La prima eutanasia: Hitler contro i disabili di Lorenzo Fazzini, http://www.avvenire.it
«C’è stata un’epoca, che oggi
consideriamo barbara, in cui l’eliminazione di chi era nato inadatto alla vita
era considerata naturale, quindi è giunta la fase, attualmente in corso, in cui
preservare ogni esistenza, anche del tutto priva di valore, è stato eretto a
postulato morale più alto; verrà un’epoca nuova in cui, secondo un punto di
vista morale più elevato, si smetteranno di mettere in pratica, a costo di
pesanti sacrifici, i postulati richiesti da una concezione eccentrica
dell’uomo e, molto semplicemente, da una sovrastima del valore dell’esistenza
umana». Ancora: «Il nostro dovere di tedeschi sarà per molto tempo questo:
raccogliere al massimo grado tutte le possibilità, liberare ogni energia
produttrice disponibile a fini utili. La realizzazione di questo obiettivo è
contrastata dagli sforzi moderni di tutelare il più possibile ogni specie di
debole, tutti, anche coloro che, pur se non morti mentalmente, per ragioni
organiche sono elementi di scarso valore». Quale fu una delle conseguenze di
un programma simile, firmato nel 1922? Il programma Aktion T4, ovvero il piano
di eutanasia di malati mentali, disabili, persone affette da malattie genetiche
ed ereditarie messo in piedi dal nazismo in Germania e non solo. Nel centro di
Hartheim, vicino a Linz, in Austria, nel 1945 gli americani scoprirono i casi
di 70.273 'disinfezioni' effettuate in 6 centri predisposti per
l’eliminazione fisica di questi malati su espresso ordine di Adolf Hitler. Ma
la scelta del Führer di sbarazzarsi di handicappati fisici e mentali fu la
decisione solitaria di un pazzo? Oppure fu la conseguenza di un clima culturale
che ammorbava il Vecchio Continente da tempo, con il rifiuto, da parte di
alcuni circoli culturali, di considerare pregna di dignità qualsiasi vita
umana? Nel suo linguaggio glaciale, asettico e improntato ad una razionalità
unicamente strumentale, la lettura del testo «La liberalizzazione della
soppressione della vita senza valore. La sua estensione e la sua forma» fa
restare ammutoliti. Ora che questo testo di un giurista e di un medico del
tempo (intessuto di feroci riferimenti anticristiani), rispettivamente Karl
Binding e Alfred Hoche, viene pubblicato per la prima volta in italiano
(contenuto nel volume Precursori dello sterminio. Binding e Hoche all’origine
dell’'eutanasia' dei malati di mente in Germania, appena pubblicato dall’editrice
Ombre corte, pp. 94, euro 12), si possono cogliere le analogie e le
ripercussioni che tale 'pensiero' filosofico può aver avuto nella grande
strage del Terzo Reich. Anche perché, come evidenziano i curatori Ernesto De
Cristofaro e Carlo Saletti, «l’omicidio in massa dei disabili precede quello
degli ebrei, degli zingari, dei deportati nei campi di concentramento. I
protocolli sperimentati negli istituti per la somministrazione
dell’'eutanasia' sarebbero serviti da modello per i centri di sterminio
dell’ebraismo polacco». Ma qual è l’assunto filosofico che il filosofo Karl
Binding (1841-1920) reputava fondante per la sua 'liberalizzazione' degli
esseri umani 'senza valore'? Sentiamolo esprimere la sua «questione
preliminare in chiave giuridica»: «Essa sembra manifestare una grande durezza
di cuore, ma in verità è frutto della più profonda compassione. Ci sono vite
umane che hanno a tal punto perduto la qualità di bene giuridico che la loro
prosecuzione, tanto per il titolare della vita quanto per la società, ha
perduto ogni valore». Si capisce quindi perché tali esistenze devono essere
soppresse: «Relativamente all’aspetto economico, questi imbecilli totali, che
rispondono innanzitutto a tutte le condizioni di una morte mentale integrale,
sono anche coloro la cui esistenza pesa maggiormente sulla comunità ».
Alfred Hoche, il medico pro-eutanasia, si premura di elencare in dettaglio i
tipi di vite umane indegne (anzi, dannose) di esser vissute: chi soffre di
degenerazione senile, chi di dementia paralitica, chi della «modificazione del
cervello dovuto all’arteriosclerosi». Ancora: quanti sono affetti da dementia
precox, chi ha gravi malformazioni del cervello, i ritardati nello sviluppo,
chi ha decorsi di malattia della prima infanzia. E non si pensi che questo
assioma «eutanasia dei disabili = risparmio per lo Stato» fosse semplicemente
un vaneggiamento di qualche perfido pensatore. I 70 mila casi di uccisioni di
Stato praticate dai nazisti fecero 'risparmiare' (secondo i documenti rinvenuti
a Hartheim) 885 milioni di marchi alla Germania del Führer, come documenta Una
ragionevole strage (Lindau), a firma di Mireille Hirsinga-Renno. Piccola
chiosa: i curatori trascurano la fondamentale opposizione cattolica alla
barbara eutanasia di Stato. Scrivono: «Nell’agosto 1941 fu raggiunto il numero
di soppressioni preventivate e le uccisioni subirono un’interruzione su
ordine del Führer, anche se è probabile che alla decisione avesse contribuito
la risonanza pubblica che essa iniziava ad assumere e le prese di posizione di
taluni esponenti della chiesa protestante». Fu soprattutto il vescovo
cattolico di Münster, il futuro beato Clemens August von Galen, a levare alta
la sua voce di protesta in tre sue omelie dell’estate del ’41, rimaste famose
per le sue invettive contro «contro le persecuzioni razziali e folle
eutanasia».
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