17 ragazze, l’aborto e noi - Ancora una volta è il cinema a sfidare il
cupo tabù del nostro tempo24 marzo 2012 - http://www.ilfoglio.it/
Ieri la commissione Censura ha
rimosso il divieto ai minori di 14 anni che era stato imposto a “17 ragazze”,
il film francese delle sorelle Muriel e Delphine Coulin che racconta con freschezza
la storia (vera) di un gruppo di amiche che decidono di rimanere incinte, tutte
e tutte assieme, supremo gesto di sfida e buonumore contro le regole sociali e
le ubbìe di un mondo adulto noiosamente, programmaticamente sterile (ne ha
parlato Annalena Benini due settimane fa). La censura, al solito occhiuta e
strabica, si era incagliata sul problema di un diseducativo spinello. Ma a
turbare davvero la critica (si è già visto) e probabilmente il pubblico
benpensante non saranno gli spinelli, bensì il tema in sé, la gravidanza; anzi
17 gravidanze gioiose e consapevoli, per quanto fuori età – Obama le riterrebbe
“incidenti” in pancia a ragazzine troppo giovani. Di fronte a un’opinione
pubblica opaca, sempre più spesso è il cinema a trovare il tono giusto e
diretto per parlare della vita nascente, e dell’incomodo che può suscitare, e
dunque del suo risvolto cupo che si chiama aborto. Lo ha colto, con una bella
intuizione, il quoditiano Liberal aprendo il caso culturale giovedì. “17
ragazze” è un film antiabortista nei fatti, anche se preferiranno dire che è
“trasgressivo”. Quattro anni fa, mentre facevamo la nostra solitaria battaglia
antiabortista, un bel film americano, una sceneggiatura magnifica di Diablo
Cody, “Juno”, raccontò di una ragazza che mandava all’aria il conformismo
abortista dei suoi genitori e della clinica femminista che avevano già scelto
per lei, rivendicando “the choice” di tenersi il suo bambino: fu accolto con il
sussiego di chi cercava di minimizzare.
Poco prima, nel 2007, “4 mesi, 3
settimane e 2 giorni” del romeno Cristian Mungiu, che raccontava con realismo e
asprezza una storia di aborto, aveva vinto la Palma d’oro a Cannes,
nell’imbarazzo dei commenti ufficiali che tentarono di circoscrivere il caso.
In realtà il film parla della Romania di Ceausescu, si disse contro lo
splendore del vero di quelle immagini, che di ben altro parlavano. E’
significativo che sia proprio il cinema a sfidare questi tabù e a riproporre
con una forza espressiva incontenibile, e attraverso scelte di artisti
culturalmente diversissimi tra loro, un tema di coscienza fondamentale e che
invece la cultura e la politica ufficiali cercano disperatamente di tenere
lontano dalle coscienze.
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