AFFRONTARE IL DOLORE
E LA MALATTIA NELLO SPIRITO DEL VANGELO - Benedetto XVI ricorda l'esempio di
vita e l'insegnamento di papa Wojtyla
CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 27 novembre 2011 (ZENIT.org)
– La XXVI Conferenza Internazionale del Pontificio Consiglio per gli Operatori
Sanitari è culminata ieri mattina con l’Udienza dei partecipanti con papa
Benedetto XVI. Il tema della Conferenza è La pastorale sanitaria a servizio
della vita alla luce del Magistero del Beato Giovanni Paolo II.
All’Udienza erano presenti anche i Presuli incaricati per la
Pastorale della Salute in seno alle rispettive Conferenze episcopali. Il
discorso del Santo Padre è stato preceduto dall’indirizzo di omaggio di
monsignor Zygmut Zimowski.
Benedetto XVI ha ricordato il contributo indelebile che il
suo predecessore, il beato Giovanni Paolo II ha dato alla pastorale sanitaria,
in special modo attraverso la fondazione, nel 1985, del Pontificio Consiglio
degli Operatori Sanitari, l’istituzione, vent’anni fa, della Giornata Mondiale
del Malato e, più di recente, con la Fondazione “Il Buon Samaritano”.
Papa Wojtyla “ha proclamato che il servizio alla persona
malata nel corpo e nello spirito costituisce un costante impegno di attenzione
e di evangelizzazione per tutta la comunità ecclesiale, secondo il mandato di
Gesù ai Dodici di sanare gli infermi (cfr Lc 9,2)”, ha sottolineato il suo
successore.
In un passo, citato ieri da papa Raztinger, della lettera
apostolica Salvifici doloris, Giovanni Paolo II scriveva: “La sofferenza sembra
appartenere alla trascendenza dell’uomo: essa è uno di quei punti, nei quali
l’uomo viene in certo senso ‘destinato’ a superare se stesso, e viene a ciò
chiamato in modo misterioso” (n°2).
Con la sua incarnazione, Dio, ha spiegato Benedetto XVI,
“non ha eliminato la sofferenza” ma nel Cristo crocefisso ha rivelato che “il
suo amore scende anche nell’abisso più profondo dell’uomo per dargli speranza”.
Pertanto il servizio di accompagnamento che si presta a
favore dei “fratelli ammalati, soli, provati spesso da ferite non solo fisiche,
ma anche spirituali e morali” pone in “una posizione privilegiata per
testimoniare l’azione salvifica di Dio, il suo amore per l’uomo e per il mondo,
che abbraccia le situazioni più dolorose e terribili”, ha osservato il Papa.
“Il Volto del Salvatore morente sulla croce”, ha aggiunto,
ci insegna a “custodire e a promuovere la vita, in qualunque stadio e in
qualsiasi condizione si trovi, riconoscendo la dignità e il valore di ogni
singolo essere umano”.
Il dolore e la sofferenza “illuminata dalla morte e
resurrezione di Cristo” hanno avuto un riscontro vivente negli ultimi anni
della vita terrena di Giovanni Paolo II, la cui “fede ferma e sicura ha pervaso
la sua debolezza fisica, rendendo la sua malattia, vissuta per amore di Dio,
della Chiesa e del mondo, una concreta partecipazione al cammino di Cristo fin
sul Calvario”, ha detto Benedetto XVI.
In conclusione il Santo Padre ha augurato ai partecipanti
all’Udienza di poter “scoprire nell’albero glorioso della Croce di Cristo «il
compimento e la rivelazione piena di tutto il Vangelo della vita» (Evangelium
vitae, 50)”, sulla scia del “testamento vissuto dal beato Giovanni Paolo II
nella propria carne”.
