Aborto, ci vuole una battaglia culturale di Riccardo Cascioli, 28-11-2011,
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La contrarietà della Chiesa
all’aborto – così come al divorzio e alla fecondazione assistita – è un
problema confessionale che non può essere imposto a chi credente non è. Così
argomenta Corrado Augias, rispondendo a un lettore nella sua solita rubrica su “La
Repubblica”, il 25 novembre. Al proposito Augias parla di “leggi che riposano
su un dogma di fede e quindi escludono o confliggono con la coscienza di chi a
quella fede non appartiene”.
Dunque la contrarietà all’aborto
si baserebbe su un dogma di fede, sarebbe una convinzione ideologica specifica
dei cattolici che poi vorrebbero imporla a tutti per legge. Si potrebbe
facilmente far notare ad Augias che in prima fila nel denunciare l’orrore di un
crimine come l’aborto ci sono fior di laici, come nel caso di Giuliano Ferrara,
che ne fanno una battaglia di civiltà. Perché?
La risposta è nelle parole di
Isabella, la cui testimonianza di 19enne alla prese con una gravidanza non
voluta riportiamo in Primo Piano: “Eppure l’idea di abortire mi spaventava molto
molto di più, il pensare dei gelidi strumenti infilarsi dentro di me e fare a
pezzi un corpicino, no, non avrei potuto reggerlo. Avevo visto su internet
alcune foto terrificanti di feti abortiti nelle primissime settimane… piccole
miniature di una persona fatta a pezzi, non potevo. Dentro di me c’era una vita
concepita per sbaglio, certamente non voluta, ma non avrei risolto il problema
in quel modo, non avrei rimediato all’errore con un altro più grande e
irreparabile”.
Il problema allora non sono i dogmi
di fede, ma la realtà. La semplice realtà. L’aborto è l’eliminazione di un
essere umano – il più debole e vulnerabile degli esseri umani - con procedure agghiaccianti: viene
semplicemente fatto a pezzi un bambino. E ce lo dice non il catechismo della Chiesa,
ma l’esperienza drammatica di una donna alle prese con una gravidanza
indesiderata. Un fatto che dovrebbe ripugnare a qualsiasi laico degno di questo
nome, che dovrebbe costringere a interrogarsi su che società può essere quella
in cui l’eliminazione dell’essere umano più debole è garantita dalla legge e
favorita dalla cultura. Invece Augias – e tanti come lui – è abile nel coprire
la realtà, nascondendola dietro grossi paroloni e concetti banalmente astratti.
Del resto il problema non
riguarda solo i laici. Da una recente inchiesta del sociologo Franco Garelli
(Religione all’italiana. L’anima del paese messa a nudo - il Mulino, Bologna
2011) emerge che oltre il 70% dei cattolici in Italia è favorevole all’aborto,
almeno in certi casi; cosa che dovrebbe tra l’altro anche farci chiedere cosa
ha fatto la Chiesa in questi anni per arrivare a questo disastro educativo.
Fatto sta che la realtà è oggi estranea anche a gran parte di coloro che si
definiscono cattolici, una vera tragedia che mina alle radici la possibilità
stessa di credere: “La realtà invece è Cristo”, diceva San Paolo.
E’ per questo che diventa urgente
lanciare una battaglia culturale contro l’aborto: per risvegliare a una realtà
che vede ogni anno 50 milioni di feti fatti a pezzi, una vera e propria
emergenza umanitaria che non ha eguali, una violenza inaudita e continuata che
erode le fondamenta della nostra società occidentale.
Noi de La Bussola Quotidiana
lanceremo la nostra battaglia sabato 3 dicembre a Milano (Circolo della Stampa,
corso Venezia 48, ore 16) in occasione della celebrazione del primo anno di
vita del quotidiano online, unendoci ad altri che su questo tema si sono già
dimostrati particolarmente sensibili: il già citato Giuliano Ferrara, il
direttore di Tempi Luigi Amicone, per non parlare della fondatrice e presidente
del Centro di Aiuto alla Vita della clinica Mangiagalli a Milano, Paola Bonzi.
Ovviamente, ad unirvi siete invitati tutti.
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