lunedì 19 marzo 2012


Ragazzi condivisi I figli tradizionalisti e autonomi dei separati «L' ultima cosa che farei è rompere le nozze», 18 marzo 2012 - http://archiviostorico.corriere.it/

Sperimentano nuove forme di convivenza, imparano che non si sta insieme per dovere e si entusiasmano per il pranzo della domenica Hanno l' ideale della famiglia normale ma sanno confrontarsi bene con chi è diverso da loro Le tendenze Lasciano le loro famiglie sempre più tardi: in media le ragazze escono di casa prima dei maschi

I compleanni festeggiati due volte. Lo stesso con il Natale e decine di altre ricorrenze. La famiglia per molti ragazzi non è mai stata così «larga» come in questi ultimi anni. Da istituzione millenaria basata sul modello madre-padre-figli, oggi la struttura familiare è esplosa in una girandola di «format». Resiste ovviamente quello originario, ma sono sempre più frequenti le coppie non sposate con figli, le famiglie con un solo genitore oppure quelle «ricostituite» (in cui almeno uno dei partner ha già un matrimonio alle spalle). Queste sono le cornici, i tanti nuclei nei quali sono cresciuti i ventenni di oggi. In Italia, i figli lasciano le loro case - con nuclei più o meno tradizionali - sempre più tardi, a differenza di quanto accade nell' Europa centro-settentrionale, dove invece i giovani vanno più precocemente a vivere da soli, con amici (ipotesi più frequente tra chi ha vent' anni o più) o con un partner. La prima indagine sulle strutture e i comportamenti familiari condotta dall' Istat nel 1983 registrava che il 49% dei 18-34enni viveva in famiglia, percentuale salita al 51,8% nel 1990 e al 60,2% nel 2000, per poi restare abbastanza stabile (58,6% nel 2009). Erano sette milioni i giovani non sposati tra i 18 e i 34 anni che nel 2009 vivevano con almeno un genitore. La quasi totalità dei figli resta in famiglia fino a 24 anni (il 96,9% di quelli tra 18 e 19 anni, l' 86,1% di quelli tra 20 e 24), ma la percentuale continua a essere elevata anche tra i 25-29enni (59,2%). Ci sono forti differenze di genere: i ragazzi rinviano l' uscita più di quanto non facciano le ragazze. Tra i 25 e i 29 anni vive ancora in famiglia il 68,8% dei maschi contro il 48,8% delle femmine. Quelle di genere non sono le uniche differenze. Nel Mezzogiorno i figli 18-34enni che vivono ancora con almeno un genitore costituiscono i due terzi del totale, contro poco più della metà nel Nord-Est. In questo panorama frastagliato, in cui le famiglie restano l' ammortizzatore sociale fondamentale per le giovani generazioni, l' orizzonte sembra ricomporsi al capitolo dei sogni e delle aspirazioni. «I figli delle famiglie allargate possono vivere un surplus di instabilità e ansietà - spiega lo psichiatra Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di Neuroscienze del Fatebenefratelli di Milano - ma questo può essere uno stimolo a crescere. Trovo in questi ragazzi una maggiore autonomia, sono meno legati al nucleo originario e hanno meno difficoltà a lasciarlo. Si abituano ad avere più punti di riferimento e di appoggio e soprattutto imparano presto che la vita è fatta anche di sentimenti, che i genitori non restano insieme per dovere ma hanno diritto a una vita sentimentale e sessuale che li faccia stare bene. Certo, quando funziona la famiglia dà sicurezza, il punto è che deve fondarsi su sentimenti autentici». «In chi proviene da famiglie in cui i genitori si sono separati c' è una gran voglia di normalità - dice la psicologa Silvia Vegetti Finzi, autrice di Quando i genitori si dividono. Le emozioni dei figli -. Quasi tutti i figli di separati sognano una famiglia tradizionale: si desidera sempre quello che non si ha. La famiglia normale viene però da loro idealizzata, i concetti più tradizionali come il pranzo della domenica vengono immaginati come momenti perfetti, di armonia e felicità». Molti i commenti sul tema inviati questa settimana al blog Solferino 28/anni. Ha scritto un lettore: «Nella vita succede di peggio che subire una separazione o vedersi imposta la convivenza con degli estranei. Di solito si riesce a tirare avanti. Quello che non si sopporta sono i discorsi ipocriti e manipolatori di chi vorrebbe dimostrare che è "normale" che i figli debbano passare attraverso queste esperienze». Sempre nelle parole dei lettori, si ritrova quel desiderio di normalità. Si legge anche in questo commento di una figlia di genitori separati: «I miei avrebbero potuto fare qualche sforzo in più per tentare di ricucire il loro rapporto. Ho dovuto subire, con mio fratello, i due figli del nuovo compagno di mia madre. Per noi è stato devastante, in primo luogo vedere nostra madre condividere il letto e la vita con un uomo che non era nostro padre e poi dover forzatamente convivere in casa nostra con due bambini intrusi che non conoscevamo, non avevamo nessuna voglia di conoscere, e che di fatto erano venuti ad occupare "abusivamente" spazi e tempi che prima erano solo nostri. Certo, alla fine si supera tutto, anche perché non se ne può fare a meno se si vuole sopravvivere. Non appena ho potuto, sono andata a vivere per conto mio. Adesso che sono sposata e ho dei figli, penso che l' ultima cosa al mondo che farei se dovessi separarmi (ma non credo che questo accadrà), sarebbe trovarmi un nuovo compagno e imporlo ai miei figli». Una lettrice definisce la separazione dei genitori «una liberazione»: «Non sopportavo più le liti, i malumori, le ripicche che si facevano e la mia reazione quando mi è stato detto della separazione è stata: era ora... I bambini e i ragazzi sono molto più elastici di noi adulti, basta semplicemente parlare con loro e spiegare le cose». 

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