Educare all’amore, così si sconfigge l’Aids di Lorenzo Schoepflin, Nell’esortazione
apostolica consegnata alla Chiesa africana Benedetto XVI invita a «umanizzare la
sessualità». Una prospettiva confermata dalla ricerca scientifica, Avvenire, 24
novembre 2011
Il recente viaggio in Benin compiuto da
Benedetto XVI è stata l’occasione per soffermarsi ancora una volta sulla
questione della diffusione dell’Aids, una piaga che affligge buona parte del
continente africano. Già durante la visita in Camerun ed Angola, nel 2009, il
Papa aveva affrontato l’argomento, pronunciando parole che sollevarono numerose
proteste: il Pontefice affermò che la lotta alla diffusione dell’Aids non
poteva essere condotta con la distribuzione di preservativi, che «al contrario,
aumentano il problema». Ma Benedetto XVI, oggi come allora, va oltre e propone
un netto cambio di prospettiva in chiave educativa. Due anni fa il Papa indicò
nell’«umanizzazione della sessualità» e nella «vera amicizia» con i malati gli
ingredienti per un approccio efficace per la prevenzione dell’Aids. Adesso,
nell’esortazione apostolica Africae Munus consegnata ai vescovi africani
proprio in Benin, si dice espressamente che «la prevenzione dell’Aids deve
poggiarsi su un’educazione sessuale fondata essa stessa su un’antropologia
ancorata al diritto naturale e illuminata dalla Parola di Dio e
dall’insegnamento della Chiesa». Un filo conduttore che fa perno sull’impegno
concreto per i sofferenti. «Ogni malato, ogni povero merita il nostro rispetto
e il nostro amore», ha detto il Papa durante l’omelia pronunciata a Cotonou, la
principale città del Benin. Una vicinanza spirituale, e non solo, ribadita
anche nella stessa Africae Munus, dove si ricorda che la Chiesa, da tempo,
sostiene «la causa di un trattamento medico di alta qualità e a minore costo
per tutte le persone coinvolte». avvero questo modo di affrontare il problema
da parte della Chiesa cattolica è poco realistico e scarsamente efficace? «Sono
almeno due le pubblicazioni scientifiche di rilievo che nel 2011 confermano la
necessità del cambiamento di approccio proposto da Benedetto XVI», ci ricorda
Matt Hanley, autore del libro «Affirming love, avoiding Aids; What Africa can
teach the West» (Affermare l’amore, evitare l’Aids: cosa l’Africa può insegnare
all’Occidente). La prima risale a febbraio ed è apparsa sulla rivista Plos
Medicine: «In questo studio si mostrava come tra il 1997 e il 2007 la
diffusione dell’Aids si fosse praticamente dimezzata in Zimbabwe grazie ad un
cambiamento nei comportamenti sessuali nella direzione della fedeltà e
dell’astinenza». Hanley si sofferma poi sulla pubblicazione dell’ottobre scorso
su Lancet, che evidenziava una probabilità doppia di contagio per le donne che usano
il Depo-Provera, il contraccettivo ormonale da iniettare periodicamente più
diffuso in Africa: «Non si può fare a meno di notare che i programmi di pianificazione
familiare promossi da finanziatori occidentali rischiano dunque di peggiorare
la situazione». onostante questo, da sempre l’Organizzazione mondiale della sanità
punta sui programmi di riduzione del rischio basati sull’uso del preservativo:
«L’Oms ha in calendario un meeting per gennaio dove si discuterà della
strategia di prevenzione da implementare fino al 2015. C’è da chiedersi come
reagirà alle evidenze scientifiche che la contraccezione aumenta il rischio di
contrarre l’Aids». Nella bozza di documento programmatico, la parola «condom» appare
dieci volte, mentre non si parla mai esplicitamente di fedeltà e astinenza, ma
solo genericamente di informazione sui comportamenti sessuali a rischio. «Gli
organismi internazionali – ribadisce Hanley – in tutti i loro programmi non
sposano mai l’impostazione proposta dalla Chiesa cattolica». n’impostazione che
Hanley definisce ragionevole. «In molte culture tradizionali africane, la
verginità, la fedeltà, la famiglia sono valori tenuti in grande considerazione.
Il fatto che tali valori aiutino a vivere una vita pienamente umana fa dunque
parte di quel bagaglio culturale e razionale riconoscibile da tutti». Hanley,
che ha viaggiato molto in Africa, racconta di realtà oggi attive e di successo,
come quella da lui recentemente visitata in Sud Africa, nei pressi di
Johannesburg, guidata dai Salesiani: «I giovani africani cercano un’alternativa
e respingono l’idea che programmi basati sull’educazione e su un approccio umano
e non tecnico siano inapplicabili». La Chiesa non si risparmia anche da un
punto di vista concreto, producendo ogni sforzo per rendere disponibili le cure
necessarie. Ma, conclude Hanley, ricordiamoci che gli africani, assieme a
questo, «vogliono sentirsi raccontare la verità»
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