lunedì 3 ottobre 2011


"QUI SI GUARISCE CON LA FELICITÀ" di Giubilei Franco Stampa di lunedì 3 ottobre 2011

Non fosse che ogni anno vengono a curarsi quassù centinaia di ragazzini colpiti da malattie molto gravi, l'aria che si respira al Dynamo Camp sembrerebbe quella spensierata di un centro vacanze americano. Colli boscosi e verdissimi, mezzi elettrici silenziosi, pareti attrezzate per l'arrampicata, piscina, teatro, una grande sala mensa e persino una Web radio: un clima di festa continua. A Limestre dal 2007 c'è la prima filiale dell'organizzazio-ne fondata da Paul Newman: un complesso modernissimo ricavato in un vecchio stabilimento del gruppo Kme, dove si pratica la terapia ricreativa a bambini e adolescenti affetti da tumori e disturbi neurologici.
Soprattutto quando si parla di ragazzi, malattia significa reparti d'ospedale asettici, camerette di casa attrezzate come cliniche, separazione dal mondo dei sani. Qui il concetto è del tutto capovolto: sono i sani che, una volta a contatto col pianeta Dynamo, fanno a gara per tornare e condividere le loro esperienze di fuori coi piccoli in cura. L'ambiente è così idilliaco che anche un'espressione come «fabbrica della felicità», usata nella presentazione del Camp, risulta lontana dalla retorica. Da questi incontri sbocciano cose magnifiche come la Art Gallery, frutto del lavoro comune fra artisti quotati e bambini, le cui opere fanno bellissima mostra di sé in una sede che nulla ha da invidiare a una galleria vera e propria. Pittori italiani mettono a disposizione gratis tempo e talento (negli Usa si fanno In un'oasi naturale Il Dynamo Camp di Limestre, in provincia di Pistoia, è un campo di terapia ricreativa, destinato a bambini affetti da patologie gravi e croniche. È l'unica struttura italiana che fa parte di «Hole in the Wall», un progetto creato nel 1988 dall'attore statunitense Paul Newman (scomparso nel 2008) e che comprende altri dieci centri analoghi nel mondo. L'idea di base è molto americana, con iniziativa e fondi privati e conduzione manageriale. Lo scopo del Camp è permettere ai piccoli pazienti (dai 7 ai 17 anni) di ritrovare fiducia e allegria e poter affrontare al meglio le terapie o la convalescenza, ma nel programma sono previste anche attività che coinvolgono genitori e fratelli dei ragazzi. Il tutto con un occhio di riguardo per l'ambiente: Dynamo Camp si trova infatti all'interno di un'oasi affiliata al Wwf, un'area naturale di 900 ettari gestita secondo criteri di sostenibilità. pagare, ndr) per realizzare rappresentazioni grafiche, immagini, installazioni e sculture che vengono poi rivendute a cifre di mercato, per finanziare ulteriormente il progetto. Ispirandosi al cinema, Andrea Mastrovito ha creato grandi pannelli con le sagome dei protagonisti disegnate col nastro, mentre Chris Gilmour ha usato il cartone riciclato per farne una bicicletta, una batteria e una cinepresa e Remo Salvadori ha lavorato coi bambini sul cerchio, in maniera più astratta. Ogni artista coinvolto ha contagiato col proprio stile l'opera dei suoi giovanissimi allievi. Partito quattro anni fa con la benedizione dello stesso Newman, che venne di persona a tenere a battesimo la struttura, Dynamo Camp è cresciuto rapidamente, dai 60 bimbi degli inizi a 218, poi 500, fino agli oltre 800 di quest'anno. Piccoli pazienti provenienti da Italia e Germania e dai Paesi del bacino mediterraneo. Proprio oggi ne arriveranno 80 da Giordania, Iraq ed Emirati Arabi: per i loro accompagnatori sarà l'occasione di imparare il metodo e poterlo praticare a loro volta quando saranno tornati in patria. Vincenzo Manes, ispiratore e fondatore del Dynamo Camp di Lime-stre, può ben dirsi