Il viaggio del Papa. Diritto naturale e libertà religiosa di Massimo
Introvigne, 30-03-2012, http://www.labussolaquotidiana.it
C'è qualcosa che manca nei
commenti della stampa, anche italiana, al viaggio del Papa in Messico e a Cuba.
Si dibatte appassionatamente se Benedetto XVI, tra le righe, abbia spezzato una
lancia in Messico per il centro-destra del PAN contro il centro-sinistra del
PRI in vista delle prossime elezioni, se abbia incontrato o no in segreto a
Cuba il presidente venezuelano Hugo Chávez, se il regime cubano tragga più
vantaggi dall'incontro del Papa con Fidel Castro o più svantaggi
dall'anticamera che il líder máximo ha dovuto fare attendendo il Pontefice e
cui, a casa sua, non è certo abituato.
Di ogni viaggio di Benedetto XVI
si cercano interpretazioni politiche. Questa volta la cosa è a suo modo
comprensibile, se si considera che a diverso titolo il Messico prima - con un
feroce regime laicista rimasto al potere per decenni, e i cui eredi sono ancora
ben presenti nella vita politica del Paese - e la Cuba comunista poi sono state
teatro delle maggiori persecuzioni che la Chiesa Cattolica ha dovuto subire
nella sua storia in America Latina. Gli attivisti politici di centro-destra in
Messico e i dissidenti anti-castristi - a Cuba e nell'esilio - avrebbero voluto
una condanna esplicita della sinistra messicana che non rinnega l'eredità
sanguinaria dei governi laicisti del XX secolo e del regime comunista cubano.
Ma lo stile di Benedetto XVI - come già quello del beato Giovanni Paolo II
(1920-2005) - non è mai stato questo. Il Papa si pone sempre su un piano
diverso, volando più in alto dei problemi contingenti - pur senza ignorarli - e
riaffermando i grandi principi che sono già di per sé stessi giudizio e
condanna delle ideologie.
Il Pontefice parla spesso di
dittatura del relativismo, e proprio questa è stata la caratteristica dei
regimi della prima parte del secolo XX in Messico, che hanno imposto a ferro e
fuoco un insegnamento e una politica relativista, cercando di soffocare -
talora nel sangue, come durante la guerra dei Cristeros degli anni 1926-1929 -
la voce della Chiesa. Quanto all'ideologia di Fidel Castro, si tratta di una
versione tropicale di quel relativismo aggressivo portato alle estreme
conseguenze che è tipico del marxismo, dove chi esprime anche un timido
dissenso dalla dittatura del relativismo finisce in galera o in campo di
concentramento.
Benedetto XVI, senza entrare in
particolari forse poco compatibili con la natura anche diplomatica dei viaggi
pontifici, ha condannato senza mezzi termini il relativismo. Di fronte a
trecentomila persone a L'Avana il Papa ha ricordato il legame tra verità e libertà.
«In effetti, la verità è un anelito dell'essere umano, e cercarla suppone
sempre un esercizio di autentica libertà. Molti, tuttavia, preferiscono le
scorciatoie e cercano di evitare questo compito. Alcuni, come Ponzio Pilato,
ironizzano sulla possibilità di poter conoscere la verità (cfr Gv 18,38),
proclamando l'incapacità dell'uomo di raggiungerla o negando che esista una
verità per tutti. Questo atteggiamento, come nel caso dello scetticismo e del
relativismo, produce un cambiamento nel cuore, rendendo freddi, vacillanti,
distanti dagli altri e rinchiusi in se stessi». E senza verità non c'è libertà:
«la verità sull'uomo è un presupposto ineludibile per raggiungere la libertà,
perché in essa scopriamo i fondamenti di un'etica con la quale tutti possono
confrontarsi e che contiene formulazioni chiare e precise sulla vita e la
morte, i doveri ed i diritti, il matrimonio, la famiglia e la società, in
definitiva, sulla dignità inviolabile dell'essere umano». Sono le regole comuni
del gioco chiamato società, che valgono anche per la società internazionale, e
senza queste regole - che coincidono con la legge naturale - non ci può essere
la pace.
