mercoledì 19 ottobre 2011


Sfamare il mondo, con il biologico non si può di Luigi Mariani, 19-10-2011, http://www.labussolaquotidiana.it/

Il 16 ottobre si è celebrata la Giornata mondiale dell’alimentazione, annualmente indetta per volontà della FAO con lo scopo di aumentare la consapevolezza dell’opinione pubblica sul problema della fame nel mondo e richiamare l’attenzione sulla sicurezza alimentare per tutti. Per tale motivo continuano a svolgersi anche in questi giorni eventi legati a questa giornata.

E' quindi il caso di sviluppare sul ruolo attuale e futuro dell’agricoltura come elemento essenziale per la sicurezza alimentare globale.

Il principale dovere del sistema agricolo mondiale è – oggi come in passato - quello di rifornire i mercati con prodotti alimentari (di origine vegetale ed animale) e con beni di consumo (es: carta, cotone e lana per i nostri abiti) che siano di buona qualità e a prezzi contenuti.


Da questo punto di vista si deve considerare (e qui mi richiamo alla bella intervista che rilasciò mesi orsono alla Bussola Quotidiana  l’illustre economista agrario Dario Casati) che il mercato dei prodotti agricoli è oggi un mercato globale in cui ogni azione condotta dai Paesi grandi produttori è passibile di  ripercussioni sull’intero sistema. Da ciò  deriva la necessità di sottrarre la produzione agraria a logiche speculative di breve periodo, facendo ad esempio tesoro del fatto che ogni 6 mesi (rispettivamente alla fine dell’estate boreale e di quella australe) si ha un raccolto dei principali cereali (frumento, riso e mais). E’ proprio la previsione e la valutazione finale dei risultati di tali raccolti che dovrebbe consentire di “raffreddare” periodicamente i mercati  scongiurando gli effetti perturbativi  indotti dagli eventi meteorologici avversi che con una certa frequenza colpiscono le principali aree produttive mondiali.

Sussiste inoltre la necessità di un accresciuto senso di responsabilità da parte dei Paesi grandi produttori di derrate alimentari, in particolare con riferimento ai temi delle agricolture alternative, delle energie rinnovabili e della zootecnia.


I Paesi ricchi manifestano infatti un’attenzione sempre crescente all’agricoltura biologica (o “organic farming”, come in modo più corretto la chiamano gli anglosassoni). Convertire al biologico rinunciando ai mezzi che la  tecnologia pone oggi a nostra disposizione (concimi minerali, fitofarmaci, diserbanti, ecc.) significherebbe oggi ridurre del 50% circa la produzione delle principali colture, con consistenti danni non solo quantitativi ma anche qualitativi (es: senza un’adeguata e ben dosata concimazione azotata il tenore proteico della granella di frumento diminuisce e con essa la qualità della pasta). Questi dati dovrebbero indurre a riflettere quanti oggi, in Europa o negli Usa, vedono il futuro della produzione di cibo in tecnologie di tipo pauperistico (il biologico) o addirittura in tecnologie a base magica perché basate sulla valutazione degli influssi astrali (il biodinamico).

Insomma, l’obiettivo della  sicurezza alimentare globale rende più che mai necessario evitare di rifugiarsi in tecnologie che potrebbero tutt’al più nutrire le aree più privilegiate (Stati Uniti, Europa). E’ curioso invece osservare come una strana nostalgia di “ancien regimes” in cui i “buoni cibi di una volta” o gli “antichi saperi” sono l’analogo del reazionario “non hanno pane, che mangino brioches” stia oggi pervadendo gruppi o gruppuscoli che si ammantano di progressismo e di miti di “salvataggio del pianeta”.

Non è oggi pensabile che un’agricoltura in grado di rispondere alle esigenze dell’umanità sia condotta sfruttando gli “antichi saperi” e dunque occorre aver fiducia nella tecnologia come l’arma più potente a nostra disposizione per garantire un futuro di prosperità al genere umano. Ciò comporta la necessità assoluta di non cedere alla nostalgia di un passato alla “Mulino bianco” che non è mai esistito mentre al suo posto vi era miseria garantita per i più, quella miseria che ha spinto negli scorsi decenni una grossa fetta di italiani a migrare dalla campagna alla città.


