Avvenire.it, 26 novembre 2011, Embrioni umani e ricerca - Europa
fermati, di Assuntina Morresi
A quanto pare nelle bozze
dell’Ottavo Programma Quadro che sarà discusso in Commissione Europea la
prossima settimana, fra i progetti di ricerca finanziabili ci saranno anche
quelli sulle cellule staminali embrionali.
Se così fosse, sarebbe confermata
la linea politica seguita per l’attuale programma quadro, il settimo, per il
quale fu purtroppo decisiva la posizione dell’Italia allora governata
dall’Unione di centrosinistra: il ministro Mussi ritirò l’adesione del nostro
Paese alla cosiddetta 'minoranza di blocco' che fino ad allora aveva impedito
il finanziamento alla ricerca che distrugge embrioni.
Ci furono polemiche furibonde in
sede parlamentare europea ma soprattutto in Italia, ad appena un anno dal
fallimento del referendum sulla legge 40, con il quale si era tentato invano
di abolire i divieti sulla distruzione degli embrioni. Ma il governo Prodi non
tornò sulle decisioni del suo ministro diessino, con il risultato che in
questi anni, anche con il contributo italiano ai fondi europei, sono stati
finanziati progetti di ricerca su staminali embrionali. Sono almeno due i
fatti che dovrebbero suggerire un cambio di rotta per gli orientamenti del
prossimo programma quadro: innanzitutto le nuove scoperte sulla
riprogrammazione cellulare, che hanno aperto nuove strade alla medicina
rigenerativa facendo invecchiare la ricerca – fallimentare – sulle embrionali.
È di pochi giorni fa la notizia della interruzione di una delle
sperimentazioni cliniche esistenti – solo tre in tutto il mondo, ora ridotte a
due – sulle cellule staminali embrionali, per il costo troppo elevato rispetto
all’effettiva possibilità di raggiungere gli obiettivi sperati.
Il secondo fatto nuovo: la
recente sentenza con cui la Corte di Giustizia Europea ha negato la brevettabilità
– e quindi i profitti – per procedure che comportino la distruzione di
embrioni umani. Una sentenza in linea con la nostra legge 40, quando vieta
qualsiasi intervento sull’embrione che non abbia finalità di tutela della sua
salute e del suo sviluppo. La Corte di Giustizia europea ha pure utilizzato un
concetto ampio di embrione, includendo nella tutela anche quelli formati per
trasferimento nucleare – la tecnica con cui è nata la pecora Dolly – e persino
la partenogenesi da ovocita non fecondato, cioè quando il gamete femminile si
sviluppa analogamente a un embrione, pur senza fecondazione.
Niente brevetti, e quindi niente
profitti, neppure da eventuali – pur improbabili – procedure che coinvolgano
embrioni clonati o da partenogenesi: è un forte segnale negativo nei confronti
di tutta la ricerca sugli embrioni umani, comprese le sperimentazioni più
estreme, quelle con cui si vorrebbero cercare di 'produrre' forme 'nuove' di
esseri umani.
Sarebbe logico aspettarsi un
cambio di rotta, quindi, nelle politiche europee: perché continuare a investire
denaro in ricerche improduttive dal punto di vista scientifico ed economico, e
tragicamente discutibili sul piano etico, nel mezzo di una crisi gravissima in
cui il nostro continente rischia di affondare?
Solo una motivazione ideologica
può giustificare un orientamento tanto irragionevole: l’ideologia di chi non
si arrende all’evidenza dei fatti; l’ideologia di chi pretende di poter
disporre arbitrariamente della vita umana, pur nei suoi primissimi istanti,
quando ancora le fattezze dell’umano non sono svelate; l’ideologia di chi,
magari negando Dio, si ostina comunque a mettersi in gara con Lui.
Se le notizie fossero confermate
e anche l’ottavo programma quadro consentisse finanziamenti alla ricerca sulle
staminali embrionali, i nostri parlamentari potrebbero e dovrebbero farsi
sentire; sarebbe questa l’occasione utile per riprendere una vecchia proposta
avanzata da Eugenia Roccella proprio da queste colonne, e cioè una moratoria
sulla ricerca che distrugge gli embrioni.
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