La casa di Sofia di Pigi Colognesi, il sussidiario.net, mercoledì 19
ottobre 2011
Povera Sofia! Intendo la
Sapienza, quel bene prezioso che i Greci ci hanno insegnato a desiderare
instancabilmente. Perché l’uomo è un animale strano ed esigente, che di ogni
pezzo di realtà cerca il significato e vuol stabilire la connessione con il
resto. Amore della Sapienza è la filo-sofia e i filosofi dovrebbero darne
l’esempio. Di questi tempi, come informa la Repubblica del 10 ottobre, il
filosofo fa anche il consulente per la risoluzione dell’altrui «disagio
esistenziale», si è messo ad aprire sportelli e ambulatori, a proporre stage e
corsi intensivi al fine di «curare con le idee».
L’assunto di partenza pare
condivisibile: «Oltre alle emozioni, si ammalano anche le idee», dice Umberto
Galimberti e, quindi, vale la pena darsi del tempo e farsi aiutare per imparare
a pensare correttamente. Certo, la pretesa del filosofo/curatore appare un po’
esagerata, con un tono salvifico troppo marcato: «Quando non c’è più rimedio
nella religione, prosegue Galimberti, forse neppure in psicoterapia, e
tantomeno in farmacia», allora ci si rivolge alla «pratica filosofica».
Resta, comunque, che il dato di
partenza è quello di un bisogno cui non si sa altrimenti rispondere e che i
casi della vita portano a galla e acuiscono. Infatti, pare che la gran parte di
coloro che si rivolgono ai consulenti filosofici siano persone che provengono
da una recente crisi affettiva, per esempio un divorzio, che subiscono
situazioni stressanti sul lavoro, che hanno scoperto di non saper educare i
figli, che non sanno stare in una società che esige performance sempre più
elevate. Insomma, persone che hanno i problemi di tutti.
Sono perfettamente d’accordo che
questo tipo di situazioni è un’occasione paradossalmente privilegiata per
“pensare” in modo nuovo, per smetterla di lasciarsi irragionevolmente andare
sulla cresta della superficialità, per farsi delle domande. Mi convince di meno
quando i consulenti filosofici dicono che il loro contributo coincide con lo
stimolare «la funzione radicalmente critica del dubbio» oppure col realizzare
una «critica radicale dell’esistente». Insomma, il modo curativo di pensare
sarebbe il dubbio, la messa in discussione, la critica. Ma così rischio di
avere soltanto un problema in più.
Si tratta di decidere se quel
famoso «disagio esistenziale» può condurre esclusivamente a un rimescolamento -
attraverso il dubbio e la critica - dei dati in questione oppure se apre su
orizzonti di verità, se è o no un invito a cercare Sofia. «La consulenza
filosofica, dice la giornalista di Repubblica, tenta di elaborare un punto di
vista diverso e non schiacciato sulla realtà». Ma «non schiacciato sulla realtà»
può significare che la si sfugge per rifugiarsi in nuovi pensieri oppure che la
si guarda attentamente per cercarne il senso. È nella modesta casa della realtà
che abita Sofia; è la realtà, anche quella che provoca dolore, che pone le sole
domande giuste. Proprio sfuggirvi genera disagio esistenziale.
Sofia non gioca con le idee, non
tenta di evitare sofferenze e contraddizioni, non si costruisce un mondo a
parte per far finta di poterlo governare. Essa spera sempre che ci siano
filosofi veri, gente che sa della sua esistenza e la cerca nella sua modesta
casa.
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