Prevenzione tra i giovanissimi e diagnosi precoce - Dipendenza
sommersa. E non chiamatelo «gioco» di Chino Pezzoli, 22 marzo 2012, http://www.avvenire.it/
Il gioco d’azzardo è davvero una
grande emergenza, che genera terribili dipendenze compulsive. Ed è importante e
utile che questo giornale continui a pubblicare servizi e a mettere in allerta
famiglie e istituzioni. Noi che operiamo nell’area delle dipendenze (droga e
alcol), ci siamo accorti da tempo che il gioco d’azzardo riserva ai giocatori
gli stessi tratti patologici del consumatore di sostanze stupefacenti e ha le
sue vittime sia tra i giovani sia tra gli adulti.
Gli studi condotti in diverse
parti del mondo ribadiscono l’accresciuta pericolosità del nuovo gioco
d’azzardo. Sono state indicate tre variabili principali, che sembrano aver
contribuito all’aumento del gioco tra le fasce adulte e giovanili: la crescente
liberalizzazione e maggiore tolleranza nonché l’incoraggiamento verso questa
pratica sviluppatasi in questi ultimi anni e percepita come innocua; la
ritardata consapevolezza del problema; la scarsa attenzione ai programmi per
pervenire a una coscienza collettiva sui problemi legati al gioco. Il fenomeno,
inoltre, lo si conosce poco, né gode di prevenzione e di cura riabilitativa.
La fiducia nella fortuna è una
caratteristica arcaica dell’uomo. Il gioco d’azzardo è una gara in cui si cerca
di vincere non l’avversario, ma il proprio destino. Anche in questi giochi,
detti «sociali», in chi gioca c’è l’illusione del "controllo" della
situazione e l’aspettativa di un successo personale quasi certo. Inoltre, si
stima purtroppo che circa il 6-10% dei frequentatori delle sale siano
minorenni. Alcuni psicologi hanno condotto uno studio sugli adolescenti di 13 e
14 anni dediti al gioco d’azzardo, evidenziando alcuni fattori di rischio:
l’inesperienza, il desiderio di sconfiggere la noia, il piacere di avere facili
ricompense, le gratificazioni economiche immediate.
Conoscere le fragilità dei
ragazzi può servire per prevenire eventuali patologie o dipendenze. Se è vero
che il gioco parte da aspetti ludico-ricreativi che possono essere altamente
piacevoli e addirittura consigliabili, può, in alcune situazioni personali,
portare a una condizione di dipendenza patologica. Gli educatori vigilino
sempre sul tipo di gioco che i ragazzi intraprendono, sapendo che quelli in cui
ci sono di mezzo i soldi sono trappole da evitare, e che spesso sono gli adulti
i cattivi maestri. Il gioco d’azzardo patologico rimane ancora oggi
nell’immaginario sociale un fenomeno più associato al "vizio" o alla
"cattiva volontà" che non alla malattia.
A livello epidemiologico, si
stima che l’80% della popolazione abbia giocato almeno una volta nella vita ai
giochi cosiddetti "leciti" (slot machine, gratta-e-vinci, lotto,
bingo) e che circa il 17-20% abbia un rapporto problematico con il gioco a
rischio, tale da trasformarsi in una vera e propria dipendenza. Il gioco
d’azzardo purtroppo è considerato da pochi un’emergenza sociale. È una
dipendenza, in parte ancora "sommersa", quindi un fenomeno ancora
sottostimato, non riconosciuto come malattia. Credo, inoltre, che un certo
numero di genitori sia inconsapevole di quel che accade ai figli. La stessa
parola "gioco" li tranquillizza. Dovremmo promuovere azioni
d’informazione attraverso i mass-media sui rischi del gioco d’azzardo,
informare le famiglie su questa nuova forma di dipendenza, ottenere una
diagnosi precoce del problema per poi accedere alla cura.
Nessun commento:
Posta un commento