Avvenire.it, 9 febbraio 2012 - Anche la vita oggetto di speculazione - Il
bond sulla morte, ritratto della finanza, di Massimo Calvi
La notizia è che una banca, la
tedesca Deutsche Bank, si è messa a vendere prodotti finanziari per scommettere
sulla morte delle persone. Non è uno scherzo. Il fondo si chiama «Db Kompass
Life 3» e la sua attività è molto semplice: offre certificati che permettono di
guadagnare sui decessi anticipati di 500 cittadini americani dai 72 agli 85
anni. Il campione di vecchietti, ovviamente, si è offerto volontario e ha messo
a disposizione degli "investitori" tutte le cartelle cliniche
necessarie a valutare i profili di rischio. Considerati i tempi di crisi, per i
capitali in cerca di rendimenti può essere un buon affare anche in un’ottica –
come direbbero gli esperti della materia – di diversificazione degli
investimenti. Se infatti il prodotto "sottostante", cioè la vita
dell’anziano in questione, durasse non più di un anno oltre la data di morte
prevista, allora si potrebbe ottenere un rendimento del 6%. Al di sotto di
questa soglia l’investitore perderebbe la metà della scommessa.
L’aspetto inquietante della
vicenda, come si può intuire, più che nella riduzione della vita umana a un
calcolo probabilistico – in fondo le polizze vita ci sono sempre state – è nel
sovvertimento di un ordine morale, nell’idea purtroppo molto attuale che
l’economia e la finanza vengano prima della dignità e della vita delle persone,
e non il contrario. Non si tratta più di un’assicurazione per proteggere i
familiari dal rischio di una scomparsa prematura, ma di una allucinante
scommessa finanziaria sul "default" di un essere umano. Che poi
questo sia d’accordo o meno, cambia poco. E non sorprende che a protestare sia
stata per prima proprio l’associazione delle banche tedesche, inorridita dalla
facilità con cui sia stato oltrepassato un confine morale considerato
invalicabile. Fino a poco fa la banca, come altre istituzioni finanziarie, aveva
giocato con l’esistenza delle persone attraverso prodotti che si
"limitavano" – si fa per dire – ad acquistare polizze vita di
individui non più in grado di pagare i premi, passando a riscuotere in caso di
decesso. Un affare, pare, da 700 milioni di euro.
Ma il "bond morte",
come è stato ribattezzato l’ultimo azzardo del mercato, supera ogni
immaginazione. A ben vedere però rivela un modus operandi in linea con quanto
avviene da tempo, tutti i giorni, sui mercati internazionali. I "creativi"
della banca hanno semplicemente portato in un certificato la cultura economica
e finanziaria della quale sono imbevuti, appresa sui banchi delle migliori
università internazionali. L’idea, cioè, che lo strumento finanziario non debba
servire a sostenere e migliorare l’economia reale – in questo caso la vita dei
vecchietti o dei loro eredi – ma, cambiando la propria finalità, diventi un
modo per realizzare il maggior profitto possibile speculando sulla vita delle
persone, ridotte a oggetti, beni, merce di scambio. Quello che i nonni in
questione forse non sanno è la capacità che a certi livelli ha ormai la finanza
di condizionare l’economia reale, fino a trasformare le aspettative in esiti.
Non è affatto escluso, per spiegarci, che quando i contratti sulla morte anticipata
di un pensionato diventeranno numerosi, allora probabilmente molti altri
scommettitori penseranno valga la pena investire sui certificati di morte. E
qualcuno troverà il modo di fondare nuove agenzie per la valutazione del
rischio, come si fa con i rating sugli Stati, così da tenere il mercato sotto
controllo. Al primo colpo di tosse dell’anziano, poi, anche i medici
incominceranno a comprare i bond morte, sperando di guadagnare a loro volta. E
a quel punto nuovi investitori penseranno che la persona sia veramente sul
punto di passare a miglior vita, e così lo "spread" con il bond del
vicino di casa crescerà ulteriormente, facendo aumentare l’attesa per un
funerale. Quando alla fine tutti avranno da guadagnarci nel
"fallimento" del nonno è abbastanza probabile che l’avidità trovi
molti alleati e ottenga il suo atteso sacrificio.
Se questa vi sembra una storia
già sentita non state sbagliando. La finanza speculativa ha già da tempo
oltrepassato "quel" confine, come la crisi sta drammaticamente
mettendo in luce. La caduta dell’ultimo velo di ipocrisia per l’iniziativa
della banca tedesca può solo aiutarci a prendere coscienza di quanto sia
urgente ristabilire il giusto ordine dei valori anche in economia. Riportando
gli strumenti al servizio della vita umana, e non il contrario.
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