NANOTECNOLOGIE/ Una sfida vincente? La parola ai nipoti - INT. Leo
Miglio - giovedì 24 novembre 2011, http://www.ilsussidiario.net
Le nanotecnologie sono
considerate una delle cinque tecnologie chiave per lo sviluppo e l’innovazione
europea dei prossimi dieci anni, come indicato dall’Agenda Europa 2020, e
avranno un ruolo determinante nelle grandi sfide tecnologiche economiche e sociali
del prossimo futuro: invecchiamento della popolazione, cambiamenti climatici,
ottimizzazione dell’uso delle risorse (energia, acqua, cibo), tecnologie
digitali e comunicazione globale, sviluppo di sistemi produttivi efficienti e
sostenibili.
È lo sfondo sul quale si sta
svolgendo Mestre (Venezia) il congresso NanotechItaly, che è incentrato su
questi temi: Nuovi materiali, Processi e Produzione, Salute e scienze della
vita – Nanomedicina, Trasporto intelligente, Safe living, ICT &
Nanoelettronica, Sviluppo Responsabile – nanotossicologia. A tal riguardo
abbiamo intervistato il professor Leo Miglio, docente di Fisica dello Stato
Solido e Nanotecnologie presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca.
Il congresso NanotechItaly si
propone come sfida quella di usare le nanotecnologie per un’innovazione
responsabile e sostenibile: di che cosa si tratta?
Il concetto di “sostenibilità” è
da riferirsi principalmente alle sorgenti di energia: un’innovazione è
sostenibile se non consuma più energia di quanta ne produce e se non richiede
un uso massiccio di sostanze rare. Si prendano ad esempio le celle solari: se
l’energia che spendiamo per produrre nuove celle fosse maggiore di quella che
loro stesse producono durante il loro ciclo di vita, questa non sarebbe
un’innovazione sostenibile. D’altra parte, se ci fossero celle interamente
realizzate in gallio, che è un elemento molto raro, in poco tempo finirebbe il
gallio e con esso la nuova tecnologia; anche il petrolio non è una tecnologia
rinnovabile!
La responsabilità, invece, è una
questione più filosofica: tutto si gioca nell’equilibrio tra il guadagno e il
rischio dell’innovazione. Questo dipende in gran parte dal genere di prodotto
di cui si parla: se un tessuto nanotecnologico, trattato ad esempio per essere
reso anti-macchia, risulta essere inquinante occorre paragonare l’inquinamento
dovuto al trattamento anti-macchia con il detersivo risparmiato. Se però si
tratta di migliorare mediante le nanotecnologie la risoluzione di una lastra a
raggi X, allora ci si permette di rischiare di più, nell’intento di fornire al
paziente una diagnosi corretta salvaguardando la sua salute.
In sintesi direi che
un’innovazione si può definire responsabile e sostenibile se a distanza di due
generazioni i nostri figli e i nostri nipoti ci ringrazieranno per averla
adottata.
Le nanotecnologie sono un
soggetto adeguato a una simile sfida?
Possono esserlo. Rispetto però a
tecnologie più consolidate, da un lato presentano più opportunità, dall’altro è
più difficile individuarne i rischi. Ad esempio per quanto riguarda i polmoni,
conosciamo l’impatto delle sostanze chimiche, ma non quello dei nanotubi di
carbonio. Le nanotecnologie sono un soggetto adeguato senza precedenti per
l’innovazione, ma la novità che è la loro forza, è anche la loro debolezza.
In quali ambiti le nanotecnologie
possono rivelarsi una soluzione vincente?
Innanzitutto possiamo osservare
in quali ambiti hanno già dimostrato di essere una soluzione vincente: al primo
posto vanno indubbiamente la microelettronica e l’optoelettronica, mondi in cui
i componenti fondamentali dei dispositivi hanno raggiunto da tempo le
dimensioni nanometriche.
Da diversi anni le nanoparticelle
vengono utilizzate nei prodotti cosmetici, come le creme idratanti. A livelli
meno avanzati, invece, è l’industria farmaceutica. Catalizzatori industriali
nanotecnologici sono recentemente entrati sul mercato con gli elettrodi delle
batterie al litio, la cui superficie viene aumentata grazie a un ricoprimento
di nanofili. Ultimamente ci sono applicazioni anche nella produzione di
imballaggi alimentari: per prevenire l’insorgere di ossidazioni si inseriscono
strati di nanoparticelle, detti film, di argilla nell’involucro che avvolge il
prodotto. Sono stati realizzati anche imballaggi impermeabili ai gas, mentre le
nanoparticelle di argento sono ormai ampiamente utilizzate per le loro
proprietà antimicrobiche.
Per il futuro speriamo che
arrivino presto gli incapsulanti per i pesticidi e i medicinali: si tratta di
gusci nanometrici forniti di recettori esterni che permettono di riconoscere le
caratteristiche dell’ambiente in cui si trovano e di aprirsi solo quando
abbiano raggiunto il luogo per cui sono stati programmati: le foglie delle
piante piuttosto che le cellule tumorali.
La realizzazione di oggetti
nanostrutturati prevede due principali approcci: “bottom-up”(costruzione di
nanostrutture a partire da mattoni più piccoli, atomi o molecole) e “top-down”
(lavorazione di materiali in cui vengono “scavate” strutture nanometriche):
quale ritiene possa rispondere meglio alla sfida?
Queste due tecniche presentano
grosse differenze, che si ripercuotono sul loro utilizzo. La micro e la
nanoelettronica vengono realizzate con tecniche di tipo top-down: questi
processi sono molto costosi ma se il valore aggiunto del prodotto finale è
alto, non sono sprecati. Per esempio, nel caso dei componenti microelettronici
che andranno a far funzionare un i-Pod il valore aggiunto del prodotto è
assicurato.
Facciamo un altro esempio
chiarificatore: si decide di sviluppare un nuovo sacchetto trasparente per il
pane che gli permetta di rilasciare l’umidità durante la giornata, senza essere
ermetico, cosa che renderebbe il pane molle, e senza nemmeno lasciar passare
troppa aria, altrimenti il pane si seccherebbe.
Invece di utilizzare carta o
plastica, si decide di realizzare un materiale nanostrutturato con pori che
lascino passare le molecole di vapore acqueo senza permettere che entrino
agenti biologici contaminanti, così il pane può durare due giorni anche a Bangkok!
In questo caso sarebbe inopportuno utilizzare tecniche top-down: essendo basso
il costo del prodotto, è preferibile una tecnica bottom-up, meno controllabile
ma molto meno costosa. La scelta, dunque, dipende dalla natura del prodotto: le
tecniche top-down permettono una maggior precisione ma hanno un costo elevato;
viceversa le tecniche bottom-up hanno minor controllo del dettaglio ma costi
più contenuti.
(a cura di Anna Giorgioni)
© Riproduzione riservata.
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