Sindrome di Down Si allunga l´aspettativa di vita, la nuova sfida è
sull´autonomia, Valeria Pini, la Repubblica, 20 Marzo 2012, http://www.dirittiglobali.it
Oggi si arriva anche oltre i 60
anni, ma con i problemi conseguenti per famiglie e genitori sempre più anziani.
Le associazioni: "Ecco perché serve sempre più integrazione, anche
lavorativa"
Francesca fa la segretaria
all´ospedale Gaslini di Genova, Mario è magazziniere a Venezia, mentre Vittorio
si è conquistato un posto da bibliotecario a Torino. Sono storie di chi ce l´ha
fatta, persone con sindrome di Down che hanno un lavoro. Qualcuno è riuscito
anche a laurearsi come Giusi e Pablo. Ci sono coppie che convivono, in piena
autonomia. Ma non per tutti è così. A volte i percorsi sono più complicati.
Domani, 21 marzo, si celebra la Giornata mondiale delle persone con sindrome di
Down e Coordown, il Coordinamento nazionale delle associazioni, ha lanciato
"Credi ancora che l´integrazione non sia possibile?", una campagna
contro pregiudizi e luoghi comuni.
Oggi in Italia le persone con
sindrome di Down sono più di 38.000. Secondo stime recenti negli ultimi anni
non sono diminuite in modo significativo. «Questo soprattutto perché si fanno
figli più tardi. Le donne si sottopongono a screening prenatali, ma spesso
decidono di andare avanti con la gravidanza, anche se scoprono che il bimbo è
Down - dice Aldo Moretti, direttore Scientifico del Centro italiano Down - Non
abbiamo dati nazionali, ma dalle stime nelle diverse regioni scopriamo che la
media di nuovi nati con sindrome di Down non si è discostata in maniera
significativa da quella degli anni ´70, quando non si facevano controlli». Che
lo si scopra durante la gravidanza o dopo, la nascita di un bambino Down resta
comunque un momento delicato per i genitori. «Quando il piccolo arriva è un
momento difficile per la famiglia. Lì per lì ci sono tante paure e bisogna fare
i conti con una realtà che non si conosce. Con il tempo si impara a conoscere
il bambino e nasce il rapporto con lui. Incomincia il cammino insieme», spiega
Franca Bruzzo, segretario nazionale del Coordown, e madre di una giovane Down.
Il percorso per le madri e i
padri è lungo, fatto di difficoltà, gioia e amore. Un rapporto che secondo le
statistiche dura sempre di più a lungo. Oggi il 61% di Down ha più di 25 anni.
«L´attesa di vita che negli anni ‘70 era di circa 24 anni, oggi si attesta a 60
anni. Questo dato estremamente importante, derivante da una maggiore capacità
da un lato e attenzione dall´altro del mondo sanitario, comporta anche
l´apertura di nuove prospettive e bisogni. In passato molti Down morivano nei
primi anni di vita, spesso per le malformazioni cardiache, che ora sono
facilmente operabili», spiega Moretti, «I Down hanno le stesse patologie del
resto della popolazione, con un´incidenza più alta in età adulta. In più c´è il
rischio di demenza, più frequente nei Down, alcune forme degenerative sono
legate al fatto che invecchiano prima», dice Moretti.
Persone con sindrome di Down che vivono di più e
genitori sempre più anziani. Con il tempo chi li accudisce non ci riesce più.
«All´orizzonte ci sono situazioni in cui la famiglia non può gestirli e per
questo è importante dare loro l´autonomia - conclude Moretti - Questo anche per
prevenire certe forme di demenza. Se l´individuo non è integrato, regredisce».
Sull´integrazione si lavora fin dai primi anni di vita. «La scuola è il mezzo
per la socializzazione e per lo studio. Lo stimolo tramite i coetanei è
importante. È importante non fare tagli in questo settore», dice Bruzzo. Le ore
di scuola sono importanti perché servono a stimolare la capacità di interagire
e di comunicare. E anche lo sport aiuta. Obiettivo: riuscire a trovare una
strada al di fuori dalla famiglia.
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