Staminali riparatrici per i trapiantati L’addio al rigetto? Alessandra Turchetti,
avvenire, 22 marzo 2012
Trapiantare un rene e fare a meno della
terapia immunosoppressiva grazie all’utilizzo delle cellule staminali. L’importante
risultato è stato raggiunto da un gruppo di ricercatori americani della Northwestern
University durante una sperimentazione di fase I su otto pazienti sottoposti a
trapianto di rene. La tecnica ha previsto, a un mese dall’intervento, il
prelievo dal midollo osseo del donatore di staminali che, dopo essere state in
vitro bioingegnerizzate e potenziate per eludere l’attacco immunitario del
ricevente, sono state poi reinfuse nel paziente un giorno dopo il trapianto. Cinque pazienti hanno potuto abbandonare la terapia
immunosoppressiva dopo un anno. «È un lavoro molto interessante», commenta Giovanni
Camussi, nefrologo e responsabile del «Laboratorio di ricerca Cellule epatiche
e renali» del Centro di biotecnologie molecolari dell’Università di Torino.
«Viene dimostrata la possibilità che le staminali producano l’induzione della
tolleranza durante il trapianto di un organo solido. Il risultato dovrà essere confermato
su un numero maggiore di pazienti e la tecnica migliorata, ma è già molto innovativa
nell’aspetto di mobilizzazione delle staminali del donatore e del loro
successivo trattamento in vitro».
La procedura apre prospettive
interessanti sul problema del rigetto in tutti i casi di trapianto, in
particolare per quello renale che comporta una terapia immunosoppressiva a vita
per evitare che l’organo impiantato perda progressivamente la sua funzionalità.
L’équipe di Giovanni Camussi studia da tempo il ruolo riparativo delle
staminali adulte identificandole nell’uomo all’interno del rene e del fegato.
Queste cellule sono state caratterizzate in vitro e poi testate su modelli animali
di insufficienza epatica e renale con ottimi risultati. «C’eravamo dati
l’obiettivo di comprendere meglio i meccanismi di azione di tutte le molecole coinvolte
in questa azione riparativa – spiega il nefrologo – e abbiamo scoperto che le
cellule staminali liberano microvescicole che già di per sé contengono informazioni
genetica. Si tratta, infatti, di frammenti di rna, l’acido nucleico impegnato nell’espressione
dei geni. Le vescicole sono piccolissime (100 nanometri) ma riescono a trasmettere
l’informazione che veicolano e, pertanto, si sono dimostrate capaci di trasformare,
nei modelli animali, cellule adulte in staminali transitorie. In pratica, siamo
di fronte ad una strategia "staminale" senza cellule staminali, e
questo lascia ipotizzare un nuovo metodo privo, ad esempio, del rischio di mal differenziazione
delle cellule nel tempo, l’accesso ad una sorgente rinnovabile e molti altri
vantaggi».
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