Tra démariage e «first girl» - In Italia c'è chi vorrebbe il «divorzio
breve» e intanto cresce la confusione di Francesco D'Agostino, 28 marzo 2012, http://www.avvenire.it/
Alcina era una maga, che abitava
in un castello incantato. Per i cavalieri che vi si trovavano dentro, il
castello diveniva una gabbia, dalla quale essi desideravano, ma invano, fuggire.
I cavalieri che invece giungevano alle sue porte, venivano pervasi dal
desiderio irrefrenabile, ma anche inappagabile, di penetrarvi. Sembra che un
qualche analogo incantamento stia diffondendosi nella società italiana. Chi è
sposato anela a fuoriuscire dalla gabbia del matrimonio, auspicando una legge
che sancisca il "divorzio breve", anzi un divorzio brevissimo (e,
perché no?, istantaneo!). Chi invece non è sposato e non vede il modo di
sposarsi, come gli omosessuali, anela a una legge che riconosca questo
"diritto", nelle forme più ampie possibili. La confusione, bisogna
riconoscerlo, è massima. Che le cose si stessero mettendo così, era però palese
da tempo.
Già diversi anni fa, il canonista
spagnolo Pedro-Juan Viladrich parlava dell’«agonia del matrimonio legale». Più
o meno negli stessi anni una studiosa francese, non giurista ma sociologa,
Irène Théry, inventava un efficace neologismo: la dematrimonializzazione, ma il
termine francese démariage ha ben altra pregnanza. Sia Viladrich sia Théry si
interrogavano, più che sul senso del vertiginoso moltiplicarsi delle convivenze
extra-matrimoniali nelle grandi società secolarizzate occidentali, sul
progressivo e inarrestabile crescere di una duplice e contraddittoria frenesia:
da una parte quella della fuga dal diritto matrimoniale e dall’altra quella
della ricerca di nuove forme di legittimazione giuridica per la vita a due. Al
diffondersi del démariage ci stiamo purtroppo abituando. Dovremo probabilmente
abituarci a un nuovo e diverso fenomeno, che sta lentamente emergendo in questi
ultimi tempi. Non esiste ancora una parola utile a definirlo; di cosa si
tratti, però, non è affatto difficile dire. Al deperimento del matrimonio sta
seguendo il deperimento del divorzio. Attenzione però: il deperimento del
divorzio non va interpretato come una rivincita del matrimonio legale, cioè
come un ritrarsi e un esaurirsi del fenomeno del démariage.
Assolutamente no. Semplicemente,
come stanno crescendo, per molte coppie di conviventi, nuove istanze di
giuridicizzazione del loro rapporto, stanno ora venendo meno, per molte coppie
sposate che ritengono esaurita la loro esperienza matrimoniale, le ragioni per
divorziare e nello stesso tempo stanno per esse emergendo nuove istanze di
qualificazione delle loro nuove esperienze di convivenza. Per molti coniugi
divorziare starebbe insomma diventando una mera e costosa pratica legale,
irrilevante socialmente, moralmente e personalmente. Sta dando una prova
vistosa di questa nuova sensibilità (diciamo così) il neo-presidente tedesco
Joachim Gauck, regolarmente sposato da anni con una donna, Gerhild (che gli ha
dato quattro figli), e altrettanto regolarmente (si fa per dire) convivente da
vari anni con un’altra donna, Daniela Schadt. Né Joachim, né Gerhild, né
Daniela avvertono l’esigenza di ricorrere al divorzio per regolarizzare la loro
strana situazione. Non per questo, però, viene meno da parte loro l’esigenza di
giustificarla e qualificarla: in un’intervista a un giornale, la stessa Daniela
(cioè l’attuale «compagna» del presidente) ha rilevato che tra di loro di
divorzio e nuovo matrimonio non si parla, perché nessuno ne vede la necessità.
Nello stesso tempo né Gauck né Daniela ritengono di mantenere in un ambito di
stretta privacy il loro rapporto: di conseguenza questo "caso"
presidenziale (c’è da scommetterci sopra) acquisterà ben presto in Germania la
valenza di un esempio degno di imitazione. Basterà trovare la via per
qualificare la nuova situazione. Ci sta provando un quotidiano autorevole come
Die Welt, che ha già proposto l’espressione con cui definire Daniela Schadt:
non potendola qualificare come «moglie», né come «compagna» del presidente, né
meno che mai «First Lady» (prima dama), ha deciso di denominarla, con garbata
leggerezza, «First Girl» (prima ragazza, anche se l’età anagrafica di Daniela
dovrebbe far ritenere un po’ ironico questo appellativo). Sembra davvero,
insomma, che la confusione stia raggiungendo livelli mai prima immaginati,
nemmeno da parte del vecchio e amabile poeta cantore del castello di Alcina.
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