Avvenire.it, 22 novembre 2011, LA FEDE NEGATA - Il Pakistan vuole
vietare Gesù negli sms
In Pakistan scrivere il nome di
Gesù Cristo in un messaggino telefonico sarà vietato, almeno se passerà una
norma che andrebbe a colpire ancora una volta le minoranze, ma che preoccupa
tutti.
La decisione di bandire dagli sms
1.695 vocaboli in lingua inglese e in urdu che non solo abbiano anche un
lontano riferimento sessuale ma che si prestino, secondo le autorità, ad
alimentare controversie di tipo religioso, è stata annunciata dall’Autorità per
le telecomunicazioni pachistana e poi rinviata ieri in tarda serata («non era
una scelta definitiva», è stato spiegato). Ma ha suscitato grave allarme,
perché andrebbe ancora una volta a colpire soprattutto il diritto di
espressione religiosa della minoranza cristiana. Il provvedimento dell’Autorità
sanzionerebbe anche l’uso del nome «Gesù Cristo» nei messaggini, equiparandolo
di fatto a termini «volgari, menzogneri, osceni o in contrasto con il senso del
pudore» come «Satana», «idiota», «perdente», «seno», «lingua», «mestruazioni»;
oppure a espressioni come «vai all’inferno», «piede d’atleta», «niente sesso».
Il decreto, promulgato il 14
novembre, dava sette giorni lavorativi ai gestori per bloccare i messaggi
contenenti i termini proibiti. Le compagnie telefoniche hanno spiegato che, se
il provvedimento diventerà effettivo, sarebbero costrette per legge
all’obbedienza. Comunque ancora ieri non avevano introdotto alcun filtro ai
propri servizi e hanno manifestato perplessità davanti a una misura escogitata
in base a una legge censoria che risale al 1996.
Davanti a quello che è stato
subito interpretato come un ulteriore atto persecutorio, Chiese cristiane e
organizzazioni per i diritti civili hanno annunciato una campagna per ottenere
la cancellazione definitiva del provvedimento. «Comprendiamo il desiderio di
tutelare le menti dei giovani segnalando una lista di parole oscene. Ma perché
includere il nome di Cristo? Bandirlo è una violazione del nostro diritto di
evangelizzare e ferisce i sentimenti dei cristiani. Se il divieto venisse
confermato, sarebbe davvero una pagina nera per il Paese, un ulteriore atto di
discriminazione verso i cristiani e un’aperta violazione del Costituzione», ha
fatto sapere attraverso l’Agenzia <+corsivo>Fides<+tondo> padre
John Shakir Nadeem, Segretario della Commissione per le Comunicazioni sociali
della Conferenza episcopale pachistana. Padre Nadeem ha confermato che la
Chiesa cattolica si oppone fermamente e chiederà formalmente la rimozione del
nome di Cristo dalla lista proibita, un atto che quanto meno contrasta con la volontà
continuamente espressa dal governo pachistano di garantire uguaglianza e
sicurezza delle minoranze religiose e più in generale con i diritti e le
libertà dei cittadini.
Diritti rispettati invece con
l’inaugurazione qualche giorno fa, nell’enclave cristiana di Azam Basti a
Karachi, della chiesa di San Pietro, capace di ospitare 5.000 fedeli in
preghiera: il più capiente luogo di culto cattolico del Pakistan. Segnale
positivo, anche la liberazione di Agnes Bibi, cattolica 50enne della città di
Faisalabad, imprigionata il 19 febbraio scorso per blasfemia, accusa
successivamente trasformata in «istigazione all’odio interconfessionale», reato
che non contempla la condanna capitale. Giorni fa la scarcerazione su cauzione,
possibile grazie al sostegno di molti, cristiani e musulmani, alla causa della
donna ammalata. Una liberazione che padre Naveed Arif, sacerdote della chiesa
del Santo Rosario a Faisalabad, intervistato da AsiaNews ha definito «un
esempio di armonia interconfessionale».
Nessun commento:
Posta un commento