USA, i vescovi per la libertà religiosa di Massimo Introvigne, 05-10-2011,
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Venerdì la Conferenza Episcopale
degli Stati Uniti, con una lettera firmata dal suo presidente mons. Timothy
Dolan, arcivescovo di New York, ha annunciato l'istituzione di un
"Comitato ad hoc per la libertà religiosa" che sarà presieduto dal vescovo
William Lori di Bridgeport (Connecticut). Potrebbe sembrare una delle tante
iniziative - benemerite ma non nuove - per richiamare l'attenzione di un
Occidente distratto sulle tragiche violazioni della libertà religiosa in Africa
e in Asia.
E invece no. Come spiega mons.
Dolan, l'iniziativa è storica perché il comitato si occuperà delle violazioni
della libertà religiosa in danno dei cristiani non in Pakistan o in Nigeria, ma
negli stessi Stati Uniti. Una clamorosa conferma di quanto era emerso il 12
settembre scorso al vertice di Roma - dedicato ai crimini contro i cristiani -
dell'OSCE, l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, di
cui sono Rappresentante per la lotta al razzismo e alla discriminazione contro
i cristiani e i seguaci di altre religioni. L'intolleranza - che è un fatto
culturale - sta ormai maturando in discriminazione, un fatto giuridico, anche
in Occidente, e anche in Paesi che pure sono giustamente ammirati per il loro
contributo alla formulazione delle moderne teorie giuridiche sulla libertà
religiosa.
Già Marco Respinti, su La Bussola
Quotidiana del 2 ottobre, aveva riferito della lettera dello stesso mons. Dolan
al presidente Obama, dove il presule protestava per il sostegno della Casa
Bianca alle iniziative che intendono abrogare il DOMA (Defense of Marriage
Act), una legge del 1996 che riconosce come matrimonio solo quello monogamico
ed eterosessuale, tra un uomo e una donna. Ora i vescovi affermano che
l'attacco al DOMA è uno dei sei aspetti critici che mettono in discussione la
libertà religiosa dei cristiani statunitensi. E ne elencano altri cinque.
Primo: le norme del Ministero delle Sanità che
costringono le compagnie di assicurazione e i fondi previdenziali a includere
nella loro copertura la contraccezione, i farmaci abortivi e la sterilizzazione
in tutti i piani di assicurazione sanitaria privata. È vero che in queste norme
c'è una limitata eccezione religiosa, ma questa - scrive mons. Dolan - «copre
quasi solo la perpetua della parrocchia». Negli altri casi ci sarà secondo i
vescovi una violazione della libertà religiosa, perché le assicurazioni
cattoliche non potranno rifiutassi di coprire questi servizi, né i datori di
lavoro cristiani potranno rifiutarsi di pagare contributi previdenziali che
andranno a finanziare i contraccettivi o la pillola abortiva.
Secondo: lo stesso Ministero per
la Sanità richiede che il Servizio per i Migranti e i Rifugiati (MRS), la
storica agenzia della Conferenza Episcopale che assiste gli immigrati, fornisca
quella che chiama la «piena gamma di servizi riproduttivi» - ovvero aborto e
contraccezione - ad alcuni suoi assistiti, cioè le vittime del traffico di
esseri umani e gli immigrati minorenni che entrano negli Stati Uniti non
accompagnati da genitori o tutori. Per questi assistiti il MRS riceve un
contributo finanziario dal governo federale, e il Ministero - sposando la tesi
degli attivisti pro aborto che sono in causa contro il MRS - sostiene che
questo contributo implica obbligatoriamente che le giovani immigrate assistite
dall'agenzia cattolica siano aiutate, se lo richiedono, ad abortire.
Terzo: nei programmi di aiuti
internazionali contro l'AIDS, USAID, un'agenzia federale che riceve le sue
direttive dal Dipartimento di Stato ma con cui interagiscono enti e singoli
cattolici, dà un ruolo prominente alla distribuzione di preservativi, qualche
cosa con cui in coscienza i cattolici fedeli al Magistero non possono
collaborare.
Quarto: il Ministero della
Giustizia, in una causa pendente presso la Corte Suprema, ha "deluso"
i vescovi non difendendo la cosiddetta "eccezione ministeriale" che
permette alle organizzazioni religiose di assumere o designare chi vogliono per
ruoli ministeriali senza sottostare alle normali norme antidiscriminazione.