UDIENZA DELLA XXVI CONFERENZA INTERNAZIONALE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO
PER GLI OPERATORI SANITARI
Il discorso di Benedetto XVI ai partecipanti all'Udienza
CITTA' DEL VATICANO, domenica, 26
novembre 2011 (ZENIT.org) - Alle ore 11.20 del giorno sabato 26 novembre, nella
Sala Clementina, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in udienza i
partecipanti alla XXVI Conferenza Internazionale del Pontificio Consiglio per
gli Operatori Sanitari, che ha svolto i suoi lavori in questi giorni in
Vaticano sul tema: "La pastorale sanitaria a servizio della vita alla luce
del Magistero del Beato Giovanni Paolo II".
Presenti all’Udienza anche i
Presuli incaricati per la Pastorale della Salute in seno alle rispettive
Conferenze Episcopali, che il 23 novembre scorso hanno tenuto a Roma il loro
primo incontro.
Dopo l’indirizzo di omaggio del
Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (per la
Pastorale della Salute), S.E. Mons. Zygmunt Zimowski, il Papa rivolge ai
presenti il discorso che pubblichiamo di seguito:
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Cari fratelli e sorelle!
è motivo di grande gioia
incontrarvi in occasione della XXVI Conferenza Internazionale, organizzata dal
Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari e che ha inteso riflettere sul
tema: La Pastorale sanitaria a servizio della vita alla luce del magistero del
Beato Giovanni Paolo II. Mi è gradito salutare i Vescovi incaricati per la
Pastorale della Salute, che per la prima volta si sono riuniti presso la Tomba
dell’Apostolo Pietro per verificare i modi di un’azione collegiale in
quest’ambito tanto delicato e importante della missione della Chiesa. Esprimo
riconoscenza al Dicastero per il suo prezioso servizio, iniziando dal
Presidente, Mons. Zygmunt Zimowski, che ringrazio per le cordiali parole che mi
ha rivolto, con le quali ha illustrato anche i lavori e le iniziative di questi
giorni. Il mio saluto va anche al Segretario e al Sotto-Segretario, entrambi di
recente nomina, agli Officiali e al personale, come pure ai relatori e agli
esperti, ai responsabili degli Istituti di Cura, agli operatori sanitari, a
tutti i presenti e a quanti hanno collaborato per la realizzazione del
Convegno.
Sono certo che le vostre
riflessioni hanno contribuito ad approfondire il «Vangelo della Vita», preziosa
eredità del magistero del beato Giovanni Paolo II. Nel 1985, egli istituì
questo Pontificio Consiglio per darne concreta testimonianza nel vasto e
articolato ambito della Sanità; vent’anni or sono, stabilì la celebrazione
della Giornata Mondiale del Malato; e, da ultimo, costituì la Fondazione «Il
Buon Samaritano», come strumento di una nuova azione caritativa verso i malati
più poveri in diversi Paesi, Fondazione per la quale faccio appello ad un
rinnovato impegno per sostenerla.
Nei lunghi e intensi anni di
Pontificato il beato Giovanni Paolo II ha proclamato che il servizio alla
persona malata nel corpo e nello spirito costituisce un costante impegno di
attenzione e di evangelizzazione per tutta la comunità ecclesiale, secondo il
mandato di Gesù ai Dodici di sanare gli infermi (cfr Lc 9,2). In particolare,
nella Lettera apostolica Salvifici doloris, dell’11 febbraio 1984, il mio
venerato Predecessore afferma: «La sofferenza sembra appartenere alla
trascendenza dell’uomo: essa è uno di quei punti, nei quali l’uomo viene in
certo senso "destinato" a superare se stesso, e viene a ciò chiamato
in modo misterioso» (n. 2). Il mistero del dolore sembra offuscare il volto di
Dio, rendendolo quasi un estraneo o, addirittura, additandolo quale
responsabile del soffrire umano, ma gli occhi della fede sono capaci di
guardare in profondità questo mistero. Dio si è incarnato, si è fatto vicino
all’uomo, anche nelle sue situazioni più difficili; non ha eliminato la
sofferenza, ma nel Crocifisso risorto, nel Figlio di Dio che ha patito fino
alla morte e alla morte di croce, Egli rivela che il suo amore scende anche
nell’abisso più profondo dell’uomo per dargli speranza. Il Crocifisso è
risorto, la morte è stata illuminata dal mattino di Pasqua: «Dio ha tanto amato
il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada
perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). Nel Figlio «dato» per la salvezza
dell’umanità, la verità dell’amore viene, in un certo senso, provata mediante
la verità della sofferenza, e la Chiesa, nata dal mistero della Redenzione
nella Croce di Cristo, «è tenuta a cercare l’incontro con l’uomo in modo
particolare sulla via della sua sofferenza. In tale incontro l’uomo diventa la
via della Chiesa, ed è, questa, una delle vie più importanti» (Giovanni Paolo
II, Lett. ap. Salvifici doloris, 3).
