Così il robot impara l'altruismo, di Lorenzo Mannella, Pubblicato il 10
Maggio 2011, http://www.galileonet.it/
La chiave del successo di molte
specie come api e formiche è nel gioco di squadra. E potrebbe esserlo anche per
i robot. Negli animali questo comportamento è innato, affinato dai processi
evolutivi nel corso di milioni di anni. Alle macchine, invece, potrebbe bastare
un solo algoritmo condiviso. Come quello individuato dai ricercatori dell'École
Polytechnique Fédérale (Epfl) e dall'Università di Losanna (Svizzera). I
risultati , descritti su PloS Biology potrebbero portare a generazioni di
intelligenze artificiali (Ai) in grado di cooperare e agire con la precisione
geometrica di uno sciame d'api.
Negli anni '60, il biologo
evoluzionista William Hamilton aveva ipotizzato che un singolo individuo tende
a sacrificare il proprio benessere personale a favore di quello della sua
famiglia o comunità, anche perché in questo modo garantisce la sopravvivenza
del patrimonio genetico condiviso. Obiettivo dei ricercatori svizzeri era
allora capire se si potesse indurre lo stesso comportamento anche nei robot.
Il team di ricerca coordinato da
Dario Floreano , a capo del laboratorio di Sistemi intelligenti presso la Epfl,
ha analizzato la diffusione dell'altruismo all'interno di 20 popolazioni di
piccoli robot impegnati a cercare del 'cibo' in uno spazio chiuso. Compito delle
macchine era quello di trovarlo e trasportarlo verso una base comune, per poi
decidere se condividerlo o meno. In ogni popolazione era presente un differente
numero di robot “imparentati” tra loro: come i membri della stessa famiglia
condividono parte del patrimonio genetico, alcune macchine condividevano nelle
rispettive memorie determinate serie di algoritmi. Tra le informazioni presenti
nelle memorie c'era la formula usata da Hamilton per spiegare la sua teoria.
Durante le simulazioni, gli
studiosi valutavano le performance in base al fatto che i robot riuscissero o
meno a ottenere il cibo. Dopodiché copiavano, mutavano e ricombinavano gli
algoritmi appartenenti alle macchine che erano riuscite a nutrirsi, e li
trasferivano in una nuova unità robotica, simulando così, in qualche modo, il
processo di selezione naturale. La strategia veniva ripetuta per alcune
"generazioni" successive di robot. Alla fine della sperimentazione,
Floreano e i suoi colleghi hanno scoperto che anche nei robot le popolazioni di
“parenti” tendevano a rispettare la teoria di Hamilton: le macchine che
appartenevano alla stessa famiglia di algoritmi tendevano a collaborare nella
ricerca e nella distribuzione del cibo, così che tutti gli individui del gruppo
risultavano nutriti. In questo modo gli algoritmi tipici della famiglia
sarebbero stati preservati e trasmessi alle nuove unità.
“Grazie a questo esperimento
siamo riusciti a selezionare un algoritmo che ci permette di ottenere la
cooperazione attiva in qualsiasi altro tipo di robot”, ha spiegato Floreano su
PLos. “Utilizzeremo questo codice altruista per migliorare i sistemi di
controllo degli sciami di robot volanti. In questo modo potremo valutare se
riusciranno a collaborare insieme per raggrupparsi in formazioni di volo più
adatte alle diverse situazioni”.
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