Siamo ancora ben lontani da questa conclusione, ma mettendo in discussione
l'"eccezione ministeriale" si compie il primo passo per aprire la
porta a cause dove un giudice potrebbe imporre alla Chiesa Cattolica di
ordinare delle donne come sacerdoti in nome della normativa contro la discriminazione.
Quinto: la nuova legislazione
dello Stato di New York, che ridefinisce la nozione di matrimonio includendovi
il matrimonio omosessuale, lascia un ruolo mal definito e ristretto
all'obiezione di coscienza. Ci sono già azioni legali e disciplinari contro
funzionari pubblici cattolici che si rifiutano di collaborare alla celebrazione
o alla trascrizione di matrimoni omosessuali.
Aggiungendo il problema del DOMA
- sesto punto - e gli interventi pubblici del presidente Obama a sostegno delle
esternazioni di Lady Gaga, i cui attacchi alle Chiese "omofobe" sono
la punta estrema di un'ostilità alla Chiesa che Benedetto XVI ha definito come
ormai maggioritaria nei poteri forti e nei media, si capisce perché i vescovi
abbiano voluto un comitato permanente per la difesa della libertà religiosa dei
cristiani negli Stati Uniti.
Si tratta di vicende allarmanti e
complesse, e la lettera di mons. Dolan permette tre rapide conclusioni.
La prima è che chi pensava - e
scriveva - che con mons. Dolan fosse stato scelto un presidente della
Conferenza Episcopale americana più remissivo in materia di rapporti con il
potere politico e di "principi non negoziabili" del suo predecessore,
il cardinale George, si sbagliava di grosso. Non era, anzi, mai accaduto che la
Conferenza Episcopale lanciasse una sfida così articolata insieme al presidente
degli Stati Uniti, al governo, ai giudici e a Stati potenti come quello di New
York, davvero senza guardare in faccia a nessuno. Molte lamentele
"tradizionaliste" sullo stato di sfacelo in cui verserebbe la Chiesa
Cattolica statunitense devono forse essere ridimensionate. Certamente ci sono
teologi - purtroppo in parte ancora in cattedra in prestigiose università e
seminari - che contestano il Magistero in materia morale, ma la voce dei pastori
di rado su questa stessa materia era risuonata con tanto vigore.
La seconda osservazione è che,
nella tradizione americana e in quella della diplomazia pontificia che ha
seguito con attenzione la vicenda, nessuno vuole veramente andare allo scontro
frontale. È la mia impressione, e anche il mio auspicio, pure dal mio
osservatorio come Rappresentante dell'OSCE, di cui gli Stati Uniti - un Paese,
chiunque lo governi, comunque sensibilissimo alle questioni di libertà
religiosa - fanno parte. Su tutti i singoli temi ci sono margini di trattativa,
com'è avvenuto in passato a proposito della riforma sanitaria. Se si vogliono
ottenere risultati concreti, è importante che le porte della trattativa
rimangano aperte. Ma il documento di mons. Dolan dà una lezione a un certo
numero di suoi colleghi in altri Paesi: alla trattativa si va con molta più
forza dopo avere parlato chiaro. Per stringere la mano dell'altro bisogna
anzitutto dimostrare di avere una mano, a differenza di quei personaggi
stigmatizzati da Charles Péguy (1873-1914) che, in una poesia intitolata -
senza riferimenti a Di Pietro, che all'epoca non era ancora nato - «Mani
pulite», se la prendeva con i cattolici francesi «moderati» del suo tempo che
«hanno le mani pulite ma, o Signore, non hanno mani».
La terza è che - benché la parola
«persecuzione», prendendo esempio da Benedetto XVI, vada riservata per non
inflazionarla ai casi di violenze e assassini più diffusi in Africa e in Asia -
c'è una emergenza legata alla discriminazione dei cristiani anche nelle
democrazie occidentali. Questa emergenza non è indifferente né secondaria - e
non può essere semplicemente posposta ad altre pure importanti questioni come
quelle dell'economia, del lavoro o della legalità, come spesso si tende a fare
in questi mesi in Italia - quando si parla di nuovo impegno politico dei
cattolici e di nuove classi dirigenti. Chi non difende la libertà religiosa non
è credibile quando si candida a difendere qualunque altra libertà.
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