J'ACCUSE/ L'aborto post-parto? Un vecchio sogno dei Darwin senz'anima -
INT. Francesco D'Agostino, giovedì 1 marzo 2012, http://www.ilsussidiario.net
Asserzioni la cui evidenza, per
non dire banalità, è immediata, se affogate nelle oscurità del linguaggio
tecnico possono diventare oggetto di dibattito. Ed essere, dunque, messe in
dubbio. Come il fatto che uccidere un neonato sia cosa sbagliata. Qualunque
persona di buon senso lo sa. Eppure, Alberto Giubilini e Francesca Minerva
nell’articolo “After-birth abortion: why should the baby live?” pubblicato
sulla prestigiosa rivista“Journal of Medical Ethics”, riescono nell’impresa di
sostenere il contrario; con tanto di imprimatur di parte del mondo scientifico
che la prestigiosa rivista rappresenta. Il concetto, per loro, è semplice: i
neonati sono privi dell’autocoscienza che determina il desiderio di vivere.
Tale assenza renderebbe impossibile conferire loro lo status di persona. Per
cui, eliminarli, non provoca alcun danno. Abbiamo chiesto al professore
Francesco D’Agostino ragguagli in merito al concetto di “aborto post-parto”.
Anzitutto, che peso dare a questo
articolo?
A mio avviso, molto limitato. Il
fatto che sia apparso su una rivista importante non giustifica le pubblicità
che sta avendo. Del resto, si tratta di tesi edite.
Da chi?
Peter Singer ed Hugo Hengelhardt
da anni avevano elaborato la teoria secondo la quale gli individui sono esseri
umani a pieno titolo solo quando hanno piena capacità di relazione; altrimenti,
sono solamente individui e non persone. Ovviamente, in tale categoria rientrano
anche gli infermi mentali, i malati di altzheimer e via dicendo. Secondo tali
concezioni, inoltre, gli individui che non sono persone non vanno difesi di per
sé stessi, ma per difendere in tal modo gli interessi emotivi di chi è persona
a pieno titolo. La protezione degli handicappati mentali, ad esempio, è
giustificata dalla tenerezza e dai sentimenti che i loro parenti provano per
essi.
Quindi, non c’è nulla di nuovo?
Probabilmente, questi autori
introducono l’argomento peregrino secondo cui l’infanticidio sarebbe
nell’interesse del neonato più che l’adozione. Affermano che è meglio non
vivere affatto che finire in mano di genitori adottivi perversi. Questo e nulla
più.
Come si confutano tale tesi?
Basterebbe considerare il fatto
che, ad esempio, Singer afferma che la persona sia tale solo se dotata di
capacità relazionali; ebbene: un’elementare conoscenza psicoanalitica ci dice
che il neonato attiva formidabili dinamiche relazionali con la madre e con il
padre. Addirittura è noto che, prima del parto, la psiche della madre entri in
relazione con quella del feto al punto tale che si parla di psicoanalisi
pre-parto. Detto questo, le sue posizioni, dal punto di vista filosofico, sono
di una tale banalità, che confutarlo significa concedergli fin troppo onore.
Occorre pur sempre, tuttavia, assumere una qualche forma di antropologia. In
caso contrario, confutarlo diventa pressoché impossibile.
Cosa intende?
L’argomento antropologico lascia
totalmente indifferenti quei biotecisti che hanno una posizione di estremo
materialismo. In sostanza, per chi rigetta ogni orizzonte antropologico, non
esiste piano di incontro possibile. Sarebbe come contestare chi afferma che la
Gioconda di Leonardo non è altro che un insieme di colori spalmati su una tela.
Dal punto di vista fisicistico, costui, avrebbe ragione. Se, tuttavia, non
fosse in grado di vedere al di là dell’amalgama di colori, non basterebbero
anni di lezioni di storia dell’arte per fargli comprendere che cos'è realmente
la Gioconda.
L’assenza di un’antropologia,
quindi, giustifica qualunque posizione?
Esatto. Addirittura, alcuni
bioeticisti arrivano a sostenere che la medicina dovrebbe essere drasticamente
darwiniana, abbandonando i soggetti deboli per favorire solamente quelli forti.
In ogni caso, perché una rivista
prestigiosa pubblica tesi del genere?
E’ emblematico del degrado della
cultura anglosassone contemporanea che, di fatto, ha imboccato da molti anni la
via di un riduzionismo darwiniano e utilitarista che porta a esiti di questo
tipo. Lo si vede nelle pratiche di fecondazione assistita e manipolazione degli
embrioni.
Può farci qualche esempio?
Alcuni centri di fecondazione
assistita anglosassoni fecondano in vitro diversi ovociti per impiantarli in alcune
donne. Intendono verificare quali di queste diano origine a gravidanze
ottimali, facendo abortire tutte le altre. Ormai non si tratta più di aiuto
alla procreazione o di lotta alla sterilità. È una forma conclamata di
eugenetica, del tutto legata al denaro. Ricerche di questo genere moltiplicano
i costi, ma c’è chi se lo può permettere.
Da cosa dipende tale degrado?
Sicuramente, almeno in parte, la
cultura contemporanea è sotto la soggezione quasi invincibile delle
straordinarie capacità della tecnica. Che, del resto, è ancora il feticcio del
mondo. Il dramma è che la logica che guida la tecnica è esclusivamente di tipo
funzionale. Ciò che funziona ha un pregio, al contrario va distrutto. Tale
visione, se applicata esclusivamente alla tecnica ha una sua legittimità.
Difficilmente, tuttavia, la concezione funzionale resta circoscritta al proprio
ambito, senza sfociare nell'antropologia.
(Paolo Nessi)
© Riproduzione riservata.
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