Un discorso specifico meritano poi le colture destinate alla produzione di  energia. La finalizzazione dell’attività agricola alla produzione di energia dovrebbe essere subordinata ai seguenti vincoli:

1. Non essere concorrenziale rispetto alla produzione di cibo. Ad esempio una quota sempre più consistente del mais della Pianura padana viene oggi destinata alla produzione di biogas; in tali condizioni i produttori zootecnici (dalla cui attività derivano i principali prodotti agro-alimentari italiani da esportazione ad eccezione del vino e cioè Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Prosciutto di Parma e San Daniele) sono sempre più costretti a rivolgersi ai mercati mondiali facendo così salire i prezzi. Un discorso analogo vale per la granella dei cereali che nel mondo ricco viene oggi sempre più spesso usata in luogo del legname per alimentare le stufe.

2. Non influire negativamente sulla fertilità dei suoli (es: la diffusione della “moda” di bruciare paglia di cereali per produrre “energia verde” porterà a raggiungere un grande risultato in termini di produzione di energie rinnovabili ma porterà altresì al decadimento della fertilità dei suoli, che si giova enormemente della sostanza organica che dalle paglie deriva).


La sicurezza alimentare globale passa inoltre attraverso una valutazione razionale del ruolo attuale e futuro del settore zootecnico. Il consumo mondiale di carne è in aumento e nel frattempo va facendosi strada una rivoluzione zootecnica che mira a razionalizzare il settore tramite massicce innovazioni sia a livello di genetica (es: specie e razze con più elevata efficienza nella conversione degli alimenti in carne e latte) che di tecniche di allevamento. Con riferimento a tale importante settore occorre considerare che la conversione degli alimenti effettuata tramite la zootecnia è in genere poco efficiente, occorrendo in media 7 kg di granella di cereali per ottenere un kg di carne bovina mente efficienze maggiori si registrano nel caso dei suini e del pollame. Occorre tuttavia  anche considerare che la zootecnia è in grado di sfruttare non solo le aree marginali non utilizzabili per l’agricoltura intensiva (es: pascoli montani, steppe) ma anche i sottoprodotti del settore agricolo-alimentare che altrimenti non troverebbero alcun impiego. A ciò si aggiunga che la carne ed i prodotti lattiero caseari sono fonte di proteine di alta qualità per l’alimentazione umana.
In tal senso si rivelano fondamentali le azioni di educazione alimentare che mettano in luce i pregi della carne evidenziando altresì i problemi derivanti dal suo eccesso nelle diete.


Inoltre è bene svolgere una riflessione di tipo culturale: se si eccettua l’acqua, il 50% circa del nostro nutrimento è costituito dal carbonio che le piante assumono dall’atmosfera attraverso il processo di fotosintesi. La fotosintesi è la reazione biologica per eccellenza in quanto da essa dipende la vita sul nostro pianeta; inoltre anidride carbonica e acqua sono alla base di tutte le catene alimentari e dell’intero processo produttivo agricolo. Da ciò discende che demonizzare l’anidride carbonica relegandola al ruolo di inquinante è una aberrazione sul piano antropologico perché così demonizziamo il mattone della vita sul nostro pianeta. Pertanto l’aumento di anidride carbonica in atmosfera dovrebbe essere considerato non come una sciagura cosmica ma come una risorsa da utilizzare per incrementare la produzione agricola.

Da ultimo vorremmo segnalare una possibilità per i lettori di condurre una riflessione in chiave etnografica sul ruolo passato, attuale e futuro dell’agricoltura, visitando il Museo Lombardo di Storia dell’Agricoltura di Sant’Angelo Lodigiano. Il museo è attualmente chiuso per interventi manutentivi straordinari al fabbricato che lo ospita, lo splendido castello visconteo si Sant’Angelo Lodigiano. Tuttavia sono in programma una serie di aperture straordinarie con visita guidata, la prima delle quali ha avuto luogo proprio domenica 16 ottobre in occasione della Giornata mondiale dell’Alimentazione.

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