STATI UNITI - Le cinquanta parole vietate ai minori nelle scuole Usa
del politically correct - Decine di vocaboli proibiti nei test scolastici dal
dipartimento dell'Istruzione dello Stato di New York per non 'offendere'
determinati settori della società. Così non si possono citare i dinosauri per
non far infuriare i creazionisti, né la musica rap perché volgare, dal nostro
inviato ANGELO AQUARO, http://www.repubblica.it
NEW YORK - Vietata la parola
"dinosauro", che pure ai bambini piaceva tanto dai tempi dei cartoon
degli Antenati. Il vecchio "Dino" rimanda all'idea di evoluzione,
parlare di evoluzione fa infuriare i creazionisti e quindi non si può, tantopiù
adesso che uno di loro, Rick Santorum, punta alla Casa Bianca. Vietata anche la
parola "dancing": troppo sexy e licenziosa, meglio non fare balenare
per la testa certe idee. E vietata perfino quella parola terribile, "compleanno":
i Testimoni di Geova non lo festeggiano, vorrete mica urtare la sensibilità di
qualche piccolo devoto.
Benvenuti nella classe più
politicamente corretta del mondo: dove la preoccupazione di non offendere
nessuno sfiora, anzi decisamente sfora, i confini del ridicolo. Anche perché
qui siamo a New York e le direttive sui nuovi test rischiano di gettare
ulteriore discredito su una struttura scolastica già sconvolta
dall'impreparazione degli insegnanti e dalle polemiche sul licenziamento.
La lista delle parole bandite è
l'ultima follia. Anche perché - si chiedono gli esperti - se togliamo di mezzo
le parole più controverse come faremo a testare la capacità d'apprendimento dei
nostri ragazzi? Non si può usare la parola "povertà" perché rischia
di mettere in imbarazzo l'alunno che si ritrova il papà disoccupato: condizione
purtroppo comune all'8,3 per cento degli americani.
Non si può usare la parola
"divorzio" perché i piccini potrebbero rivivere uno shock famigliare.
Non si può usare tantomeno la parola "schiavitù" perché rischia di
urtare la sensibilità dei piccoli afro-americani. E non c'è posto neppure per
il povero ET: la parola "extraterrestre" turberebbe la fantasia dei
più sensibili. Cose, appunto, dell'altro mondo.
Eppure le direttive sono nero su
bianco nella lettera che il dipartimento per l'Istruzione ha spedito agli
editori dei test svolti diverse volte all'anno per valutare i progressi (e i
regressi) dei giovanissimi studenti delle elementari: in inglese, matematica,
scienze e studi sociali. Il motivo? Quelli del dipartimento per la verità
frenano: "Questo è il tipo di linguaggio standard che viene usato dagli
editori da diversi anni per permettere ai nostri ragazzi di completare il test
senza distrazioni". Distrazioni? Secondo il New York Post, che ha
sollevato il caso, con ben cinquanta parole bandite la lista della Grande Mela
è però lunga più del doppio di quelle usate negli altri stati.
Per carità: che il politicamente
corretto sia diventato un'ossessione di questa civiltà basata su un'incredibile
miscuglio di etnie e culture non è certo cosa nuova. Proprio qui - e proprio
negli anni Settanta delle lotte per i diritti civili - è nata l'espressione
"politically correct". Che negli anni Novanta sempre qui ha poi dato
origine a quell'opposto estremismo che va sotto il nome di "politicamente
scorretto". Da allora la guerra culturale tra destra e sinistra ha invaso
il mondo.
E anche da noi, si sa, gli
spazzini sono diventati operatori ecologici e i ciechi, che pure inalberano una
benemerita Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti, dopo diventati
appunto non vedenti. Ma perché adesso devono essere i bambini a pagare per
l'imbarazzo linguistico dei grandi?
Nei test non si può citare la
musica rap perché volgare. Non si possono citare neppure le parole
"videogame" e "televisione": non fanno rima con educazione.
Ma togliendo ai ragazzi la possibilità di discutere di ciò che conoscono meglio
non è controproducente? Sostiene Deanna Kuhn del Collegio degli Insegnanti della
Columbia University: "Se lo scopo dei test è stabilire le capacità di
organizzazione del pensiero, allora proprio i termini più controversi, cioè
quelli presenti nel dibattito pubblico, sono esattamente quelli su cui gli
studenti dovrebbero misurarsi".
Ma that's America: con tutte le
sue contraddizioni. "Perché questo è solo l'ultimo esempio di una causa di
sinistra che finisce per avere implicazioni di destra" dice a Repubblica
Thaddeus Russell, autore di quella A Renegade History of the United States che
ha reincendiato il dibattito sul politicamente corretto. "Se ai ragazzi si
impedisce di discutere di temi così importanti come povertà, evoluzione,
religione e divorzio, allora non saranno mai capaci di pensare in maniera
differente dello status quo". Restando, insomma, tanti piccoli dinosauri:
se solo potessero confrontarsi con quella parola vietata ai minori.
(27 marzo 2012) © RIPRODUZIONE
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