J'ACCUSE/ Hamza (Ungheria): l'Europa ci attacca perché difendiamo il
cristianesimo - INT. Gábor Hamza, martedì 20 marzo 2012, http://www.ilsussidiario.net
Da tempo l’Ungheria è nel mirino
degli osservatori internazionali. Il Paese è finito, nel corso degli ultimi
mesi, nell’occhio del ciclone prevalentemente per due questioni: la prima
riguarda il presunto autoritarismo del premier Viktor Orban. Dicono che abbia
scatenato un attacco furibondo contro le libertà fondamentali dei propri
cittadini, a partire da quella di espressione colpendo, in particolare, stampa
e magistratura. La seconda riguarda la nuova costituzione. Al suo interno vi è
un esplicito riferimento alla radici cristiane del paese (si menziona la Sacra
Corona di re Santo Stefano), e le asserzioni secondo cui la vita va difesa dal
suo concepimento fino al termine naturale e il matrimonio è esclusivamente
quello tra uomo e donna. Per tali ragioni, l'Unione europea ha dato ad una
commissione apposita l’incarico di indagare, per capire se nel Paese sia in
gioco la democrazia. Abbiamo chiesto al professor Gàbor Hamza come stiano le
cose.
Può parlarci, anzitutto, della
vostra Costituzione?
La Costituzione ungherese (il
termine esatto con cui è chiamata nel nostro Paese è Legge fondamentale) fu
messa a punto l’anno scorso ed è entrata in vigore il primo gennaio di
quest’anno. E’ la prima costituzione scritta e democratica dell’Ungheria;
quella precedente risale al 1949 e rappresenta la versione ungherese della
Costituzione staliniana del 1936. E’ stata approvata con i due terzi del
Parlamento e, tra tutti i paesi dell’ex Unione Sovietica, è stata promulgata
per ultima.
Perché avete inserito un
riferimento alle radici cristiane?
Il riferimento ai valori
cristiani si comprende considerando il contesto storico in cui è stata
introdotto. Il Regno d’Ungheria fu costituito nell’anno 1000 e il suo primo re
fu Santo Stefano. Da allora, la cristianità ha sempre connotato strutturalmente
il Paese. La rottura imposta dal regime, tra il 1949 e il 1990, rappresenta una
semplice parentesi nella storia dell’Ungheria.
In sede europea è sorta la
polemica circa l’opportunità dell’inserimento di tali radici.
Anzitutto, secondo l’ultimo
censimento, l’80 per cento della popolazione si identifica in una delle
comunità religiose cristiane. La nostra decisione, quindi, è anzitutto
giustificata in senso sociologico. C’è da aggiungere e ricordare che ci sono 5
Paesi membri dell’Unione europea dove viene menzionata l’invocazione a Dio,
mentre in altri 6 o 7 c’è un riferimento indiretto. Non è, quindi, una
peculiarità ungherese.
La difesa dalla vita umana dal
suo concepimento alla morte naturale, però, sì.
E’ vero, ma la difesa del concepito
risale addirittura all’esperienza romana. Si tratta di un concetto
plurisecolare. Sul quale, anche in questo caso, c’è stato pieno consenso da
parte del popolo.
In Europa si sono levate, di
recente, voci di accusa contro la crescente limitazione delle libertà
fondamentali che si starebbe verificando nel suo Paese. Come stanno le cose?
Queste voci, anzitutto,
provengono solamente da una parte dell’Europa. Tutti i paesi che un tempo
facevano parte dell’Urss, ad esempio, appoggiano il nostro atteggiamento. Ma
non solo loro: anche Gran Bretagna, Austria e Spagna non hanno mai manifestato
ostilità nei nostri confronti mentre la Germania si è mostrata, a tratti,
ambigua.
Come si spiega, allora,
l’ostilità di parte dell’Europa?
In parte di essa, come in parte
dei media europei, c’è una palese ostilità nei confronti del cristianesimo.
Da cosa è motivato, invece, la
presa di posizione dei media italiani, anch’essi prevalentemente orientati
verso la denuncia della dittatura?
Per lo più, dalla scarsità delle
informazioni in loro possesso.
In ogni caso, come stanno
realmente le cose?
A differenza di quanto è stato
detto, non un solo giornalista, ad oggi, è stato arrestato, mentre
l’opposizione continua a fare il proprio lavoro. Basti pensare che buona parte
dei punti introdotti nella nuova costituzione sono stati voluti dalle forze di
minoranza, come quello relativo ai nuovi poteri della Corte costituzionale. La
polizia, inoltre, da quando ci furono, nel 2006, degli scontri violenti con dei
manifestanti pacifici, è stata costretta ad cambiare atteggiamento, e tutto può
dirsi, ad oggi, fuorché una forza connotata da atteggiamenti repressivi.
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