«Solo Cristo è la vera libertà» di Massimo Introvigne, 29-03-2012, http://www.labussolaquotidiana.it
Benedetto XVI ha lasciato Cuba il
28 marzo, invocando la benedizione di Dio sul futuro dell'isola, dopo l'atteso
incontro con Fidel Castro - caratterizzato dall'attenzione a non offrire al
regime nessuno spunto per una facile propaganda, che peraltro non è mancata,
ripresa acriticamente anche da organi di stampa di casa nostra - e soprattutto
la Messa di fronte a trecentomila persone sulla Piazza della Rivoluzione a
L'Avana.
Nella lunga omelia il Papa ha
continuato sulla strada stretta che ha caratterizzato tutto il viaggio: una
continua sottolineatura del valore essenziale della libertà e in particolare
della libertà religiosa, senza la quale - ha detto - non può esistere speranza
di un futuro migliore, evitando però critiche dirette al regime. Il Pontefice è
partito dalla prima lettura, tratta dal Libro di Daniele e non priva di un
indiretto riferimento a vicende cubane, dove «tre giovani, perseguitati dal
sovrano babilonese, preferiscono affrontare la morte bruciati dal fuoco
piuttosto che tradire la loro coscienza e la loro fede. Essi trovarono la forza
di "lodare, glorificare e benedire Dio" nella convinzione che il
Signore del cosmo e della storia non li avrebbe abbandonati alla morte ed al
nulla. In effetti, Dio non abbandona mai i suoi figli, non li dimentica mai.
Egli sta al di sopra di noi ed è capace di salvarci con il suo potere».
Se queste parole si applicano ai
perseguitati di tutti i tempi, compresi certamente quelli cubani, dal Vangelo il Papa ha tratto
l'insegnamento secondo cui Gesù è «l'unico che può mostrare la verità e dare la
vera libertà. Il suo insegnamento provoca resistenza ed inquietudine tra i suoi
interlocutori, ed Egli li accusa di cercare la sua morte, alludendo al supremo
sacrificio della Croce, ormai vicino. Ma li esorta a credere, a rimanere nella
sua Parola, per conoscere la verità che redime ed onora».
L'insegnamento di Gesù richiama
un tema caratteristico del Magistero di Benedetto XVI, che si oppone
direttamente alle ideologie, e certamente al marxismo: il legame tra verità e
libertà. «In effetti, la verità è un anelito dell'essere umano, e cercarla
suppone sempre un esercizio di autentica libertà. Molti, tuttavia, preferiscono
le scorciatoie e cercano di evitare questo compito. Alcuni, come Ponzio Pilato,
ironizzano sulla possibilità di poter conoscere la verità (cfr Gv 18,38),
proclamando l'incapacità dell'uomo di raggiungerla o negando che esista una
verità per tutti. Questo atteggiamento, come nel caso dello scetticismo e del
relativismo, produce un cambiamento nel cuore, rendendo freddi, vacillanti,
distanti dagli altri e rinchiusi in se stessi. Persone che si lavano le mani
come il governatore romano e lasciano correre il fiume della storia senza
compromettersi».
Ma si può sbagliare anche
aderendo senza ripensamenti a verità irrazionali, ideologiche, che la storia ha
mostrato come false. «D'altra parte - infatti - ci sono altri che interpretano
male questa ricerca della verità, portandoli all'irrazionalità e al fanatismo,
per cui si rinchiudono nella "loro verità» e cercano di imporla agli
altri. Sono come quei legalisti accecati che, vedendo Gesù colpito e
sanguinante, gridano infuriati: "Crocifiggilo!" (cfr Gv 19,6). In
realtà, chi agisce irrazionalmente non può arrivare ad essere discepolo di
Gesù. Fede e ragione sono necessarie e complementari nella ricerca della
verità. Dio ha creato l'uomo con un'innata vocazione alla verità e per questo
lo ha dotato di ragione. Certamente non è l'irrazionalità, ma l’ansia della
verità quello che promuove la fede cristiana. Ogni essere umano deve scrutare
la verità ed optare per essa quando la trova, anche a rischio di affrontare
sacrifici».
