) e 12enni (54,3%). Scarsa è invece la diffusione
della vaccinazione tra le donne adulte e al di fuori del regime di gratuità:
per le 18enni e oltre la quota è pari appena al 2,9%. I due vaccini autorizzati
in Italia hanno un costo elevato e prevedono un ciclo di tre applicazioni. Il
prezzo del Gardasil è di 171,64 euro per una dose, 514,92 per il ciclo completo
di tre. Il Cervarix costa 156,79 euro a dose, 470,37 per il ciclo completo.
Inoltre, bisognerà avvisare le pazienti che molto probabilmente dovranno
sottoporsi a un richiamo vaccinale a 19/20 anni. «Senza mettere in discussione
la proposta di vaccinazione – conclude Di Pietro – una corretta educazione
all’affettività da parte della famiglia potrebbe ’vaccinare’ assai meglio, e
per tutta la vita».
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