L'idea di una legge naturale che
la ragione può conoscere e che vale per tutti è esattamente il contrario del
relativismo. E perché sia chiaro che il relativismo che ha di mira, e che fa
più danni, è quello - che si è manifestato appunto nel laicismo messicano e nel
comunismo cubano - che esclude Dio dalla vita della società e degli Stati,
Benedetto XVI ha ribadito in Piazza Maceo a Santiago de Cuba che Dio vuole fare
parte della storia degli uomini. Quando le ideologie lo escludono da questa
storia, finiscono per costruire un mondo che non solo è ostile a Dio, ma è
ostile all'uomo: «quando Dio è estromesso, il mondo si trasforma in un luogo
inospitale per l’uomo». Anche per gli Stati, come per i singoli, resta vero che
«allontanarsi da Dio ci allontana da noi stessi e ci precipita nel vuoto».
Contro il relativismo la Chiesa -
oggi paladina di una ragione in gran parte oscurata e non solo della fede -
propone la legge naturale, che fonda i diritti della persona umana, a partire
dal diritto alla vita e da quello alla libertà religiosa. In Messico il Papa ha
lanciato ben alto il grido dei Cristeros, un grido vietato ed espulso perfino
dai libri di scuola, quando ha ricordato commosso «tanti martiri che, al grido
“Viva Cristo Re e Maria di Guadalupe”, hanno dato una perenne testimonianza di
fedeltà al Vangelo e di dedizione alla Chiesa». E a León ha voluto visitare il
monumento a Cristo Re, che fu distrutto nel 1926, bombardato dal governo
all'inizio della guerra dei Cristeros, e ricostruito solo nel 1940, che ha
definito «luogo emblematico della fede del popolo messicano», tornando sul tema
a lui carissimo della regalità di Gesù Cristo, regalità mite e pacifica ma che
nello stesso tempo non può non essere anche sociale.
Oltre ai forti richiami a Cuba,
anche in Messico il Papa si è presentato come pellegrino della libertà
religiosa. La legge naturale, ha detto al suo arrivo in Messico, postula la
«incomparabile dignità di ogni persona umana, creata da Dio, e che nessun
potere ha il diritto di dimenticare o disprezzare. Questa dignità si manifesta
in modo eminente nel diritto fondamentale alla libertà religiosa, nel suo genuino
significato e nella sua piena integrità».
La libertà religiosa, come il
Pontefice l'ha presentata, non consiste nella sola libertà di culto. La Chiesa,
ha ricordato all'aeroporto di Silao, dev'essere libera di testimoniare la fede,
la speranza e la carità. Questo implica il diritto dei fedeli cattolici, che è
anche politico, di «essere fermento nella società, contribuendo a una
convivenza rispettosa e pacifica, basata sulla incomparabile dignità di ogni
persona umana, creata da Dio, e che nessun potere ha il diritto di dimenticare
o disprezzare». Anche la piaga tipicamente messicana del narcotraffico, che
spesso ha attaccato e anche ucciso sacerdoti e vescovi, viola - in modo diverso
dalle persecuzioni e discriminazioni governative - la libertà religiosa,
cercando d'impedire alla Chiesa di compiere la sua missione.
Il Papa, dunque, non ha rinnegato
la diplomazia, che in Messico cerca di sanare antiche ferite e a Cuba prepara
una lentissima transizione, ha celebrato i suoi risultati - pure indicandoli
sempre come soltanto parziali - e, negli incontri e nei toni, si è talora
adattato alle sue esigenze. Ma nello stesso tempo ha attaccato le ideologie
proprio dove esse hanno la loro radice, nel relativismo che nega la legge
naturale e nel totalitarismo che rifiuta la piena libertà religiosa. E ai
vescovi ha ricordato che questi mali si combattono formando laici fedeli alla
dottrina sociale della Chiesa e sacerdoti - su cui ogni vescovo, ha detto
accennando così anche al delicato tema della pedofilia, deve esercitare
un'adeguata vigilanza - che abbiano come bussola il Catechismo della Chiesa
Cattolica, che è al centro del prossimo Anno della Fede.
Nessun commento:
Posta un commento