Da lunedì in Italia il contraccettivo-abortivo «dei cinque giorni» - L’impostura
della pillola che fa sparire la realtà di Francesco Ognibene, 31 marzo 2012, http://www.avvenire.it/
L’arrivo lunedì prossimo nelle
farmacie italiane di EllaOne, la «pillola dei cinque giorni», non può essere
archiviato come l’esito ineluttabile di un iter autorizzativo, una faccenda di
carte bollate. Il farmaco formalmente va solo ad ampliare l’elenco degli
anticoncezionali in commercio. Ma la sua progettazione, mirata ad allungare da
tre a cinque giorni la "copertura" contraccettiva dopo un rapporto
sessuale per evitare il concepimento, apre questioni che vanno persino oltre la
potenziale abortività del farmaco, contestata dai suoi fan – gli stessi
dell’aborto come "diritto", beninteso – ma di fatto innegabile se si
pensa che la pillola è controindicata in gravidanza e andrà assunta solo dopo
un test negativo di maternità. La partita culturale, educativa e sociale della
«pillola dei cinque giorni», a ben vedere, riguarda anche chi la considera solo
un "contraccettivo d’emergenza", com’è stata catalogata dalla
inesauribile vena creativa di certa burocrazia sanitaria.
Nella diffusa ansia di risolvere
questioni epocali imboccando la prima scorciatoia disponibile, come a voler
chiudere alla svelta i conti con la coscienza, è reperibile infatti uno dei
segni che contraddistinguono il nostro tempo. Quando una domanda che incombe
sulla collettività interessa territori sui quali ormai sono pubblicamente
considerate plausibili molteplici opzioni, scatta l’ossessione della cultura
dominante per la tolleranza e il rispetto dei valori altrui – quali che siano
–, nel nome di una neutralità etica che è la negazione stessa della vita in
comune. E si cerca affannosamente una soluzione che eviti lacerazioni e dissidi,
delegando a ciascuno la scelta del comportamento da assumere al riparo da
qualunque "interferenza". Si lascia fare, basta che non disturbi. È
l’illusione che dentro la società si debba creare una sorta di ambiente
asettico, disinfettato accuratamente da qualsiasi assioma precostituito e
valido per tutti. Ognuno è libero di regolarsi come crede, meglio se nel modo
più semplice e sbrigativo.
Un simile clima culturale –
alquanto opprimente, a ben vedere – assume in modo spontaneo tra i suoi
oggetti-simbolo la pillola: se c’è un nodo che non si sa come sciogliere,
l’ideale è prescrivere o ingoiare una pillola, nella vivissima speranza che
tutto passi, o che almeno nessuno si lagni. Una pasticca ben congegnata ha
l’effetto magico di nascondere le cause del malessere etico e delle domande che
ne nascono, sopprimendo il sintomo. Una soluzione farmaceutica a un
interrogativo diffuso: niente di meglio per chi non vuole storie, o non si
sente di "imporre" ad altri il proprio sguardo sulla realtà. E se la
società mostra chiaramente di non aver più idea di come gestire la sfera
affettiva e sessuale, schiacciandola al solo alfabeto dell’emotività e delle
pulsioni a briglia sciolta, allora l’offerta di un’assicurazione contro la vita
non richiesta finisce con l’assumere la portata di un talismano, meglio se
tascabile come una pillola.
Il profilo di EllaOne, che
l’azienda produttrice si preoccupa di non trasformare in una clava per le
prevedibili battaglie "libertarie" dei soliti noti, commercialmente
pericolose, pare studiato apposta per sedurre la fragile fibra culturale e
pedagogica della società liquida, strizzando l’occhio a una platea di
consumatori giovani o giovanissimi. Lo fa con la sua promessa di allargare
l’ombrello sopra la testa di chi non vuole saperne di associare l’idea della
sessualità al suo possibile e naturalissimo orientamento procreativo.
A forza di far sparire le cose e
i loro nomi, si sta abituando la generazione dei più giovani a sostituire i
desideri ai fatti. E la pillola dei cinque giorni – che non a caso qualcuno
vorrebbe "da banco" come una caramella balsamica – è lì a spegnere
sul nascere ogni inquietudine che spinge a far tornare la consistenza del reale
al posto dell’impostura delle sconfinate "libertà". La consapevolezza
dei propri sentimenti e dei gesti che li esprimono, la responsabilità che nasce
dal sapersi parte della realtà e non di una sua raffigurazione onirica
conformata a piacimento, sono componenti decisive di una personalità e di una
società adulte. Non è però forse la negazione sistematica di queste esigenze
elementari il segno inequivocabile di una resa delle coscienze, di uno
smottamento della pedagogia condivisa?
La questione educativa è materia
sempre più complessa, d’accordo: ma sbrigarsela con una pillola è davvero
troppo.
Nessun commento:
Posta un commento