Cari amici, il servizio di
accompagnamento, di vicinanza e di cura ai fratelli ammalati, soli, provati
spesso da ferite non solo fisiche, ma anche spirituali e morali, vi pone in una
posizione privilegiata per testimoniare l’azione salvifica di Dio, il suo amore
per l’uomo e per il mondo, che abbraccia anche le situazioni più dolorose e
terribili. Il Volto del Salvatore morente sulla croce, del Figlio
consostanziale al Padre che soffre come uomo per noi (cfr ibid., 17), ci
insegna a custodire e a promuovere la vita, in qualunque stadio e in qualsiasi
condizione si trovi, riconoscendo la dignità e il valore di ogni singolo essere
umano, creato a immagine e somiglianza di Dio (cfr Gen 1,26-27) e chiamato alla
vita eterna.
Questa visione del dolore e della
sofferenza illuminata dalla morte e risurrezione di Cristo ci è stata
testimoniata dal lento calvario, che ha segnato gli ultimi anni di vita del
beato Giovanni Paolo II e a cui si possono applicare le parole di san Paolo:
«do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a
favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1,24). La fede ferma e sicura ha
pervaso la sua debolezza fisica, rendendo la sua malattia, vissuta per amore di
Dio, della Chiesa e del mondo, una concreta partecipazione al cammino di Cristo
fin sul Calvario.
La sequela Christi non ha
risparmiato al beato Giovanni Paolo II di prendere la propria croce ogni giorno
fino alla fine, per essere come il suo unico Maestro e Signore, che dalla Croce
è diventato punto di attrazione e di salvezza per l’umanità (cfr Gv 12,32;
19,37) e ha manifestato la sua gloria (cfr Mc 15,39). Nell’Omelia durante la
Santa Messa di Beatificazione del mio venerato Predecessore ho ricordato come
«il Signore lo ha spogliato pian piano di tutto, ma egli è rimasto sempre una
"roccia", come Cristo lo ha voluto. La sua profonda umiltà, radicata
nell’intima unione con Cristo, gli ha permesso di continuare a guidare la
Chiesa e a dare al mondo un messaggio ancora più eloquente proprio nel tempo in
cui le forze fisiche gli venivano meno» (Omelia, 1° maggio 2011).
Cari amici, facendo tesoro del
testamento vissuto dal beato Giovanni Paolo II nella propria carne, auguro che
anche voi, nell’esercizio del ministero pastorale e nell’attività
professionale, possiate scoprire nell’albero glorioso della Croce di Cristo «il
compimento e la rivelazione piena di tutto il Vangelo della vita» (Lett. enc.
Evangelium vitae, 50). Nel servizio che prestate nei diversi ambiti della
pastorale della salute, possiate sperimentare che «solo il servizio al prossimo
apre i miei occhi su quello che Dio fa per me e su come Egli mi ama» (Lett.
Enc. Deus Caritas est, 18).
Affido ciascuno di voi, i malati,
le famiglie e tutti gli operatori sanitari alla materna protezione di Maria, e
volentieri imparto di cuore a voi tutti la Benedizione Apostolica.
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