MEDICINA/ Il freddo limiterà i danni della fibrosi cistica? Di Daniele
Banfi, il sussidiario.net, lunedì 17 ottobre 2011
Una malattia che per decenni è
stata un mistero. Stiamo parlando della fibrosi cistica, una patologia genetica
causata da una mutazione nel gene CFTR. Negli ultimi anni sono stati molti i
tentativi fatti per cercare di ripristinare la corretta funzione del prodotto
di CFTR. Purtroppo con scarsi risultati. Ma ora una speranza sembra arrivare
dall’Italia e in particolare dall’Istituto Gaslini di Genova con l’aiuto di
Telethon. In uno studio pubblicato sulla rivista American Journal of
Physiology, i ricercatori genovesi hanno dimostrato in laboratorio che a basse
temperature può essere ripristinata la funzione della proteina mutata.
Tecnicamente la fibrosi cistica è
una malattia caratterizzata da un’eccessiva densità delle secrezioni corporee.
Queste, quando si accumulano, vanno a danneggiare progressivamente organi
fondamentali come fegato, pancreas e polmoni. Il motivo di tutto ciò è
un’alterata funzione di una proteina canale implicata nello scambio degli ioni
cloro tra l’interno e l’esterno della cellula.
A oggi sono trascorsi più di
vent’anni dalla scoperta del gene responsabile di questa malattia. Al momento
si conoscono oltre 1500 diversi errori nel DNA che possono provocarla, con
meccanismi e gravità diversi. Quello più frequente, presente nei 50-70% dei
pazienti, si chiama deltaF508 e provoca un assemblaggio scorretto di CFTR, che
la rende velocemente eliminabile da parte della cellula.
Come dichiara il dottor Luis
Galietta, uno dei responsabili dello studio, «ci siamo concentrati su questa
particolare mutazione, cercando delle sostanze capaci di far “sfuggire” la
proteina alterata ai sistemi cellulari di degradazione e di preservarne così,
almeno in parte, la funzione. Basterebbe ripristinare anche soltanto il 10-20%
della sua attività per migliorare notevolmente la salute di queste persone, un
po’ come accade quando si cerca di trasformare la distrofia muscolare di
Duchenne nella forma meno grave di Becker».
Con quest’obiettivo Galietta e il
suo gruppo di ricerca hanno cominciato una vera e propria caccia a molecole
capaci di produrre questo effetto: con l’aiuto di sistemi automatizzati ne
hanno testate 10mila soltanto nel loro laboratorio e circa 250mila in
collaborazione con Alan S. Verkman dell’Università della California. Anche se
alcune si sono dimostrate interessanti, molte invece si sono rivelate meno
efficaci del previsto: per capire le ragioni dell’insuccesso è stato necessario
un ritorno alla ricerca di base, l’unica in grado di chiarire i meccanismi
molecolari alla base di un fenomeno biologico.
La scoperta pubblicata
sull’American Journal of Physiology offre in questo senso uno spunto
interessante: in laboratorio i ricercatori hanno visto che è sufficiente una
bassa temperatura, circa 27° centigradi, per ripristinare in modo significativo
l’attività di CFTR in cellule prelevate da pazienti con fibrosi cistica che
hanno la mutazione deltaF508. In effetti, l’effetto della bassa temperatura
sulla proteina mutata era già conosciuto e pubblicato in studi precedenti.
Tuttavia, Galietta e il suo team si sono resi conto che la bassa temperatura
lascia anche una sorta di “traccia genetica”, in quanto influenza in modo molto
preciso l’attività di particolari geni. Studiando meglio questo effetto i
ricercatori contano di poter affinare al meglio la caccia al farmaco.
Ma quella alla fibrosi cistica è
una lotta su più fronti: nel 2008, infatti, Galietta e il suo gruppo hanno
descritto su Science una proteina, chiamata TMEM16A, che può fare parzialmente
le veci di CFTR: studiandone la struttura e la regolazione i ricercatori si
propongono di sviluppare dei farmaci attivatori. «È importante battere tutte le
strade possibili. La malattia è così eterogenea, in termini di difetto genetico
e di decorso clinico, che è impensabile pensare a un unico approccio
terapeutico valido per tutti: meglio avere più carte da giocare» conclude
Galietta.
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