E senza verità non c'è libertà:
«La verità sull'uomo è un presupposto ineludibile per raggiungere la libertà,
perché in essa scopriamo i fondamenti di un'etica con la quale tutti possono
confrontarsi e che contiene formulazioni chiare e precise sulla vita e la
morte, i doveri ed i diritti, il matrimonio, la famiglia e la società, in
definitiva, sulla dignità inviolabile dell'essere umano». Sono le regole comuni
del gioco chiamato società, che valgono anche per la società internazionale, e
senza queste regole - che coincidono con la legge naturale - non ci può essere
la pace. «Questo patrimonio etico è quello che può avvicinare tutte le culture,
i popoli e le religioni, le autorità e i cittadini, e i cittadini tra loro, e i
credenti in Cristo con coloro che non credono in Lui»,
Proporre la legge naturale, in
quanto fondata sulla ragione, a tutti è
oggi il compito del cristiano. «Il Cristianesimo, ponendo in risalto i valori
che sostengono l'etica, non impone, ma propone l'invito di Cristo a conoscere
la verità che rende liberi. Il credente è chiamato a rivolgerlo ai suoi
contemporanei, come lo fece il Signore, anche davanti all’oscuro presagio del
rifiuto e della Croce. L'incontro personale con Colui che è la verità in
persona ci spinge a condividere questo tesoro con gli altri, specialmente con
la testimonianza». Cristo, infatti, è la vera libertà: «ci aiuta a sconfiggere
i nostri egoismi, ad uscire dalle nostre ambizioni e a vincere ciò che ci
opprime. Colui che opera il male, colui che commette peccato, è schiavo del
peccato e non raggiungerà mai la libertà (cfr Gv 8,34). Solo rinunciando
all'odio e al nostro cuore indurito e cieco, saremo liberi, ed una nuova vita
germoglierà in noi».
La Chiesa opera nella storia «per
rendere partecipi gli altri dell’unica cosa che possiede, e che non è altro che
Cristo stesso, speranza della gloria (cfr Col 1,27). Per poter svolgere questo
compito, essa deve contare sull'essenziale libertà religiosa, che consiste nel
poter proclamare e celebrare anche pubblicamente la fede, portando il messaggio
di amore, di riconciliazione e di pace, che Gesù portò al mondo».
E qui il Papa ha ribadito che
qualche apertura a Cuba c'è stata, ma ancora non basta. «È da riconoscere con
gioia che sono stati fatti passi in Cuba affinché la Chiesa compia la sua
ineludibile missione di annunciare pubblicamente ed apertamente la sua fede.
Tuttavia, è necessario proseguire». Il test della buona fede delle autorità non
potrà essere che la libertà religiosa. «Il diritto alla libertà religiosa, sia
nella sua dimensione individuale sia in quella comunitaria, manifesta l'unità
della persona umana che è, nel medesimo tempo, cittadino e credente. Legittima
anche che i credenti offrano un contributo all'edificazione della società. Il
suo rafforzamento consolida la convivenza, alimenta la speranza in un mondo
migliore, crea condizioni propizie per la pace e per lo sviluppo armonioso e,
contemporaneamente, stabilisce basi solide sulle quali assicurare i diritti
delle generazioni future».
Rispondendo a facili obiezioni,
il Papa ha precisato che «quando la Chiesa mette in risalto questo diritto, non
sta reclamando alcun privilegio. Pretende solo di essere fedele al mandato del
suo divino Fondatore, cosciente che dove Cristo si rende presente, l'uomo
cresce in umanità e trova la sua consistenza». Dopo avere rivendicato il
diritto della Chiesa ad aprire scuole e università - che a Cuba è negato - e ricordato
il padre della patria e sacerdote servo di Dio Félix Varela (1788-1853),
Benedetto XVI ha concluso affermando che «Cuba ed il mondo hanno bisogno di
cambiamenti, ma questi ci saranno solo se ognuno è nella condizione di
interrogarsi sulla verità e si decide a intraprendere il cammino dell'amore,
seminando riconciliazione e fraternità». Chi intraprende questo cammino sa che
solo Cristo «può disperdere la tenebra dell'errore. Supplichiamolo che, con il
valore e il vigore dei santi, giungiamo a dare una risposta libera, generosa e
coerente a Dio, senza paure, né rancori».
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