Il suicidio assistito di Lucio Magri - l'addio ai compagni: "Ho
deciso di morire" - Il fondatore del Manifesto morto in Svizzera ha deciso
tutto con lucidità; dalla fine alla sepoltura vicino alla sua Mara. Gli amici
hanno tentato di dissuaderlo ma lui era depresso per la morte della moglie di
SIMONETTA FIORI, http://www.repubblica.it
E ALLA FINE la telefonata è
arrivata. Sì, tutto finito. Ora si rientra in Italia. Alle pompe funebri aveva
provveduto lo stesso Lucio Magri, poco prima di partire per la Svizzera. Era il
suo ultimo viaggio, così voleva che fosse. Non ce la faceva a morire da solo,
così il suo amico medico l'avrebbe aiutato. Là il suicidio assistito è una
pratica lecita, anche se poi bisogna vedere nei dettagli, se ci sono proprio le
condizioni. Ma ora che importa? Che volete sapere? Non fate troppi
pettegolezzi, l'aveva già detto qualcun altro ma in questi casi non conta
l'originalità.
S'era raccomandato con i suoi
amici più cari, quelli d'una vita, i compagni del Manifesto. Non voglio
funerali, per carità, tutte quelle inutili commemorazioni. Necrologi manco a
parlarne. Luciana si occuperà della gestione editoriale dei miei scritti. Per
gli amici e compagni lascio una lettera, ma dovete leggerla quando sarà tutto
finito. Sì, ora è finito. La notizia può essere resa pubblica. Lucio Magri,
fondatore del Manifesto, protagonista della sinistra eretica 2, è morto in
Svizzera all'età di 79 anni. Morto per sua volontà, perché vivere gli era
diventato intollerabile.
A casa di Lucio Magri, in attesa della
telefonata decisiva. È tutto in ordine, in piazza del Grillo, nel cuore della
Roma papalina e misteriosa, a due passi dalla magione dove morì Guttuso,
pittore amatissimo ma anche avversario sentimentale. Niente sembra fuori posto,
il parquet chiaro, i divani bianchi, i libri sulla scrivania Impero, la
collezione del Manifesto vicina a quella dei fascicoli di cucina, si sa che
Lucio è un cuoco raffinato. Intorno al tavolo di legno chiaro siede la sua
famiglia allargata, Famiano Crucianelli e Filippo Maone, amici sin dai tempi
del Manifesto, Luciana Castellina, compagna di sentimenti e di politica per un
quarto di secolo. No, Valentino non c'è, Valentino Parlato lo stiamo cercando,
ma presto ci raggiungerà. In cucina Lalla, la cameriera sudamericana, prepara
il Martini con cura, il bicchiere giusto, quello a cono, con la scorza di
limone. Cosa stiamo aspettando? Che qualcuno telefoni, e ci dica che Lucio non
c'è più.
Da questa casa Magri s'è mosso
venerdì sera diretto in Svizzera, dal suo amico medico. Non è la prima volta,
l'aveva già fatto una volta, forse due. Però era sempre tornato, non convinto
fino in fondo. Ora però è diverso. Domenica mattina rassicura gli amici:
"Ma no, non preoccupatevi, torno domani". La sera il tono cambia, si
fa più affannato, indecifrabile, chissà. Il lunedì mattina appare sereno,
lucido, determinato. Ha scelto, e dunque il più è fatto. Bisogna solo decidere,
e poi basta chiudere gli occhi. L'ultima telefonata nel pomeriggio, verso le
sedici. Poi il silenzio.
Una depressione vera, incurabile.
Un lento scivolare nel buio provocato da un intreccio di ragioni, pubbliche e
private. Sul fallimento politico - conclamato, evidentissimo - s'era innestato
il dolore privato per la perdita di una moglie molto amata, Mara, che era il
suo filtro con il mondo. "Lucio non sapeva usare il bancomat né il
cellulare", racconta una giovane amica. Mara che oggi sorride dalle tante
fotografie sugli scaffali, vestita color ciclamino nel giorno delle nozze. Un
vuoto che Magri riempie in questi anni con le ricerche per il suo ultimo libro,
una possibile storia del Pci che certo non a caso titola Il sarto di Ulm, il
sarto di Brecht che si sfracella a terra perché non sa volare. Ucciso da
un'ambizione troppo grande, così almeno appare ai suoi contemporanei. Anche
Magri voleva volare, voleva cambiare il mondo, e il mondo degli ultimi anni gli
appariva un'insopportabile smentita della sua utopia, il segno intollerabile di
un fallimento, la constatazione amarissima della separazione tra sé e la
realtà. Così le ali ha deciso di tagliarsele da sé, ma evitando agli amici lo
spettacolo del sangue sul selciato.
Aspettando l'ultima telefonata, a
casa Magri. Lalla, la cameriera peruviana, va a fare la spesa per il pranzo, vi
fermate vero a colazione? E' affettuosa, Lalla, ha ricevuto tutte le ultime
disposizioni dal padrone di casa. No, non ha bisogno di soldi per il pranzo, ci
sono ancora quelli vecchi che lui le ha lasciato. È stata lei ad assistere Mara
nei tre anni di agonia per il brutto tumore, e poi ha visto spegnersi lui,
sempre più malinconico, quasi blindato in casa. Ogni tanto qualche amico,
compagno della prima ora. Ma dai, reagisci, che fai, ti lasci andare proprio
ora? Ora che esce l'edizione inglese del tuo libro? E poi quella argentina, e
quella spagnola? Dai, ripensaci, c'è ancora da fare. Ma lui non era convinto.
Non poteva fare più nulla. Lucido e razionale, fino alla fine. E poi s'era spenta
la sua stella, così scrive anche nell'ultima lettera ai compagni.
Sembra tutto surreale, qui in
piazza del Grillo, tra squilli di telefono e porte che si aprono. Arriva
Valentino, invecchiato improvvisamente di dieci anni. Lo accolgono con calore.
No, non sappiamo ancora niente. Aspettiamo. Ricordi privati e ricordi pubblici,
lui grande giocatore di scacchi, lui grande sciatore, lui politico generoso che
preparava i documenti e nascondeva la sua firma. Ma attenzione a come ne
scrivete, non era un vanesio, non era un mondano. Dalle fotografie sui ripiani
occhieggia lui, bellissimo e ancora giovane, un'espressione tra il malinconico
e il maledetto. Dietro la foto più seducente, una dedica asciutta. "A
Emma, il suo nonno". Neppure Emma, la bambina di sua figlia Jessica, è
riuscito a fermarlo.
Poi la telefonata, quella che
nessuno avrebbe voluto mai ricevere. Ora davvero è finita. Le pompe funebri
andranno a prelevarlo in Svizzera, tutto era stato deciso nel dettaglio.
L'ultimo viaggio, questo sì davvero l'ultimo, è verso Recanati, dove sarà
seppellito vicino alla sua Mara, nella tomba che lui con cura aveva predisposto
dopo la morte della moglie. Luciana Castellina s'appoggia allo stipite della
porta, tramortita: "Non avrei mai immaginato che finisse così". Il
tempo dell'attesa è concluso, comincia quello del dolore.
(29 novembre 2011)
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