soddisfatto dell'andamento di una realtà che pare destinata a crescere ancora. Il valore economico attuale della struttura è di 15 milioni di euro. E il Camp continua ad ospitare eventi di rilievo, come il convegno dell'Unesco sui diritti umani internazionali, che ha riunito i rappresentanti di 80 Paesi. Cresce il prestigio del Dynamo, insieme ai suoi piccoli ospiti, spinti qui in numero sempre maggiore dal passaparola sulla fabbrica della felicità. Le storie Tafil, 16 anni «Aspetto un trapianto ma voglio tornare a fare il volontario» Tafil ha 16 anni e viene dall'Albania. I suoi genitori sono arrivati in Italia per trovare una cura efficace per il tumore di cui soffre e si sono imbattuti nel Dynamo Camp. Oggi il loro ragazzo può parlare della sua malattia con la saggezza di un adulto: *Non cambierei la mia vita perché questa è la realtà e va presa per quella che è. Vorrei venire al camp a fare il volontario, per aiutare i bambini a capire che bisogna superare la paura e diventare più forti, più grandi, più buoni». Tafil ha già affrontato due trapianti di midollo e probabilmente dovrà sottoporsi a un terzo intervento. Intanto sorride mentre spiega che «la vita è una cosa molto preziosa, non bisogna lasciarsi andare». E l'unico della sua famiglia a conoscere l'italiano: tocca sempre a lui parlare coi medici del suo male e fare poi da tramite coni genitori. Che spesso occorre tranquillizzare, cercando di addolcire la crudezza di certe informazioni. [F.GIu.] *** Carolina, 20 anni I ragazzi Down «Ora che sto bene «Per i nostri piccoli sono pronta a restituire amici noi siamo come tutti i sorrisi ricevuti» fratelli maggiori» 9 Carolina, 20 anni, di Ivrea, in quarta elementare cominciò a sentirsi molto stanca, svogliata, con un po' di febbre addosso. «Una sera arrivò una telefonata e mi ricoverarono a Torino. Non era influenza, ma leucemia. Mi sono resa conto col tempo che dovevo farcela io. Non ho mai avuto paura di morire, ma altri ne hanno avuta per me». In ospedale stringe un rapporto speciale con un medico, che diventa un amico: con lui si confida. Oggi è completamente guarita ed è tornata al camp come volontaria, dopo esserci venuta da paziente: «Ho visto questi bambini con occhi diversi, ho voluto aiutarli anche in segno di ringraziamento per quello che avevo ricevuto io. Vorrei fare il medico e portare più sorrisi possibili». E uno dei segreti del Dynamo Camp: chi è stato assistito sente poi il bisogno di tornare e restituire in qualche modo quanto gli è stato dato. Una catena di Sant'Antonio al contrario, che invece della sfortuna trasmette tutt'altro. [F.GIU.J 9 Dall'incontro fra due forme di disabilità può nascere aiuto, assistenza, cura efficace. Lo dimostra il gruppo dell'associazione livornese II Mulino: sono ragazzi affetti da sindrome di Down, che vengono al Camp a fare i volontari e seguono i bambini con patologie neurologiche. «Sono questi bimbi - racconta uno di loro - la ragione per cui sono a Limestre. Provo a dargli una mano, li porto in giro con la sedia a rotelle e cerco soprattutto di farli ridere: ho scoperto che ne hanno bisogno, ma anche tanta voglia». «Siamo praticamente diventati dei fratelli maggiori - dice un altro ragazzo Down, giovanissimo anche lui - e stiamo dietro ai più piccoli. Sono come la linfa degli alberi, sono come oro, bisogna trattarli bene. Loro sono come noi e noi siamo come loro, è anche per questo che si affezionano a noi come a dei fratelli». Non è difficile credergli: il filmato che hanno realizzato al camp si può vedere su Internet e racconta di questi ragazzi ridenti e del loro grande cuore per i fratelli malati.

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